DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
A mio modo di vedere il colpo più grande del mercato è stato l'acquisto del Palermo da parte del fondo sovrano saudita, lo stesso che è proprietario del Manchester City. Se gli arabi avessero acquistato l'Inter o il Milan sarebbe stato non solo auspicabile ma anche una notizia bandiera di un'intera estate. La differenza fa parte non del calcio ma di come viene interpretato in base ai bacini di utenza. Che è una visione ottima, ma non reale delle cose che accadono.
Il Palermo sarà entro cinque-sette anni una delle squadre più forti della serie A, ma non credo se lo augurino in molti. Il resto è stato caratterizzato fino a ora da un ritorno rumoroso della Juventus, da una difficoltà oggettiva del Milan e da una situazione poco sostenibile dell'Inter. La Juve ha acquistato a costo zero la sua differenza, Di Maria e Pogba. Il costo zero è una conquista del tempo.
Quarant' anni fa, quando fu stabilita per legge la fine del cartellino a vita dal buon sindacato di Campana, si pensava esattamente a questo, a un mercato libero da pedaggi, al calciatore padrone di sé stesso. Al tempo si applaudì dicendo che «era la fine del mercato delle vacche». Non sapevamo che le vacche stesse avevano un forte interesse ad essere oggetto di mercato. Il costo zero permette alle società capaci di pagare un grande ingaggio di scegliere nella fascia migliore. Ma è un tipo di mercato che dà e toglie, ognuno ha i suoi costi zero, molti arrivano e molti se ne vanno.
FOTOMONTAGGIO DI POGBA E DI MARIA CON LA MAGLIA DELLA JUVE
Usato bene è un mercato puro, l'acquisto di un'ottima auto usata sperando che il chilometraggio sia quello corretto. Per quanto riguarda la Juve è da pensare sia così. Di Maria è forse il miglior giocatore del campionato. Gioca da tanto tempo ma non ha mai sbagliato stagione. Ha una semplicità diversa, cioè gioca come l'avversario raramente si aspetta. Non è un giocatore da campionato italiano, è come parlasse una sua lingua romanza dolce, sonora, orecchiabile, suadente.
Di Maria per una stagione è l'esatta fotografia di un calcio bello e indeciso, in cui i programmi hanno fatto un passo indietro ma restano speranza. Orazio direbbe che è la rivincita del presente, probabilmente c'entra anche un po' di povertà diffusa, ma il ragazzo merita l'eccezione. Personalmente non conto su particolari crescite di Pogba, non ha l'età né la predisposizione a stupire. Pogba è un giocatore realizzato nei suoi confini larghi. Non darà di più, ma è probabile possa dare quello che sa. Nel nostro campionato è più che sufficiente.
La Juventus non sarà per questo più squadra, darà però più motivi al suo gioco personale. Se prendi gli individui perdi qualcosa nel progetto di squadra. Ma puoi dare una qualità incontrollabile in un calcio statico come quello italiano. Allargando lo sguardo è da capire chi dovrebbe dare spazio a Paredes. So che oggi i cinque cambi danno occasioni a chiunque, ma sono occasioni, i giocatori sentono l'etichetta, c'è il titolare e chi subentra. E questi sono tutti giocatori importanti, accusano il peso della differenza.
Allegri è un laico, non dà molta importanza all'anima. Si è forse convinto di essere andato oltre se stesso. L'anima è finezza, Allegri è un sano materialista storico con una piccola vena trascendentale. Avrà il suo buon lavoro da fare e da capire. È giunto al suo limite. Questa Juve lo porta in un territorio universale, non esplorato nemmeno dalla sua scuola epicurea.
Il Milan è davanti a sé stesso. È cominciata la realtà. Non è detto sia dura, ma cancella il miracolo. Nel calcio i miracoli esistono, ma sono come la pioggia: c'è, la conosciamo, ma non sai quando arriverà. Mi sembra sia uno dei primi limiti dei nuovi imprenditori americani. Arrivano fino al possibile, oltre c'è il sentimento. Quello manca. Sono imprenditori veri che comprano per rivendere appena c'è la convenienza. Berlusconi col Monza sta ricordando il buono del vecchio calcio senza calcoli e tanti debiti.
Ma lui gioca sul suo nome, la sua vita. Non è forse un calcolo corretto per un'azienda ormai collettiva. Però, che invidia per il Monza che compra chiunque. L'Inter è un progetto affascinante e impossibile. La squadra per adesso è buona, e se Gosens non è più lui c'è sempre un Dimarco che può sostituirlo, a parer mio anche bene. Ma sono i mezzi che non giustificano il fine. Cosa vuoi che i tifosi possano chiedere a Marotta, lui stesso vorrebbe un'Inter con altre possibilità. Forse perfino Zhang ambirebbe a una buona offerta per vendere tutto.
Qui siamo molto vicini a un concetto religioso. Si chiede qualcosa che non è nella realtà, e si chiede agli uomini, non a un Dio. Non si può gestire un'azienda dovendo continuamente aggiungere un attivo che non ripiana i debiti. È pura, complessa, sopravvivenza. Marotta e Ausilio stanno facendo un grande lavoro ma sono umani. La differenza dell'Inter, dai Moratti fino a Zhang, sono stati i soldi, come sempre in un'azienda di vertice.
Se i soldi non ci sono più e non hanno in progetto di arrivare, si può pensare a non aggravarsi ma non a guarire. Tantomeno a rilanciare. Penso che l'Inter dovrebbe diventare un problema della grande Milano. Non si può tutti restare a guardare e nemmeno fare come i tifosi che vanno da Marotta e fingono di non capire.
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