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Può l’arte riuscire laddove il porno fallisce? Può eccitarci così tanto? E’ questa la domanda posta ai visitatori dello show erotico “Feck:Art”, all’interno del “Fringe Festival” di Melbourne fino a fine ottobre.
La mostra si snoda in diversi ambienti attraverso dipinti, installazioni, fotografie e visuals di cinquanta artisti emergenti. C’è anche una stanza con scatti tratti da “Feck”, l’azienda che gestisce siti erotici tipo “I Shot Myself”, che raccoglie selfie di persone durante l’orgasmo, e “Beautiful Agony”, che ospita filmati porno amatoriali. Modelli alternativi di erotismo.
Ed ecco che l’opera di David Lee Pereira “Pasiphaen Desire”, ispirato dalla regina della mitologia greca che aveva una passione sfrenata per un toro bianco, tanto che ci fece sesso e concepì il minotauro, seguito da “Space, Shape and Form” di WH, che allinea una sequenza di vagine rasate. Altrove sono esposti falli con approccio sia psichedelico che medico-anatomico, infine, nell’opera “The Mess We’re In” è rappresentata una vulva che urina sulle foglie d’autunno.
Lo show vuole provocare per porre fine a una serie di censure inammissibili nel mondo dell’arte, vedi il caso dell’artista Paul Yore, in attesa di giudizio con l’accusa di produzione e possesso di pedopornografia per via di alcune sue controverse opere con protagonista Justin Bieber.
Dati i contenuti espliciti della mostra australiana, che differenza c’è fra porno e arte? Il dialogo fra pubblico e artista, la consapevolezza che l’opera è creata da una persona reale con l’intento di allargare i confini erotici, non per sfruttamento, niente merce di consumo sessuale. L’arte diverge da ciò che siamo abituati a vedere nel porno, manca di tutti gli stereotipi dei film per adulti, e mostra come i corpi e le menti realmente reagiscono al piacere.
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