Edoardo De Biasi per “L’Economia – Corriere della Sera”
jamie dimon di jp morgan
Hanno ragione Jamie Dimon, ceo di Jp Morgan, e John Waldron, presidente di Goldman Sachs a lanciare i loro warning sull'andamento dell'economia? Sta arrivando veramente la tempesta perfetta sui mercati?
E perché, mentre i mercati di tutto il mondo conoscono giornate tra le più nere il colosso americano State Street sta valutando l'idea di lanciare un'offerta su una indebolita Credit Suisse, cassaforte del risparmio europeo? Segnali diversi e contrastanti a cui è difficile dare una risposta unica.
jp morgan
A determinare l'incertezza è la convergenza di tre fattori. Il primo è un'inflazione determinata a resistere vista la corsa delle materie prime. In secondo luogo, l'intervento delle banche centrali. A partire dalla Fed, che a giugno non solo alzerà di nuovo i tassi ma inizierà a ridurre il bilancio da otto mila miliardi di dollari accumulato durante il Covid.
Infine, la guerra Russia-Ucraina, il maggior conflitto in Europa dal 1945. La conclusione è una sola: bisogna proteggere i propri investimenti in maniera accorta perché la crescita dei prezzi da entrambe le parti dell'Atlantico ha superato l'8%.
inflazione 1
Gli economisti sono divisi: c'è chi vede l'inflazione dell'Eurozona scendere al 7,9% a giugno e attestarsi in media al 2,5% nel 2023 e chi, come Morgan Stanley, prevede un picco a settembre al 9%.
Lo scenario che sembra profilarsi è un rallentamento dei prezzi Usa mentre in area Euro il picco non è vicino per l'impatto rilevante del conflitto in Ucraina.
inflazione 2
Importante è capire come si comporterà la Bce. Decifrare l'atteggiamento di Francoforte non è facile anche dopo la riunione della scorsa settimana dove, oltre ad annunciare la fine del programma di acquisti (21 luglio), si è aperta la strada a un rialzo dei tassi (25 punti base), il primo dal 2011.
BCE
Secondo rialzo a settembre, ma di dimensioni non ancora definite, «dipenderanno dalle riviste prospettive dell'inflazione». Potrebbe essere necessario un aumento di almeno 50 punti base «se le prospettive di inflazione persistessero o peggiorassero».
La strada
Poi si continuerà con una graduale ma sostenuta stretta. È atteso, secondo molto osservatori, anche uno scudo contro l'aumento degli spread ma solo parziale.
CHRISTINE LAGARDE
È previsto un reinvestimento dei titoli in scadenza che, per quanto riguarda quelli acquistati sotto il programma pandemico Pepp, potrà essere realizzato in modo flessibile «nel caso di una rinnovata frammentazione del mercato legato alla pandemia», e non per altre, diverse considerazioni.
Un modo per evitare, evidentemente, un moral hazard, un comportamento opportunistico da parte dei governi. Il rendimento del Btp a 10 anni è volato al 3,58% e lo spread con il Bund vicino ai 230 punti. La Bce sarebbe comunque pronta a intervenire a protezione del debito dei Paesi periferici dell'Eurozona qualora questo fosse soggetto a un forte rialzo del differenziale.
Non è la prima volta che si torna a parlare di uno schema di protezione sul debito pubblico. A rigor di logica il sistema-Italia dovrebbe essere protetto dal suo stock di risparmio. Non solo i complessivi quasi 10 mila miliardi di ricchezza ma anche i 1.800 che le famiglie e le piccole imprese italiane continuano a tenere nei materassi virtuali dei conti bancari e postali. Senza investirli. Senza affidarli ad alcun intermediario.
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«Sii spaventato quando gli altri sono avidi e avido quando gli altri hanno paura», è uno dei motti del grande Warren Buffet. Il che non significa essere contrari rispetto alle tendenze di mercato ma semplicemente non farsi trascinare dagli umori generali.
Il ritorno vigoroso dell'inflazione erode le disponibilità liquide ferme nei conti e viene quindi accentuata la prudenza dei risparmiatori. Ora la corsa della Bce a raffreddare il rialzo dei prezzi promette di riportare i tassi sopra lo zero è una condizione necessaria.
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Il suo compito è tenere a bada l'inflazione ma non spegnere la ripresa appena avviata, soprattutto quando la guerra ha frenato il commercio internazionale. Per rimettere in movimento l'economia europea e aiutare l'Azienda-Italia è indispensabile ripristinare fiducia, o almeno arrestare la caduta, peraltro inevitabile in uno scenario complesso come quello attuale.
La politica, specialmente quella italiana, deve fare il suo mestiere. Basta inutili polemiche da condominio. Bisogna avere una visione produttiva e cercare di portarla avanti. La crescita deve essere l'unica parola d'ordine.
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L'unica ricetta al momento praticabile sono le misure sulle riforme fiscali legate all'erogazione degli aiuti del Recovery plan. Il riordino del catasto e della tassazione sulla proprietà immobiliare sono un passo atteso da molti anni e in parte direttamente finalizzato al contrasto all'evasione. Qualsiasi altra misura di appesantimento tributario è inutile.
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Sul risparmio gestito delle famiglie gravano già da un decennio mini-prelievi patrimoniali annui. In una fase in cui il risparmio va risvegliato, non spaventato, lo Stato deve essere chiamato a riattivare circuiti virtuosi. Non bisogna mai dimenticare che il debito pubblico italiano si è attestato a marzo a 2.755,4 miliardi in crescita di 18,9 miliardi rispetto al mese precedente.
L'aumento è dovuto al fabbisogno (22,8 miliardi). Va sottolineato, comunque, l'aumento delle entrate tributarie pari a 33,2 miliardi, in crescita del 10,2% su marzo 2021.
Anche l'industria del risparmio deve mettersi in gioco.
credit suisse
Al di là di come finirà l'operazione di State Street sull'elvetica Credit Suisse è ora che il nostro settore si dia una svegliata. La conclusione è banale: il nostro risparmio fa gola a tanti ed è il nostro asset più importante. È fondamentale non perdere i pezzi pregiati.
Piccoli gioielli come Fineco, Anima, Azimut sono sul mercato. BlackRock, Vanguard, Amundi hanno la forza per comprarsi quello che vogliono. Perfino le grandi banche. Per questo va migliorata la gestione industriale e non vanno gettate al vento occasioni per inutili personalismi.
Gli istituti di credito facciano più attenzione ai costi di gestione e alle commissioni troppo onerose.
risparmi degli italiani 2
Un piano
È giusto parlare di concentrazioni bancarie ma perché non di aggregazioni in campo di risparmio gestito? I dati raramente mentono. A guardare il saldo di raccolta di aprile, è evidente che il settore abbia subìto una battuta d'arresto. Due miliardi in meno sono un dato negativo che si aggiunge a quello di marzo. In verità il segmento dei fondi comuni, vale a dire quello dei prodotti più presenti nei portafogli delle famiglie italiane, ha registrato un risultato positivo.
Nelle casse dei fondi sono entrati altri 1,6 miliardi che portano a 14,3 miliardi il saldo dall'inizio dell'anno. Al di là dell'effetto mercato sulle masse gestite, che ha limato il patrimonio allontanandolo dalla soglia dei 2.500 miliardi, a determinare l'andamento del settore sono principalmente i movimenti interni ai grandi gruppi.
ASSICURAZIONI GENERALI
Assicurazioni Generali, che ha un patrimonio di circa 500 miliardi, ha registrato un dato negativo per oltre quattro miliardi a causa di operazioni interne. Il motivo? Forse la lotta fratricida per il controllo della compagnia ha distratto i manager dalla gestione industriale? Impossibile dirlo.
Quello che è certo è che un processo di aggregazione e crescita del risparmio dovrebbe essere favorito dalla politica (magari anche a livello salariale) e dalle istituzioni. La concorrenza che viene dai competitor esteri deve far riflettere. E non solo.