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VIDEO: L'INTERVISTA A SERENA GRANDI
1 - SERENA GRANDI: "DA BAMBINA UN PRETE MI MOLESTÒ"
Da www.mediasetplay.mediaset.it
Serena Grandi, ospite a Verissimo, ha raccontato di essere stata molestata da bambina: "Era un prete che ci insegnava catechismo. Lui ci abbracciava, a me e alla mia piccola amica, e voleva che ci baciassimo".
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"Ne parlai con mia mamma dopo anni e lei mi disse ah ecco perché l'hanno cacciato. Quindi ha fatto anche altre cose ad altre bambine", ha continuato. L'attrice ha confessato di essere stata vittima di molestie diverse volte nella sua vita.
"Credo però che siano addirittura peggio la violenza psicologica e la manipolazione. Io ho avuto uomini così che mi hanno manipolata e mi hanno fatto soffrire", ha affermato Grandi che ha detto di aver sporto due denunce contro un suo ex compagno: "Mi ha perseguitata fino a poco tempo fa, avevo paura anche a uscire".
2 - COSÌ, SERENA
Raffaele Panizza per “D – la Repubblica”
il libro di serena grandi
Davanti alla stazione di Rimini, proprio dove sua madre Mina, sessantacinque anni fa, respinse il regista Pietro Germi che voleva portarla a Roma a far la dolce vita, a Serena Grandi viene in mente uno dei tanti uomini che l'hanno spinta a non volerne più sapere, degli uomini.
«Era un assicuratore napoletano, mostruoso, autore di decine di truffe», racconta guidando nel traffico la sua utilitaria, tra la nebbia di novembre e la luce dei ricordi. «Per conquistarmi mi invitò a Sharm El Sheik, dove teneva ormeggiato un sottomarino.
Sapevo che aveva fatto la stessa scena con Ornella Muti e Lucrezia Lante della Rovere: così mi godetti la gita sott'acqua e poi gli diedi buca. Mi fece anche trovare sotto casa una Ferrari Bianca, col fiocco rosa. La rimandai indietro».
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Sul tavolo del suo piccolo salotto, in una palazzina dietro il Grand Hotel di Rimini - dove in tubino nero e pelliccia di volpe argentata sposò negli anni Ottanta l'antiquario romano Beppe Ercole - c'è la prima copia della sua biografia epistolare: Serena a tutti i costi (Giraldi Editore, 145 pagine, in uscita il 2 dicembre).
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Venticinque lettere mai spedite, tra cui una a Tinto Brass che le donò la fama grazie al ruolo di Miranda e un'altra proprio all'ex marito, un playboy finito nei guai negli anni Settanta per lo scandalo di droga della discoteca romana Number One, uomo fascinoso e ricchissimo capace di ammaliarla e umiliarla decine di volte:
«Come si fa a tradire una come me?», gli chiede idealmente nel libro, «guardo questa foto del battesimo di Edoardo e dietro di noi, con nostro figlio in braccio, ci sono tante donne.
Ho capito solo col tempo che erano tutte tue amanti. Le avevi invitate senza pensare che avresti potuto ferirmi. Come hai potuto? Non puoi rispondermi, caro Beppe, ma sappi che ti ho perdonato per tutto».
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Ci sono poi le missive amare a Pupi Avati e Paolo Sorrentino, che l'ha voluta ne La grande bellezza per poi trattarla con indifferenza:
«Sul set si trasformava» racconta, «costringeva a prove massacranti, a dimenarsi come ossessi anche quando la cinepresa era lontana, e a girare di notte anche le scene diurne. Erano tutti scontenti, tutta una gran fatica».
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L'umidità della Romagna d'inverno, insieme ai ladri e ai creditori, consumano intanto ciò che è rimasto della sua vita, dei novanta film, delle "gambe più belle del cinema", del "complesso d'Edipo più dolce del secolo", come scrivevano i giornali.
La finestra della sala è ancora in frantumi, dopo che alcuni malviventi di dubbia cultura hanno fatto irruzione rubando tutto ciò che c'era da rubare, comprese tre borsette Kelly di Hermès: «Ne hanno lasciata solo una, col fondo sfasciato e che non si può più riparare».
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Per fortuna, i bifolchi non si sono accorti delle gouache napoletane del Seicento appoggiate al muro scrostato dove vive Luisita, il pappagallo gigante che ripete "Oh Romeo Romeo" e vive con lei da tredici anni, insieme a un bassotto e un chihuahua.
E non hanno visto neppure il ritratto di spalle, appeso sopra il letto, che le fece Renato Guttuso invitandola a vent'anni nel suo appartamento romano di Palazzo del Grillo: «Mi scattava delle fotografie, nuda, e su quelle dipingeva» racconta, nella camera piena di foto e coi riscaldamenti spenti.
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«Mio marito era gelosissimo e non permise più che tornassi». Sospira pensando alle case stupende del passato, la villa all'Olgiata e l'appartamento milanese nella Torre Velasca che le pagava un amante.
Mentre la casa dell'ombroso adesso è già finita all'asta una volta, strascico di vicende spiacevoli legate al fallimento del ristorante riminese "La locanda di Miranda": «Pensi che il mio compenso per il Grande Fratello Vip è stato sequestrato direttamente alla Endemol dall'autorità giudiziaria» racconta, aggiungendo che l'incaricato del procedimento d'incanto, un belloccio "tale e quale a Stefano Accorsi", le ha fatto capire più di una volta che vorrebbe portarsela a letto: «Ma io non ho rapporti carnali da più di quattro anni», confida, «gli uomini mi sono venuti a noia, anzi a vomito, e con loro e col sesso ho chiuso».
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In compenso, ed è giusto dirlo, è arrivato il risarcimento per la storia di droga che la travolse nel 2003, centomila euro versati sul suo conto dal ministero della Giustizia per i danni causati dai sei mesi d'arresti domiciliari seguiti alle accuse, risultate poi infondate, di detenzione e spaccio di cocaina.
E anche qui: uomini, uomini sempre addosso: «Avevo sposato un pregiudicato e pagai per tutti», dice, «se avessi parlato, avrei portato a fondo mezzo Parlamento e metà Vaticano».
Sua madre Mina, la gelataia della stazione di Rimini "bella, maggiorata e sorridente", chissà per dir cosa e arrivar dove da ragazzina le ripeteva: "Serena, ricordati che non siamo nate puttane”.
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Dino Risi invece, sul set di Teresa, amava sottolineare il contrario: "Se non sei puttana, e anche bugiarda, non puoi fare l'attrice". In mezzo, nella ricerca di una sintesi tra questi due elastici eterodiretti e mortali, Serena Grandi ha dovuto costruire se stessa e la sua carriera.
E chissà quante altre dive e quante donne della generazione delle libere-non libere, delle emancipate-non emancipate, hanno vissuto qualcosa di parallelo o di simile.
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Il libro di Serena Grandi, nelle sue tenere e spesso tremende contraddizioni, in questo senso appare un interessante scavo in una non lontana archeologia del femminile, aggravata dallo stigma verso una donna quasi colpevolizzata per aver perso la bellezza, come fosse frutto di una corruzione dell'anima e non invece un ipotiroidismo che l'ha gonfiata, e un tumore al seno che l'ha sfigurata.
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E poi certo, pian piano, ci si sono messi anche la solitudine, la sfiducia di una sciagurata autoconsegna al maschile per affermare il proprio fragile femminile: «Credo di esser stata l'ultimo agnello sacrificale di un mondo patriarcale che andava esaurendosi», dice, mentre il pappagallo urla un nitido "Amore mio", «alle donne di oggi però consiglierei di fare lo stesso: meglio i Cartier dei fiori. Quando ti mollano sola e nella merda i primi appassiscono, gli altri almeno puoi andare a venderli».
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Sul tavolo, sotto un vassoietto di sushi, una cartelletta contiene le denunce per stalking che negli ultimi mesi ha dovuto depositare contro l'ultimo fidanzato, che ancora si presenta sotto casa facendola vivere con una mazza di ferro vicino alla porta, nel terrore di ogni rumore: «Sa cosa mi hanno detto i Carabinieri? Di assumere un albanese e mandare ad aprire lui, la prossima volta che si presenta».
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Al collo, Serena Grandi porta ancora la fede nuziale e una vistosa croce di diamanti. Ricorda il prete che da bambina la conduceva nel suo ufficio per toccarla, oppure la costringeva a baciare sulla bocca la sua amichetta Giuliana, spingendole una contro l'altra nel suo abbraccio schifoso: «Forse m'ero allontanata da Dio anche per quello. Ma oggi l'ho ritrovato». Confida di frequentare da mesi la chiesa della Parola della Grazia, a Riccione, dove l'ha introdotta un toelettatore per cani divenuto il suo confessore.
E lì, spinta da un pastore brasiliano, ha trovato la sua missione: «Dedicarmi agli altri, curare lo spirito e tenere le anime lontane dal consumismo. Il mio percorso è iniziato da tempo: diventerò una suora laica».
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Proprio come Claudia Koll, altra creatura archeologica della costola di Tinto Brass, in un tragico "così fan tutte": «Ero una pecorella smarrita», dice, accendendosi una sigaretta che le farà subito venire la tachicardia, «ora, non lo sono più».
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