DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Antonio Riello per Dagospia
In Italia tra l'inizio del '500 e la fine del '600 ci sono state parecchie artiste attive a livello professionale. Le sorelle Sofonisba e Lucia Anguissola di nobile famiglia cremonese. Plautilla Nelli, suora e pittrice fiorentina. Fede Galizia attiva a Milano e a Trento e con un pubblico internazionale. La veneziana Marietta Robusti, figlia e assistente del Tintoretto (al secolo Jacopo Robusti).
Lavinia Fontana, bolognese, partori' anche 11 figli oltre a molti apprezzati dipinti. Elisabetta Sirani, anche lei di Bologna, morì a soli 27 anni ma già era riuscita a farsi conoscere per le sue ammiratissime incisioni. A Ravenna Barbara Longhi, figlia d'arte, produsse copiosamente per i collezionisti del suo tempo.
susanna and the elders (1610) artemisia gentileschi
A dispetto di quanto scrisse il Vasari, che considerava la pittura femminile appropriata solamente al ritratto dato la loro “lunga consuetudine con lo specchio”, queste donne seppero (con molto coraggio e discreto successo) farsi valere in una professione tradizionalmente e tipicamente maschile. Siamo solo nel campo della pittura perché allora si pensava che la scultura avrebbe richiesto fatiche muscolari non tollerabili per le forze del "gentil sesso".
judit decapitando a holofernes por artemisia gentileschi 1613
La campionessa indiscussa di questa riscossa di genere fu Artemisia Gentileschi (1593-1653, questa ultima data non è certissima, qualche storico pensa sia morta a Napoli durante l'epidemia di peste del 1656). Alla sua opera non è mancata la fortuna critica, a partire da Roberto Longhi che la elogia apertamente. Importanti retrospettive l'hanno celebrata: a Los Angeles (LA County Museum 1976), a Milano (Palazzo Reale, 2011) e a Roma (Museo di Roma/Palazzo Braschi, 2017).
Ma in verità l'interesse generale non è stato tanto concentrato sui suoi indiscutibili e notevolissimi esisti pittorici ma piuttosto sulle drammatiche vicende che segnarono la sua esistenza, storie che sembrano uscire dalla cronaca nera dei nostri giorni.
atti processo ai danni di artemisia gentileschi
Libri come quelli di Anna Banti, Susan Vreelandi e Alexandra Lapierre o film come "Artemisia - Passione Estrema" della regista francese Agnès Merlet (del 1997) hanno sottolineato proprio questo aspetto. I fatti sono noti: nel 1611 fu violentata da Agostino Tassi, un artista che collaborava alla bottega del padre Orazio Gentileschi (pittore romano di una certa fama, seguace della maniera caravaggesca).
artemisia gentileschi autoritratto martire
Ne seguì una denuncia ed un processo che portò alla condanna del manigoldo, non senza una seduta di tortura alla vittima, Artemisia appunto, per accertarsi della veridicità delle sue accuse! Il colpevole invece ebbe solo una pena virtuale: l'esilio da Roma (che in pratica nemmeno rispettò...). Tutto ciò l'ha fatta diventare una icona femminista e, a pieno diritto, una specie di "vendicatrice tout-court" delle vessazioni subite dalle donne.
La mostra appena inaugurata alla National Gallery di Londra, curata da Letizia Treves e Sarah Sassoon, la celebra giustamente anche (ma non solo) per questo.
E' il personaggio artistico ideale per coronare lo sforzo collettivo dei musei britannici in atto da qualche anno a questa parte. Lo scopo è quello di ricordare e far comprendere come l'Arte (almeno in Occidente) sia stata certamente dominata dal "testosterone" in termini di potere, ma non lo sia necessariamente stata quanto a creatività e talento. In mostra, direttamente dagli Archivi di Stato di Roma, ci sono dei rarissimi reperti mai esposti al pubblico prima: gli atti del processo di stupro del 1602 e anche lettere manoscritte.
ag autoritratto santa caterina
Va detto che l'artista aveva anticipato un certo nomadismo che sarà proprio del secolo successivo: Roma, Firenze, Roma, Venezia, Napoli, Londra, Napoli. Questi viaggi/soggiorni l'hanno fatta rapidamente evolvere dalle influenze (comunque significative) del Caravaggio: ha potuto conoscere da vicino altre concezioni pittoriche. Quindi la sua è diventata progressivamente una sicura cifra artistica personale.
Molto interessante è la possibilità di fare un paragone tra le 3 versioni che la Gentileschi fa dell'episodio della "Casta Susanna spiata dai due vecchi". In quella del 1610 appare, in chiaro scuro, un corpo femminile spaventato e tremante sovrastato da una montagna di carne umana (i vecchioni appunto).
Nel dipinto del 1622 la postura è quella della "Venere pudica" già irrobustita da un posa classica dove la luce supera le tipiche atmosfere del barocco romano. L'ultima (1652) è già una tela quasi "illuministica", nel senso che Susanna non solo rifiuta decisamente ogni avances ma inizia un concitato dialogo con gli anziani perversi: dalla paura alla ragione (e al diritto).
Il riscatto verso l'oppressione maschlista è particolarmente evidente nelle varie versioni di "Giuditta e Oloferne" ; ce ne sono ben 4 in mostra, anche se ne ha fatte più versioni. Di certo rimane comunque la sua opera più riconosciuta e studiata, addirittura un "meme" che è stato ripreso dalle artiste dei secoli successivi. Ben si sa che dalle Sacre Scritture ci si può tirare fuori tutto quello che si vuole/serve (basta cercare). E in effetti, perchè la Bibbia non potrebbe avere anche una sua vocazione proto-femminista?
La Storia viene reimmaginata dal punto di vista del co-protagonista (la donna) e non più del solito protagonista. O meglio: i ruoli si scambiano ed è il maschio che stavolta diventa il co-protagonista (o anche solamente, se serve, una semplice comparsa/vittima).
La nostra Artemisia non soddisfatta dalle tante decapitazioni di Oloferne si cimenta perfino sulla testa mozza di San Giovanni Battista (1615) quadro dove lei tifa per la capricciosa e crudele Salomè. E non trascura nemmeno la tosatura (castrazione simbolica) del povero Sansone, la vediamo ovviamente prendere le parti della perfida filistea Dalilah. Molto più radicale e determinata di qualsiasi "Guerrilla Girls" di oggi....
La sua opera si muove principalmente all'interno della compagine delle figure retoriche (sia bibliche che mitologiche) di cui era ricca l'Età Barocca. Tra le sue eroine ci sono la languida e regale Cleopatra (1633-35), la contrita Maria Maddalena (1616), la coraggiosa Esther e l'orgogliosa (e disperata) Lucrezia (1623-25).
Nel 1639 era stata per un po' a Londra per aiutare il vecchio padre a realizzare un grande affresco per la Queen's House di Greenwich (oggi conservato alla Marlborough House).
E poi tanti splendidi autoritratti. Il piccolo "Autoritratto come martire" (1615). Il colorato "Autoritratto come suonatrice di liuto" (1615-17). Uno degli autoritratti conosciuti come "alla maniera di Santa Caterina di Alessandria" (quello del 1615/17, acquistato dalla National Gallery nel 2018).
Forse il più sofisticato di tutti è l' "Autoritratto come allegoria delle pittura" (1638), già proprietà della Royal Collection. Qualcuno sostiene non essere esattamente il suo autoritratto. Poco importa. E' comunque una decisa professione di identità, ha un po' di ironia quasi surrealista, è una magistrale prova di tecnica e allo stesso tempo un dramma perfettamente controllato. Anche per chi già lo conoscesse vale assolutamente la pena di rivederlo da vicino.
Artemisia
NATIONAL GALLERY (Sainsbury Wing)
Trafalgar Square, Londra
WC2N 5DN
fino al 24 Gennaio 2021
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