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ORRICO FUORI DALLA “GABBIA” - L’EX ALLENATORE DELL’INTER TRA HEIDEGGER, PASOLINI E BERLINGUER: “OGNI TANTO VADO IN TV MA VIVO QUASI DA MENDICANTE - CON KLINSMANN DISCUTEVAMO DI ARTE, CON MATTHAEUS DI FINANZA. MA NON MI DAVA RETTA"

Alessandro Ferrucci per il “Fatto Quotidiano”

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Alla fine della chiacchierata Corrado Orrico ci lascia con una raccomandazione lieve: “Per favore, non descriva la mia vita in modo pietoso, va tutto abbastanza bene, e a 74 anni posso dire di essere riuscito comunque a mantenere intatta la mia libertà”.

 

Per capire chi è quest’uomo, basta organizzare un mini sondaggio tra i tifosi interisti: nonostante la sua gestione (anno 1991-1992) non sia terminata in gloria, la maggior parte di loro lo ricorda con affetto.

 

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Lui si piazzava davanti ai microfoni senza troppe sovrastrutture, pochi tatticismi, la sua narrazione era, ed è, senza i filtri comuni. Con i giocatori si confrontava, si entusiasmava, si incazzava, li strigliava, ci parlava, organizzava gli allenamenti intorno alla sua celebre “gabbia”, una struttura chiusa dove il pallone non usciva mai.

 

Sudore e fiatone per i vari Berti, Fontolan, Matthäus e gli altri. Poi la fine, il ritorno in provincia, in mezzo ai suoi libri, riflettori spenti. Nessuna lagna, alcuna recriminazione, aveva toccato il Paradiso e da quel Paradiso era stato cacciato, troppo indigesto.

 

È stato complicato restare libero?

In linea di principio sì, ho resistito a un potere troppo forte, precostituito, ho lottato contro una disciplina spesso senza senso.

 

Qual è la disciplina senza s e n s o?

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Quella figlia di un eccesso di potere.

 

Eppure dentro uno spogliatoio c’è chi vive il ruolo dell’allenatore come la figura più vicina a Dio...

Leggende. In realtà chi guida una squadra deve avere essere in grado di comprendere le sfumature, deve mantenere una mentalità di medio carattere. Magari applicare gli insegnamenti di Heidegger.

 

Addirittura un filosofo!

I suoi scritti sono illuminanti, bisogna solo evitare il suo periodo legato al nazismo, per il resto è un grandissimo intellettuale, in particolare quando spiega il concetto di “verità velata”.

 

Quindi le “sfumature”...

Esatto, è fondamentale cercare i lati nascosti, relativizzare, scoprire, non affidarsi mai agli assoluti: non si può fotografare una situazione e pretendere la comprensione, meglio cercare l’essere.

 

MATTHAEUS KLINSMANNMATTHAEUS KLINSMANN

Ma lei è certo di aver passato gran parte della sua vita su un campo di calcio?

Sì, e lo rivendico, è il mio elemento. Un elemento molto distante da lei, uno dei mondi maggiormente chiusi su se stesso. È un luogo pieno di opportunisti, dove ogni opinione è frutto di interesse personale o di gruppo, non esistono pensieri semplici. Hanno più volte tentato di manipolare i miei principi berlingueriani.

 

 

Si spieghi meglio...

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Mi riferisco ad alcuni dirigenti poco avveduti con le scelte della squadra, o a interessi particolari verso l’uno o l’altro giocatore. Vede, il calcio ha preso molto dalla politica, il calcio è politica, soprattutto dopo che sono arrivati i soldi veri, i numeri alti, il business estremo, e se non si ha la schiena diritta, è facile venir travolti.

 

Com’è oggi la sua vita?

Quasi da mendicante, anche a causa di tragedie indicibili e delle quali non intendo parlare.

 

Va bene, ma vive solo?

Sì, e senza una lira, con una pensione decurtata, ma non va male, ogni tanto vado in televisione (al Processo del lunedì o alla Domenica sportiva). E poi sono circondato dai miei libri.

 

Si diverte ancora a parlare di c a l c i o?

Molto, è una passione, solo che in tv se ne parla poco, si dà più spazio a chi fa colore, si cerca più la forma della sostanza.

 

Quando parla sembra uno dei pochi senza diaframmi tra mente e concetto.

Sono un uomo libero, e la mia libertà me la sono conquistata e difesa. E mi è costata cara.

 

Errori da non ripetere?

Non regalerei più tutti quei soldi alle società.

Renzo UlivieriRenzo Ulivieri

 

Spesso si è dimesso.

Appunto, una stupidaggine, frutto di decisioni intempestive. Oggi non è bello combattere con problemi di sussistenza.

 

Lei anni fa ha dichiarato: “vivo del mio orto”.

Oddio, ora le devo rivelare un altro aspetto della mia vita.

 

Se non vuole...

Ma no, non importa, ma ho una protesi all’anca, mi hanno detto che dura circa dieci anni, quindi per non consumarla evito movimenti particolari come zappare o seminare. Ho lasciato solo qualcosa di semplice.

 

Non ha mai nascosto le sue idee di sinistra.

Però considero l’appartenenza politica quasi sacrale, e per questo non amo parlarne.

 

La settimana scorsa in televisione ha citato Pasolini.

Conosco le sue poesie, i suoi film, i suoi libri. Lui fa parte della nostra storia, ha contribuito al nostro bagaglio culturale.

Enrico BerlinguerEnrico Berlinguer

 

Anche Renzo Ulivieri è un allenatore, suo coetaneo, e di sinistra.

Però non mi piace la sua ostentazione politica, ribadisco: certe idee vanno custodite, non sbandierate.

 

I suoi ricordi più belli d’allenatore.

La mia prima panchina con il Sarzana, avevo appena 26 anni e vinsi subito. Arrivammo quasi in C1, a quei tempi una categoria molto importante. Poi Lucca, Carrara...

 

La sua frase tipica dentro lo s p o g l i a to i o.

“Vi ricordo che siete liberi di fare quello che voglio io”.

 

 

Questa estate il Fatto ha pubblicato un’inchiesta su quei calciatori arrivati in Serie A e immediatamente dimenticati. Ora sono postini, panettieri, operai e raccontano tutti di un “sogno infranto”...

Non può togliere anche i sogni alle persone, altrimenti resta solo Gasparri.

 

Qual è una delle maggiori cause di fallimento dentro al calcio?

Conta chi trovi, è pieno di cattivi maestri, d’illusionisti, di pseudo-professionisti abili solo a beffare le persone. Poi ci sono le ingerenze dei genitori, le loro aspettative.

 

Ne ha affrontati molti?

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Una volta ho discusso con un mio parente: voleva a tutti i costi il figlio convocato.

 

E invece?

Gli ho spiegato che non era il caso. Da allora non mi ha più salutato.

 

Era uno di quegli allenatori che puntano molto sull’affidabilità mentale del giocato re?

Per me i più stravaganti, anche con pochi principi, sono quasi sempre quelli con maggior talento; i bravi ragazzi vanno bene per le figliole, quelli con equilibrio eccessivo, sono mediocri giocatori.

 

Nella sua carriera, dalla provincia è finito all’Inter: la differenza maggiore nel trattare i calciatori.

Con i big è necessario parlare molto, soprattutto di questioni extra-calcio, perché riguardo al pallone vogliono solo direttive precise. Comunque è bene stragli appresso, dedicargli tempo.

 

PASOLINI GIOCA A CALCIO PASOLINI GIOCA A CALCIO

 

E quali erano gli argomenti ex t ra - calcio?

Con Jürgen Klinsmann discutevamo di arte, mentre con Lothar Matthäus di finanza.

 

Di finanza?

Sì, ma non mi dava mai retta, andava sempre di testa sua. La finanza è un animale imprevedibile.

 

Le manca l’odore dello spogliatoio.

Ho nostalgia del rapporto con le persone, le loro ansie, la loro ambizione. Ho nostalgie delle dinamiche, degli incroci, la complessità dei rapporti, la crescita del ragazzo, la soluzione dei problemi e il superamento delle debolezze.

 

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Questo mi manca, e molto più dei soldi. Le ripeto: ho sbagliato alcune scelte per colpa del mio carattere, ma sono qui e leggo. A proposito: lei conosce il pensiero di Gramsci? Twitter: @A_Ferrucci