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Paolo Brusorio per www.lastampa.it
Risurrezione no, rianimazione sì: in questa dicotomia va inquadrata la partita dell’Italia questa sera a Budapest: se vinta ci porterà alla Final Four di Nations League e se invece persa o pareggiata promuoverà l’Ungheria tra le magnifiche quattro e lascerà gli azzurri a bagnomaria con già in tasca, comunque, il ruolo di testa di serie nell’imminente sorteggio (9 ottobre) per i gironi di qualificazione a Euro 2024.
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Mancini è stato chiaro, «dovremo soffrire ancora un mese» e il ct parla di un malessere psicologico che avrà un inizio, il 20 novembre, e una fine, il 18 dicembre. Il periodo del Mondiale. Però da qualche parte bisogna ripartire, l’Italia l’ha fatto venerdì scorso a San Siro e ha tutta l’intenzione di non tagliare subito quel filo azzurro utile a ritrovare i risultati e l’entusiasmo dentro e pure fuori dal gruppo. L’Ungheria è in uno stato (rigorosamente minuscolo) di grazia, non intravede la chance di alzare una coppa da cinquanta anni e si nutrirà della bolgia dentro la Puskas Arena.
viktor orban italia ungHeria
Nazionalismo ma non solo: Marco Rossi ha disegnato una squadra senza campioni, ma una squadra. Noi andiamo per giocarcela, nella gara di andata a Cesena gli ungheresi non fecero una grande impressione ma nel frattempo hanno stangato due volte l’Inghilterra e una la Germania (a casa loro), risultati utili per gonfiare petto e classifica.
Qualità che stasera vorranno mettere in mostra davanti probabilmente al loro premier Orban, presente a Cesena con tanto di sciarpa nazionale al collo. Vincere il girone servirebbe a fare scorte per il (nostro) rigido inverno; non riuscirci non cancellerebbe il buono visto a venerdì scorso a San Siro (a meno di imbarcate stile Moenchengladbach), ma chiuderebbe l’infausto 2022 azzurro con una nota stonata.
tifosi ungheresi italia ungheria
Mancini, cui sono tornati a brillare gli occhi, pescherà nel gruppo per cambiare a centrocampo (possibile Pobega per Cristante) mentre in attacco, di nuovo assente Immobile, la scelta è tra la coppia Raspadori-Scamacca e quella formato mignon Raspadori-Gnonto, quest’ultimo cresciuto molto nella considerazione del ct. Bastoni per Acerbi invece la novità in difesa sempre che il ct non ritorni all’antico con quattro difensori e tre attaccanti. Ma i numeri contano fino a un certo punto: «É una bella cosa poterci giocare il primo posto, soprattutto per una squadra con tanti ragazzi privi di esperienza internazionale».
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In fondo questa bistrattata Nations League sarà anche figlia di un dio minore, ma se ha un ruolo, e ce l’ha, è quello di poter servire a costruire e a plasmare una squadra. Meglio di tante amichevoli, in fondo. «Vincere con la Nazionale ha un gusto sempre diverso, per questo dobbiamo ritrovare il nostro stile»: le parole sono di Jorginho, uno che sotto l’azzurro ha due cicatrici grosse così (i rigori qualificazione falliti contro la Svizzera) ma che ci rimette faccia, esperienza e voglia in un sistema adesso distante da quello che l’ha portato, e ci ha portato, sul tetto d’Europa. L’Italia ci proverà questa sera, riuscirci (in queste condizioni) non sarebbe un’impresa, ma la fine della rianimazione, quello sì.