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NEVE AZZURRO TENEBRA: LO SCI ITALIANO E’ IN CRISI – AI GIOCHI SOLO UN BRONZO CON LA BRIGNONE – LA SQUADRA MASCHILE CON INNERHOFER (SALVA-SPEDIZIONE 4 ANNI FA), PARIS E FILL HA DELUSO – E MANCANO I GIOVANI: DOV' È L' EVOLUZIONE PROMESSA DI DOMINIK? – L’ULTIMA SPERANZA DI RISCATTO E’ SOFIA GOGGIA NELLA LIBERA…
Flavio Vanetti per il Corriere della Sera
Vagamente attapirato dai risultati di un' Olimpiade che avrebbe dovuto essere di segno differente, lo sci italiano sente scorrere lungo la schiena il brivido di una parola dura: flop. Si guarda allora con trepidazione alla discesa femminile di mercoledì e alla rivincita di Sofia Goggia, ma ormai il più è fatto ed è alle spalle. Cotto e mangiato.
Anzi, divorato in senso negativo come il superG rosa dell' altro giorno, i «buchi» dei velocisti o la scarna raccolta delle gigantiste (il bronzo di Federica Brignone è il minimo sindacale). I timori montano, il rischio è che la montagna partorisca il topolino. Dopo Sochi erano state fatte rassicuranti promesse: sareb-bero stati i Giochi di Paris, di un Innerhofer (salva-spedizione quattro anni fa) ancora in palla, di un Fill sempre utile, di un' area delle prove tecniche decisa a scuotersi tanto quanto la squadra femminile.
Nulla, o poco, di tutto questo è avvenuto e non vale attaccarsi alle buone campagne nella Coppa del Mondo o al recupero e al rilancio di una Goggia.
I Giochi sono un' altra cosa.
Sono il luogo dove vengono e vincono medaglie gli Svindal, gli Hirscher, i Feuz, i Kristoffersen, i Pinturault, campioni che dettano valori e confronti.
E per colmare i vuoti di memoria, rammentiamo pure l' esito dei Mondiali compresi tra il 2014 e il 2018: Vail 2015, zero-zero-zero; St. Moritz 2017, zero-zero-uno. Vuol dire che siamo in linea con un trend inquietante. Focalizzandoci sui maschi, cacciati fin qui dalle praterie dei podi e con scarse speranze di riconquistarle nello slalom di giovedì, proseguono il rapporto complicato con l' Olimpiade.
Mai una gioia, in Corea. Le sorprese e i guizzi riescono sempre agli altri. O ad assi come Marcel Hirscher, che ieri ha dominato il gigante. L' Italia tra le porte larghe ha vissuto due momenti di ricorrente mediocrità (il 13° e il 14° posto di Moelgg e Eisath) e due lampi di gloria conclusi con infelici ruzzoloni. Luca De Aliprandini nella prima manche ha tentato di fare il leone: c' è riuscito fino a tre porte dalla fine (era secondo) quando un volo l' ha azzerato. Riccardo Tonetti, debuttante olimpico a 28 anni (pure questo fotografa il movimento), ha invece incantato con il quarto tempo di manche. Ma la medaglia se l' è fumata nella seconda discesa fracassando dopo l' ultimo muro, affrontato «senza riuscire a cambiare ritmo».
«Tonno» è un mediano che ha provato a salvare la patria. Ma se devi forzare, rischi di più: elementare. Eppure è il futuro più che il presente a dare crucci. Vale soprattutto per gli uomini. Dopo Tomba, ai Giochi il settore è già di suo semi-desertificato: solo un oro (Razzoli), un argento e un bronzo (entrambi di Innerhofer) dal 1998 in poi.
Il guaio è che le prospettive non sono rosee. All' orizzonte c' è poco (un nome? Alex Vinatzer, slalomista, argento iridato juniores prima di venire in Corea) e si sospetta che un Paris in certe manifestazioni plafoni tecnicamente e mentalmente. Dov' è l' evoluzione promessa di Dominik? Serve un' analisi profonda del sistema sci, degli staff e degli schemi di lavoro. Florian Eisath alla domanda se avesse sofferto l' evento o se questo fosse il suo livello, ha risposto con onestà: «Avevo patito il Mondiale 2017; invece questo è il mio livello». Il dubbio è che lo sia pure di altri.
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