1 - SI RIAPRE IL GIALLO DEL MOSTRO DI FIRENZE
Maria Vittoria Giannotti per la Stampa
Pietro Pacciani
Ci potrebbe essere un legame tra i delitti del mostro di Firenze e la cosiddetta strategia della tensione, quell' oscuro intreccio di trame e depistaggi che caratterizzò la storia italiana dalla fine degli Anni 60 ai primi Anni 80? A suggerire questa ipotesi, a quasi 40 anni dal primo degli 8 duplici omicidi delle coppiette sulle colline fiorentine, è stato l' esposto - e le successive integrazioni - presentato 5 anni fa da Vieri Adriani, avvocato fiorentino, già legale dei familiari di Nadine Mauriot, una delle giovani vittime.
Il procuratore capo di Firenze smentisce: nessuna prova suffraga un collegamento con ambienti eversivi, anche se la Procura, precisa, non tralascia alcuna pista. Ma degli spunti interessanti, nell' esposto dell' avvocato, ci sono: al lavoro, da tempo, ci sono gli investigatori dei Ros e Paolo Canessa, ora procuratore di Pistoia, che ai delitti del mostro, in passato, ha dedicato anni di indagini.
Pietro Pacciani
Sul registro degli indagati, sarebbero finiti alcuni nomi, ma ne trapela uno solo: Giampiero Vigilanti, 87 anni, originario del Mugello, ex legionario con molte guerre alle spalle. In un memoriale ha raccontato di essere stato sotterrato vivo dai Viet Cong in Indocina e di aver partecipato a una spedizione in Algeria. Il suo presunto ruolo nei delitti è ancora al vaglio degli inquirenti, ma non è la prima volta che il giallo del mostro di Firenze sfiora questo personaggio: nel '85, pochi giorni dopo il delitto degli Scopeti, e tre giorni prima che gli inquirenti arrivassero a casa di Pietro Pacciani, i carabinieri perquisirono la sua abitazione sulla base di alcune segnalazioni dei vicini: nell' appartamento della madre furono trovati ritagli di articoli di giornale, tra cui alcuni riferiti al delitto degli Scopeti.
Giampiero Vigilanti, indagato mostro di firenze
Nove anni più tardi, dopo una lite con un vicino, in casa sua furono trovati 176 proiettili calibro 22 Winchester serie H, gli stessi usati dal mostro per uccidere i fidanzati appartati. Il 1985 fu l' anno in cui gli omicidi cessarono - e, secondo l' avvocato Adriani non è un caso, - ed è anche in quell' anno che le indagini imboccarono definitivamente la pista che portò al processo Pacciani e i compagni di merende, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, entrambi condannati in via definitiva. Il nome di Vigilanti tornó alla ribalta anni dopo, in occasione di un documentario della Cnn: Vigilanti raccontò che, grazie a quella trasmissione televisiva, un anziano zio americano lo aveva contattato per nominarlo erede di una fortuna.
mostro di firenze1
Una storia che si rivelò infondata. Poi, il silenzio. Ora gli inquirenti stanno lavorando anche sui rapporti tra Pacciani e Vigilanti: lo stesso ex legionario, ai microfoni del Tgr Rai Toscana ha ammesso di averlo conosciuto, mentre alla Nazione ha rivelato di avergli dato una bastonata in testa perché aveva preso il posto di lavoro a suo padre. Ma al tempo stesso sostiene di essere estraneo all' inchiesta: «Sono a posto, su di me non hanno trovato niente». Intanto l' avvocato Adriani spera che non sia troppo tardi per fare giustizia: «I parenti delle vittime attendono la verità da molti anni».
2 - PACCIANI, I COMPAGNI DI MERENDE E QUELL' ORRORE LUNGO 17 ANNI
Pierangelo Sapegno per la Stampa
mostro di firenze2
«Signor Vanni, che lavoro fa lei?». «Io sono stato a fà delle merende co' i' Pacciani no?», rispose il portalettere Mario Vanni detto Torsolo, perché era secco come un palo della luce. Negli archivi giudiziari sarebbero loro il Mostro di Firenze, i compagni di merende, anche se Pietro Pacciani ha scampato il verdetto degli uomini morendo di botto a casa sua, alla vigilia del processo, stravaccato su una poltrona, mezzo nudo con la maglia tirata su fino al collo e le finestre spalancate. Mario Vanni diceva di avere un solo idolo: Mussolini. E col Pacciani - rideva - ci si divertiva. L' hanno condannato a vita per 4 degli 8 duplici omicidi. Anche a lui, la morte l' ha già strappato alla verità. Nel 2009.
mostro di firenze
Ma la verità è la cosa più confusa che ci sia in questa storia, dall' inizio alla fine, quando Giancarlo Lotti, detto Katanga, l' altro compagno di merende, confessò i duplici omicidi ai quali era stato costretto ad assistere e accusò Pacciani e Vanni, mentre il suo avvocato lo definiva un mitomane. Perché così era cominciata la storia del mostro. Con un mitomane. Il primo delitto: 21 agosto 1968: Antonio Lo Bianco e Barbara Locci vengono uccisi su una Alfa Romeo Giulia bianca con 8 colpi di pistola. Lei era sposata con Stefano Mele, subito sospettato. Ma lui prima confessa, poi ritratta, poi accusa un altro amante di sua moglie, Salvatore Vinci, e poi ritratta di nuovo e stavolta accusa il fratello di Salvatore, Francesco Vinci.
GIANCARLO LOTTI
Così non si va da nessuna parte. E questo accade. L' unica cosa che resta è che vengono repertati 5 bossoli calibro 22 Long Rifle Winchester con la lettera H punzonata sul fondello, il particolare che ricollegherà tutti gli omicidi. Un' altra cosa viene annotata, perché ritornerà anche quella: Barbara Locci aveva paura perché qualcuno la pedinava e l' aveva molestata. Molti testimoni racconteranno che quasi tutte le vittime avevano confessato loro degli episodi simili. Da quel 21 agosto '68 il mostro colpirà 8 volte, sempre giovani coppie, in luoghi appartati e notti di novilunio, fino all' 8 settembre 1985, 17 anni e 17 giorni dopo la prima volta. Gli inquirenti cominceranno ad avvicinarsi a una parvenza di verità, solo negli Anni 90 con la Squadra Anti Mostro diretta da Ruggero Perugini.
GIANCARLO LOTTI
Nel frattempo hanno arrestato di nuovo Francesco Vinci, quello accusato da Stefano Mele, poi scagionato completamente. E hanno puntato la mira su un guardone, Vincenzo Spalletti, convinti di essere alla soluzione del giallo: ma mentre lui è in carcere, il mostro colpisce di nuovo. E un testimone racconta di essere stato avvicinato nei boschi attorno a Firenze, dove avvenivano questi orrori, da un uomo in divisa che l' aveva minacciato puntandogli addosso una pistola. Cercano la pista nera, quella dei sardi, quella militare. I criminologi tracciano profili assurdi e inverosimili. Non esiste niente di serio.
mario vanni
Una lettera anonima indirizza gli inquirenti su Pacciani, un uomo orribile, violento e crudele, bugiardo patologico, stupratore incallito e violentatore delle sue figlie che si atteggia a mite lavoratore della terra. In casa sua ci sono l' album da disegno di una delle vittime e una delle pallottole incriminate sotterrata in giardino. Fascistone come tutto il giro di quei guardoni con il mito della donna schiava. Ma in aula piange, cinguetta, fa la vittima e commuove pure una povera suora che si sente in dovere di difenderlo, nemmeno scalfita dalle testimonianze delle figlie e della moglie violentate a bastonate per costringerle agli atti più impuri.
GIAMPIERO VIGILANTI
In primo grado colleziona ergastoli, in Appello è assolto, la Cassazione ordina di rifare il processo e quando sta per ripartire lui muore. Può darsi che con lui sia morto anche questo giallo dell' orrore. L' impressione è che come per Jack lo Squartatore non sia così. Pacciani probabilmente non è innocente. Ma altrettanto probabilmente non era solo. Anche l' ultimo sospettato, l' ex legionario, pare lo conoscesse. E' che sono passati tanti di quegli anni che questo orrore sembra essere rimasto sepolto nella polvere della nostra memoria, riaffiorando ogni tanto con quelle facce crudeli, quei ghigni strambi, quegli sguardi appannati dalla vecchiaia, che vorremmo aver cancellato. Purtroppo, ci sono storie che non si possono cancellare.