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“Gli artisti e partecipanti alla 31esima Biennale di San Paolo si rifiutano di sostenere la normalizzazione dell'occupazione in corso del popolo palestinese da parte degli israeliani. Crediamo che il finanziamento culturale dello stato israeliano contribuisca direttamente a mantenere, difendere e imbiancare la violazione del diritto internazionale e dei diritti umani.” Così dichiarano gli artisti partecipanti. “Solo una settimana fa, ci siamo confrontati con il fatto che lo Stato di Israele sta contribuendo al finanziamento della Biennale nel suo complesso. Per la maggior parte di noi è inaccettabile.”
L’immagine dello sponsor rischia di avere un’influenza fondamentale. Così dopo le obiezioni di 61 artisti partecipanti alla seconda biennale più vecchia del mondo, la Fondazione Biennale di San Paolo ha accettato di rinunciare ai finanziamenti israeliani per la manifestazione nel suo complesso.
L'accordo, annunciato questa mattina in un rilascio da parte degli artisti obiettori, ha circoscritto il logo del consolato di Israele solo alle presentazioni degli artisti israeliani che hanno ricevuto direttamente il suo sostegno finanziario.
L'accordo è stato preso con gli amministratori della Biennale la scorsa notte. Il numero dei firmatari alla lettera è salito a 61, dall'originale 55. La dichiarazione di sostegno dei curatori, rilasciata il 28 agosto, il giorno dopo la lettera degli artisti, è stata unanime, anche se il curatore israeliano Oren Sagiv ha "sottolineato" al quotidiano “Ha'aretz ", che non supporta la lettera, ma il diritto degli artisti a protestare.
I tre artisti israeliani sono Yohai Avrahami, Leigh Orpaz, e Nurit Sharett. Una quarta artista israeliana, Yael Bartana, ha firmato la lettera di protesta; gli altri tre no. L’”Agence France Presse” riferisce che i finanziamenti israeliani comprendevano circa $ 40.000 dei 10.5 milioni di dollari del budget della Biennale.
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