RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Gaia Piccardi per il “Corriere della Sera”
La rivoluzione, che ha russato per vent' anni su tre cuscini (Nadal, Djokovic, Federer nominati in rigoroso ordine di titoli Slam: 22-21-20), sembra davvero alle porte. Tira aria dolciastra di pop corn al burro d'arachidi, hot dog e nuovo mondo in questo stadio stretto tra le tangenziali del Queens e il diamante dei Mets, teatro dell'ultimo acuto di Serena Williams (4,6 milioni di spettatori alla tv per la sua sconfitta sono un record assoluto per Espn), il monolite che - spostandosi (per sempre?) - forse ha permesso al flusso naturale delle cose di tornare a fluire.
E se l'Open Usa, tra i quattro Major, è quello che storicamente è sempre stato più disponibile alle sorprese (il cemento livella i valori, la stanchezza di fine stagione apre la porta ai colpi di scena), è certo che a New York domenica avremo un vincitore inedito.
Dal match della notte, la sfida ad altissima intensità emotiva tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, 40 anni in due, già un prematuro classico tra migliori nemici, sarà uscito un aspirante stregone (lo spagnolo porta addirittura in dote la possibilità, in caso di trionfo, di diventare il n.1 più giovane nella storia del ranking Atp, datato 23 agosto 1973) ma il più serio candidato al golpe rimane un ragazzo norvegese strappato dal padre ex tennista a un futuro da giocatore di hockey su ghiaccio, sempre per quel vecchio problema dell'edipo irrisolto per cui le aspirazioni incompiute dei padri (Christian Ruud, n.39 nel '95) vengono proiettate sui figli (Casper Ruud, n.7 del mondo e 5 del tabellone qui a New York).
Papà allena il figlio, svezzato sul rosso dell'accademia di Manacor di Nadal: non a caso 8 dei 9 successi di Casperino sono arrivati sulla terra, tutti in tornei Atp 250, il grande salto il norge se l'è tenuto per Parigi, prima finale Slam (infilzato dal solito Nadal), e poi per New York, dove nei quarti non ha lasciato scampo a un Berrettini disarmato e, quindi, dimezzato.
Domani in semifinale Ruud junior trova il russo Khachanov, impermeabile al tifo contro e alle mattane di Kyrgios, che sul centrale dopo una battaglia notturna di cinque set ha lasciato una racchetta spezzata in due e mille occasioni in frantumi.
Senza Djokovic non vaccinato (condizione per entrare negli Usa), Nadal eliminato da un Tiafoe in stato di grazia (la favola del figlio di immigrati dalla Sierra Leone ha commosso anche un miliardario dal cuore tenero come Lebron James) e Federer in rottura prolungata (pessime notizie arrivano da Londra, dove a fine settembre è in programma la Laver Cup: il ginocchio non guarito impedirebbe al maestro di scendere in campo per la ricca esibizione, mettendone a rischio anche la presenza a Basilea e, a questo punto, la carriera), senza i Big 3 insomma, certamente il cambio della guardia è meno ostico.
Il dubbio è se il vento fresco salito dall'Hudson riuscirà a spazzolare anche l'Australian Open a gennaio e la prossima stagione, se l'anno in più di Djokovic (36 a maggio) e del futuro papà Nadal (37 a giugno) peserà sul groppone, se il ritorno di Zverev altererà gli equilibri, se Musetti (il più giovane dei top 30, tolto il prodigioso Alcaraz) riuscirà a fare il salto di qualità annunciato ad Amburgo, se Sinner avrà saputo mantenere la fama di predestinato in un nuovo mondo in rapidissima trasformazione in cui Berrettini, con i suoi 27 anni ad aprile, appare giù matusa. Se.
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