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“NEL CALCIO ITALIANO CI VUOLE PIÙ CORAGGIO E MENO IPOCRISIA” – NEVIO SCALA PARLA DELLE DIFFICOLTÀ DEGLI AZZURRI E DEL MOVIMENTO CALCISTICO TRICOLORE: “MI CHIEDO: SE GIOCA SÌ E NO UN ITALIANO SU 11 E I GIOVANI VANNO SEMPRE IN PANCHINA, COME PUÒ UN CT CREARE UN GRUPPO VINCENTE?” – GLI ANNI SULLA PANCHINA DEL PARMA: "SCEGLIEVO GLI UOMINI, PRIMA DEI CALCIATORI. GLI SCHEMI CONTANO, CERTO, LE TATTICHE, LE SOLUZIONI: MA SE NELLO SPOGLIATOIO NON CREI EMPATIA, NON FAI GRUPPO, NON VAI LONTANO” – E LA “SECONDA VITA” DA PRODUTTORE DI VINI: “PER ME FELICITÀ È AFFONDARE LE MANI NELLA TERRA E TROVARCI UN LOMBRICO…”

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Estratto dell’articolo di Marco Cherubini per il "Corriere della Sera"

 

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«La felicità? Affondare le mani nella terra e trovarci un lombrico». Una frase semplice, quasi banale. La frase di un agricoltore che è diventato anche produttore di vini biologici.

[…] 78 anni splendidamente portati tra le vigne di Lozzo Atestino, ai piedi dei Colli Euganei in provincia di Padova. […] Nevio Scala ha vissuto tre vite. Da calciatore, da tecnico e ora da viticoltore. «Questa è sempre stata la mia passione — dice con orgoglio e umiltà —, il calcio ha rappresentato solo una bella parentesi».

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Tutto cominciò con una illustre visita a Lozzo.

«Venne Nils Liedholm di persona a casa dei miei genitori: ero un ragazzino, ma mi voleva a Milanello con la maglia rossonera. Mamma disse no, ma la convinsi. Se ho giocato a pallone lo devo al Barone. Mi ha insegnato tanto».

 

Un campionato, una Coppa delle Coppe e una dei Campioni. Gli anni del Milan e poi un giro d’Italia da Firenze a Foggia, da Monza a Vicenza. E proprio a Vicenza, quarant’anni fa, la seconda vita.

«Giancarlo Salvi mi volle alla guida delle giovanili del Vicenza. Poi Albertino Bigon mi fa fare il salto, proponendomi la Reggina. Due anni importanti, quindi Parma».

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Con Scala in panchina la piccola provinciale conquista la serie A e da allora, per sette anni, stupisce: una Coppa Italia, una Supercoppa europea, la Coppa Uefa e la Coppa delle Coppe.

«Anni bellissimi, indimenticabili. Il primo giorno a Parma dissi ai ragazzi: se accettiamo i nostri limiti possiamo arrivare ovunque, diventiamo una squadra. E così è stato. Tante vittorie e noi che non ci accorgevamo di come eravamo cresciuti, di quanto fossimo forti. Divertimento e lavoro. Sceglievo gli uomini, prima dei calciatori. Gli schemi contano, certo, le tattiche, le soluzioni: ma se nello spogliatoio non crei empatia, non fai gruppo, non vai lontano».

 

[…] I gol di Asprilla, il debutto di Buffon, le giocate di Zola, le coppe alzate tra lo stupore generale. Nella memoria di Scala, tuttavia, spicca un altro successo.

«Poco tempo fa Alessandro Melli — col quale ero spesso severo, perché non metteva sempre l’impegno a sostegno del suo enorme valore — mi ha detto: mister oggi ho capito, aveva ragione lei. Ecco, per me la vittoria più emozionante».

nevio scala e gianfranco zola

 

[…] Il calcio oggi per Scala è solo un ricordo.

«Vedo poche partite, non mi appassiono. Rischiamo di non andare per la terza volta al Mondiale. Ma mi chiedo: se gioca sì e no un italiano su 11 e i giovani vanno sempre in panchina, come può un cittì creare un gruppo vincente? Ci vuole più coraggio e meno ipocrisia se si vuole un futuro brillante. Al pallone preferisco lavorare la terra, produrre il vino, e poi vedere nella gente che viene a provare i miei prodotti la soddisfazione di gustare qualcosa di buono. Trovare un lombrico in una zolla è una felicità. Come quello scudetto che non sono riuscito a vincere coi miei ragazzi a Parma».

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