
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Stefano Mancini per “lastampa.it”
Troppi pianti? Ci vuole la psicologa. Il Brasile in crisi di gioco e di emozioni tenta di arginare il fiume di lacrime che ha contagiato i suoi giocatori, da Thiago Silva a Neymar fino al veterano Julio Cesar. Ad occuparsi del caso sarà Regina Brandao, fidata collaboratrice di Felipe Scolari dal 1990, che era stata arruolata già in maggio assieme alle colleghe Aline Magnani e Gisele Silva arruolata per tracciare i profili dei 23 calciatori.
giselle e neymar su vogue brasil
C’è nel gruppo uno «squilibrio emozionale», sostiene lo staff tecnico, dovuto soprattutto alla pressione che arriva dall’esterno. L’ansia di vincere convive con la paura di perdere, il tifo passionale fa crescere il timore di deludere un popolo intero. E la possibilità di portare a casa la sesta coppa del mondo fa riaffiorare il ricordo del campionato perso in casa nel ’50: una tragedia nazionale per cui viene scomodato senza particolare pudore il paragone con Hiroshima.
Ma tant’è: la tensione genera lacrime e blocca energie e creatività che servirebbero in campo venerdì contro la Colombia. I media parlano di allarme «choradeira», gli psicologi sono divisi. Il piagnisteo è umana reazione, segno di umanità e passione, oppure la manifestazione di una pericolosa fragilità? Di certo esiste un limite, e i giocatori della Seleçao lo stanno superando.
La dottoressa Brandao confesserà uno a uno i 23 convocati e poi lavorerà sul gruppo, cercherà di motivarlo e di canalizzare le energie. Era già stata convocata nel 2002, quando il Brasile vinse il suo quinto mondiale: se non fosse brava, di sicuro è fortunata. In passato ha lavorato anche con la nazionale portoghese, che parla la stessa lingua e viene considerata culturalmente simile a quella brasiliana.
«Falso», ha scoperto Regina Brandao: i giocatori della Seleçao sono molto più sensibili agli eventi negativi come per esempio un cartellino giallo. Quindi il compito di Scolari è quello di motivarli usando le parole giuste. «Giochiamo in casa, il minimo che possiamo fare è vincere» sono state le parole del ct a inizio torneo. Forse eccessive, visti gli effetti. Il giornale brasiliano Ataque pubblica un’immagine del cervello e cita Freud. La choradeira in questi giorni è un caso nazionale. Figuriamoci se gli argentini si facevano scappare un assist così preciso per sfottere i rivali storici: «Campioni di pannolini», titola Olé.
La verità è che c’è poco di nuovo in quello che sta succedendo alla Seleçao. La saudade è nel dna del Brasile. Malinconia più fragilità emotiva: mescoliamo i due ingredienti, aggiungiamo una passione sportiva infinita e il risultato sarà senza mezze misure. Trionfo o tragedia. Piange Ronaldo il 5 maggio del 2002 per lo scudetto perduto con l’Inter in un’immagine che ha fatto il giro del mondo; piange Cielo Filho dopo le medaglie d’oro nel nuoto, piange Rubens Barrichello per la prima vittoria in Formula 1 con la Ferrari, piange Felipe Massa per il Mondiale perso a San Paolo davanti al pubblico che ama e lo ama.
Comunque finirà il Mondiale, il Brasile piangerà. Gioia o dolore, dipenderà da Neymar e compagni.
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