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da www.theguardian.com
dal blog di Jonathan Jones
La "Performance Art" è un gioco. Preso terribilmente sul serio dal mondo dell'arte, è la prova del nove di disonestà intellettuale e pretenziosità . Se vi lascia a bocca aperta, siete o suscettibili a cretinate pseudo-intellettuali o bugiardi.
Sto esagerando? Probabilmente. Ci sono stati potenti lavori di performance art, ma quasi tutti negli anni Settanta, quando gente come Marina Abramovic e Chris Burden rischiavano il tutto per tutto. O forse la sua epoca d'oro fu al "Cabaret Voltaire" di Zurigo, nel 1916, quando il movimento Dada costituiva una vera minaccia per la società e Hugo Ball, vestito da mago, declamava parole senza senso come la guerra mondiale che si stava scatenando.
Oggi, la maggior parte dell'arte che si dichiara prosecuzione di quella tradizione, è in realtà un'imbarazzante rivelazione della distanza fra il suo mondo e i reali valori estetici o la reale vita umana. Prendiamo, per esempio, la performance dell'artista Milo Moiré, che crea dipinti astratti con uova riempite di vernice e deposte nel suo canale vaginale. Spruzza mentre sta completamente nuda davanti al pubblico. A quanto pare, la nudità è artisticamente essenziale.
Lasciar cadere uova riempite di vernice è invece una asserzione femminista su donne, fertilità e creatività . Ma non è un'affermazione forte. E' assurda, gratuita, trita e disperata. Ovunque, tranne che nel mondo dell'arte, questa sarebbe considerata una satira del moderno vuoto culturale.
Quando il regista Paolo Sorrentino vuole catturare la fragilità della cultura contemporanea europea nel suo film "La grande bellezza", che cosa fa? Performance art, naturalmente.
Un gruppo di sedicenti amanti dell'arte guardano una donna che corre per sbattere la testa contro il muro di un acquedotto. Poi fatica per spiegare la sua opera in una imbarazzante intervista.
Beffandosi del più debole tic del mondo dell'arte, che è l'indulgenza verso i suoi ridicoli performers, nemmeno Sorrentino risulta così originale. E' una vecchia burla che ben si sposa con il suo mood nostalgico. Già negli anni '70 la performance art era comica. Basti pensare alla satira perfetta creata dal "Muppet Show" quando Great Gonzo colpisce la roccia con un martello al grido di "Art!".
La performance art è buffa per motivi semplici: si prende sul serio più di quanto non sia giustificato. Tutto ciò che si prende tremendamente sul serio invita alla canzonatura, che si tratti di politica o di religione, ma quando il divario fra ostentazione e evidente stupidità è così grande, l'unica risposta onesta è la risata. Se a questo aggiungiamo la pomposità di un culto artistico che difende una simile roba dalla presa in giro della massa, ecco che abbiamo la ricetta per una satira mordace.
Se la performance art non esistesse, i biliosi commentatori sul mondo moderno dovrebbero inventarla. Perché cos'altro coglie così alla perfezione l'inanità culturale del nostro tempo?
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