riminaldi mostra pisa

ORAZIO RIMINALDI INCONTRA IL GUERCINO E I GIGANTI DEL BAROCCO - UNA MOSTRA A PISA AFFIANCA IL PITTORE PISANO AI GRANDI MAESTRI DELLA ROMA PAPALE. LA FONDAZIONE SORGENTE GROUP, PRESIEDUTA DA VALTER E PAOLA MAINETTI, HA VOLUTO CONTRIBUIRE CONCEDENDO IN PRESTITO TRE OPERE: LA “SANTA CECILIA” DEL GUERCINO, UN SAN PIETRO PENITENTE DI GUIDO RENI E UNA…

Gian Maria Mairo per affaritaliani.it

 

Fra gli eventi culturali più attesi di questa prima metà del 2021, vi è sicuramente la mostra che Pisa dedica a uno dei suoi figli prediletti, Orazio Riminaldi, che purtroppo nel corso della sua breve vita non godette della meritata fama di grande maestro del Barocco. Da alcuni anni però gli studiosi accademici italiani e internazionali, stanno riscoprendo la vita e soprattutto le opere di questo magnifico interprete del suo tempo. Un impegno che si concretizza grazie nella grande mostra a Pisa che prende spunto dal completamento del  grande restauro delle pitture della cupola del Duomo di Pisa, eseguite proprio dal Riminaldi.

RIMINALDI GUERCINO MOSTRA PISA

 

 

 

Curata dai professori Pierluigi Carofano e Riccardo Lattuada, questa esposizione intende risaltare la carriera artistica di Riminaldi attraverso alcune delle opere più significative che ad oggi compongono il corpus del suo lavoro. A questo importante e meritato tributo espositivo, Fondazione Sorgente Group, l’istituzione  presieduta da Valter e Paola Mainetti, ha voluto contribuire concedendo in prestito tre delle opere pittoriche tra le più importanti delle proprie collezioni.

 

 

 

Cruciale infatti è il contributo che i grandi maestri trasmisero al giovane Riminaldi, giunto a Roma  nel 1620, a soli 27 anni. Lo stesso periodo in cui arrivò anche il suo coetaneo Guercino da Cento, invitato al seguito del cardinal Ludovisi, futuro Papa Gregorio XV.

 

guercino san pietro

 

 

Queste fortunate coincidenze rendono assai verosimile l’idea che fra i due ci siano stati stretti  e proficui contatti, maturati nei salotti dei più ambiti collezionisti della Roma barocca.

 

Nonostante l’attenzione del pittore pisano fosse rivolta alla novità rappresentata dal caravaggismo e dalla sua rivoluzionaria interpretazione della luce e del chiaro-scuro, Riminaldi riuscì ad adattarci una sua personale impronta cromatica, la cui ispirazione si ritrova certamente nei dipinti del  Guercino e in particolare nella sua “Santa Cecilia”, oggi appartenente alla collezione di Fondazione Sorgente Group.

 

 

 

Questa assimilazione è ancora più evidente in un’altra opera esposta in mostra, un San Pietro penitente della mano di Guido Reni, proveniente anch’esso dalle collezioni Mainetti. Realizzata dal maestro bolognese a Roma probabilmente nel terzo decennio del Seicento, il dipinto fortemente introspettivo, rende ancora più palese la sintesi fra il chiaroscuro caravaggesco e il dosato utilizzo del colore, che qui è ben evidente negli incarnati del santo.

 

 

guercino santa cecilia 2

Da attento osservatore quale era, durante il suo soggiorno romano, che durò fino al 1627 - anno del rientro in patria per la committenza del Duomo - il giovane Riminaldi riuscì ad immagazzinare moltissimi elementi stilistici che poi si ritroveranno nelle sue opere. Oltre a Guercino e al Reni, fra i suoi maestri ideali ci furono sicuramente anche Annibale Carracci e Agostino Tassi (compare di bravate del suo concittadino Orazio Gentileschi, con cui giunse a Roma) così come Giovanni Baglione, ammiratore e rivale del Merisi - di cui è esposto in mostra un emblematico San Giovanni Battista di impronta caravaggesca, da collezione privata - e il Cavalier d’Arpino, colui che per primo ebbe a bottega il giovane Caravaggio, quando giovanissimo approdò a Roma.

 

 

Esponente di quella scuola classicista molto in voga fra i collezionisti romani nel XVI secolo, Arpino fu un personaggio catalizzatore di personalità, anche grazie ai contatti che intratteneva nelle Sacre Stanze, dove rivestiva incarichi di rilievo. Un pittore che seppe farsi apprezzare per la raffinatezza delle sue composizioni e per i forti contrasti cromatici presenti nelle sue opere.  Una caratteristica che si rafforzò ulteriormente nel periodo della sua piena maturità artistica con il ricorso sempre più frequente a colori a base di lacca, che aumentavano la brillantezza, specie dei panneggi. Tutti questi elementi sono ben visibili in un altro dipinto in mostra a Pisa, sempre proveniente dalle raccolte di Fondazione Sorgente Group, raffigurante una Santa Cecilia, accompagnata da un putto e da un’altra figura femminile.

 

paola valter mainetti

 

 

Lo straordinario bagaglio culturale maturato negli anni romani consentì al Riminaldi di poter accettare con maggior sicurezza la commissione offertagli da Curzio Ceuli, potente banchiere pisano e Primo Operaio dell’Opera (di fatto il direttore generale dei lavori) per la realizzazione della “circolar parete”. La sicurezza con cui il pittore pisano accettò la commissione fu tale da optare  per una tecnica innovativa e poco utilizzata dai suoi colleghi (proprio per le difficoltà che questa implicava): l’olio su muro, un metodo più complicato e con minor margini di errore rispetto al più diffuso e utilizzato affresco.

cavalier d arpino santa cecilia15

 

 

Un lavoro che impegnò Riminaldi solamente per tre anni, dal 1627, anno di rientro in patria, fino al 1630, quando purtroppo la morte lo colse prematuramente a 37 anni, vittima dell’epidemia di peste che colpì tutta Italia e che Manzoni descrisse nel suo romanzo “I Promessi Sposi”.

 

Questa scomparsa improvvisa, nel pieno della maturità artistica stroncò l’ascesa brillante di questo pittore che nella sua carriera seppe dialogare alla pari con i grandi maestri a lui coevi e questa fu certamente una delle cause che determinarono un indefinito strato di nebbia attorno alla  sua figura. Una coltre che questa mostra ha voluto spazzare via in maniera definitivamente.

VALTER MAINETTIpaola e valter mainetti foto di bacco