Federico Rampini per www.corriere.it
JOKO WIDODO
Mario Draghi aveva auspicato una partecipazione «in remoto» di Vladimir Putin al prossimo G20, che si terrà a novembre. Era un modo per mettere in castigo il presidente russo sottolineando fisicamente la sua distanza e il suo isolamento dagli altri leader. Ma la presidenza di turno di quel G20 spetta all’Indonesia e il presidente di quel Paese ha avuto un’idea diversa: usare quel summit (che si terrà sull’isola di Bali) per la ripresa di un dialogo tra Putin e Zelensky.
JOKO WIDODO VLADIMIR PUTIN
L’iniziativa di Joko Widodo la dice lunga sul diverso approccio tra noi occidentali, e quella maggioranza di nazioni che hanno scelto una forma di «non allineamento», per esempio astenendosi dall’applicare le sanzioni economiche contro la Russia.
Joko Widodo ha lanciato la sua iniziativa diplomatica proprio in questi giorni, a ridosso dei vertici G7 e Nato, al primo dei quali era stato invitato come un osservatore. Approfittando del suo viaggio in Europa, il presidente indonesiano ci ha aggiunto due tappe: la prima a Kiev ieri, la seconda a Mosca oggi.
JOKO WIDODO VLADIMIR PUTIN
Ha deciso, quindi, di invitare Zelensky al summit di novembre, nonostante che l’Ucraina non sia un membro del G20 (l’appartenenza spetta alle venti maggiori economie mondiali in base al Pil). Ma lo stesso invito viene consegnato a Putin, che ha già deciso di accettarlo. Senza fare accenno a una partecipazione in remoto.
JOKO WIDODO
Quindi l’Indonesia, anziché seguire l’invito di Draghi, vorrebbe orchestrare addirittura un colpo di scena, ospitando il primo incontro tra i due belligeranti Putin e Zelensky. Certo novembre è ancora lontano. Da qui a là può succedere di tutto.
E vista l’intensità dei combattimenti, l’idea di aspettare altri cinque mesi prima di avviare un negoziato appare tragica. Però al momento la mossa di Joko Widodo è il gesto più concreto che sia stato fatto per immaginare un luogo e una data dove si svolga il dialogo per un cessate il fuoco.
JOKO WIDODO
Fa il paio, in un certo senso, con l’iniziativa che la Turchia continua a svolgere per sbloccare l’export di grano e cereali dall’Ucraina verso il resto del mondo attraverso il Mar Nero. La diplomazia dei «non allineati», e più precisamente quelli che si situano a Oriente, mostra un dinamismo all’altezza delle ambizioni di queste potenze emergenti. Non ci sono solo America e Russia, Cina e Unione Europea, il mondo vede affermarsi una serie di potenze regionali di «secondo livello», con forti identità nazionali e spirito di autonomia. Le chance di successo di Joko Widodo per la verità sono minime. Ma a spingerlo c’è il rischio di una crisi alimentare globale che colpirebbe soprattutto i Paesi poveri. Su questo fronte l’Indonesia è un protagonista soprattutto come produttore ed esportatore numero uno dell’olio di palma, l’olio per cucinare più usato nel pianeta, un alimento di base in molte aree povere.
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