DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Inizia oggi e durerà almeno dieci settimane il primo grande processo dell’era digitale nel quale il governo americano accusa un gigante della Silicon Valley, Google, di violare sistematicamente le norme antimonopolio. L’unico precedente risale al 1998, l’alba dell’era di internet (e anno della fondazione di Google), quando Microsoft fu accusata di abuso di posizione dominante perché impose di default il suo browser Explorer come software di navigazione web ai clienti di Windows, il suo sistema operativo. Così uccise il concorrente, Navigator di Netscape, fin lì leader del mercato, anche perché pagò AOL e Yahoo! per far scegliere anche a loro Explorer.
Sarà un processo mastodontico: quasi tre anni di istruttoria nei quali le parti hanno prodotto 5 milioni di pagine di documenti e messo in campo circa 150 testimoni. Per settimane parlerà solo l’accusa, poi toccherà alla difesa. […] prima si discuterà delle responsabilità di Google e solo se la sua colpevolezza sarà dimostrata si passerà a valutare come punire un gigante tecnologico che vale 1.700 miliardi di dollari (poco meno del Pil dell’Italia), di valore strategico per gli Stati Uniti.
Un processo […] epocale […]: […] questa battaglia legale dirà se le aziende digitali, che fin qui si sono considerate esenti da ogni tipo di regolamentazione, sono punibili per aver sfruttato illegalmente la loro forza di mercato. E ancora: lo Sherman Act, legge antitrust varata nel 1890 per combattere monopoli e oligopoli di acciaio, zucchero e ferrovie, può funzionare nell’era dell’economia digitale?
Su Google pesano accuse formulate dal governo federale e da 35 Stati dell’Unione (mentre, dall’altra parte dell’Atlantico, da tempo la Ue denuncia e sanziona), ma il cuore del processo è simile alla causa Microsoft di un quarto di secolo fa: il suo motore di ricerca avrebbe conquistato un quasi monopolio (il 90 per cento circa del mercato) […] anche perché Google ha tagliato fuori i concorrenti (soprattutto Bing di Microsoft e DuckDuckGo) versando molti miliardi di dollari (45 l’anno secondo le stime più recenti) ad Apple, Samsung, LG e Motorola per inserire di default il suo search nei loro smartphone ed anche ai big delle telecomunicazioni Usa (AT&T, Verizon e T-Mobile) e a browser come Mozilla e Opera. Sempre per ottenere una «corsia preferenziale» per il suo motore di ricerca.
il pugno chiuso di donald trump
Questo processo, il primo dell’era Biden, trae in realtà origine da un’iniziativa di Trump […] Fu […] il presidente repubblicano, nel 2019, a spingere per l’avvio di un’indagine antitrust contro Google ed Apple […] Il caso è stato affidato ad Amit Mehta, un magistrato nominato giudice federale da Barack Obama nel 2014. Google ha messo al lavoro sulla causa centinaia di dipendenti, ha assunto tre grandi studi legali, si è opposta (con successo) alla trasmissione del processo e ha tentato di ricusare il principale accusatore, il responsabile antitrust del ministero della Giustizia, Jonathan Kanter, accusandolo di avere pregiudizi per il suo passato di avvocato di Microsoft.
E a marzo un giudice federale californiano ha sanzionato Google (e Sundar Pichai in quanto suo Ceo) per aver cancellato documenti — le chat interne dei dipendenti del gruppo — utili per le indagini sfociate nel processo della prossima settimana. Il giudice Mehta, come Pichai indiano naturalizzato americano, ha fama di essere sensibile alle ragioni delle imprese come del resto gli altri giudici Usa che hanno già neutralizzato altre cause antitrust della FTC.
Fin qui, però, la battaglia è stata sulle acquisizioni (quella di Activision da parte di Microsoft e di Within da parte di Meta-Facebook) mentre ora per la prima volta viene attaccato lo stesso business model di Google. Mehta, comunque, ha già dimezzato i capi d’imputazione contro la società californiana, confermando, però, quelli più pesanti. Come punire la società, se colpevole?
È assai improbabile che le vengano imposte cessioni (l’ultimo caso è di oltre 40 anni fa quando la monopolista AT&T fu divisa in 7 società). Google potrebbe veder cancellato l’accordo con Apple o essere esclusa dalle aste per ottenere la posizione di default in vari sistemi. Ma c’è chi nota che con l’accelerazione tecnologica prodotta da ChatGPT e dall’AI generativa, tutto cambia molto in fretta. Google in tribunale sostiene che perderà il suo quasi monopolio. Ma agli azionisti racconta una storia diversa.
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