Francesca Pierantozzi per il Messaggero
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«Statu francese assassino»: la grossa scritta in corso sventola su un lenzuolo bianco appeso a uno dei balconi del centro delle Imposte di Ajaccio. È uno dei messaggi di benvenuto che hanno accolto ieri il ministro dell'Interno Gérard Darmanin, arrivato da Parigi per una visita di due giorni.
Una missione per cercare la tregua, dopo due settimane di manifestazioni che hanno fatto diverse centinaia di feriti, anche tra la polizia. Per Emmanuel Macron l'obiettivo è evitare che il fuoco indipendentista torni a soffiare sull'isola, a 25 giorni da elezioni presidenziali già funestate da pandemia e guerra in Ucraina.
La situazione è talmente tesa, che per la prima volta, l'altroieri, un ministro di Parigi ha pronunciato la parola quasi proibita: autonomia. La scintilla c'è stata il 2 marzo, nella prigione di Arles: a metà giornata il prigioniero più noto del carcere, l'indipendentista Yvan Colonna, viene aggredito e soffocato per quasi dieci minuti con una busta di plastica da Frank Elong Abé, detenuto per terrorismo. Da allora Colonna, 61 anni, condannato all'ergastolo per l'attentato che costò la vita al prefetto Erignac nel '98 a Aiaccio, è in coma. Quanto basta per far sollevare l'Isola.
corsica proteste
Le manifestazioni si moltiplicano, per denunciare un'aggressione che per molti era annunciata, provocata dai ripetuti rifiuti dello stato centrale di trasferire l'ex pastore in un carcere corso. Tornano gli slogan che da qualche anno tacevano, come tacevano le armi deposte dagli indipendentisti del Fronte di Liberazione, l'Fnlc: «Soluzione pulitica», «gijustizia e verità», «statu assassino». Tornano le rivendicazioni, che, nonostante le promesse di Macron, non sono mai state affrontate durante il suo mandato che sta per finire: il riconoscimento ufficiale della lingua corsa accanto al francese, il rimpatrio dei prigionieri corsi detenuti sul continente, l'evoluzione dello statuto dell'isola.
A settembre era tornata anche la violenza: un’esplosione vicino a Ajaccio, rivendicata dal Fnlc. Due giorni fa è stato il ministro dell'interno a far esplodere una piccola bomba. Lo ha fatto sulle pagine del quotidiano Corse Matin: «Siamo pronti ad arrivare fino all'autonomia. Ecco, la parola è stata pronunciata». Gilles Simeoni, carismatico presidente del Consiglio della Comunità corsa ha confermato: «Parole che aprono una prospettiva, a cui bisogna far seguire dei fatti».
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Ieri Darmanin è arrivato nel primo pomeriggio alla bella sede del consiglio corso dove ha incontrato per ore i rappresentanti politici economici e sociali dell'isola. Per la prima volta da anni, è stato affiancato da una sorta di vice ministro per la Corsica, Grégory Canal, viceprefetto di 46 anni. Il primo a parlare dopo l'incontro con Darmanin è stato il sindaco di Ajaccio, Laurent Marcangeli, presidente del movimento « U soffiu novu» all'Assemblea corsa: «Il ministro ha pronunciato una parola importante, che a me non fa paura. Dobbiamo aprire un dibattito con l'intera comunità corsa, perché no attraverso un referendum». Per il ministro, comunque, qualsiasi negoziato potrà avvenire soltanto in un clima «di serenità». Che per ora non è assicurato.
I MESSAGGI Con un comunicato fatto arrivare a Corse Matin, il clandestino Fronte di Liberazione, ha minacciato di riprendere la lotta. Per loro l'autonomia è una concessione considerata come la pietra tombale sul sogno dell'indipendenza. Nel comunicato, gli indipendentisti denunciano «il rifiuto sprezzante» dello stato e ricordano che «da noi, la rivolta provoca l'insurrezione»: «Se lo stato francese continua a essere sordo, non lasceremo che vengano sacrificate le giovani generazioni senza che ci sia una nostra reazione».
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Darmanin, realista, prevede che «la discussioni saranno per forza lunghe e per forza difficili» e mette comunque le mani avanti: «Il futuro dei corsi è naturalmente e pienamente dentro la Repubblica francese». Al termine del primo giro di incontri, ci si è accordati su un prudente impegno a stabilire «un metodo di lavoro». La folla, riunita poco lontano dal palazzo della Collettività, non si è mostrata soddisfatta, continuando a gridare e a sbandierare cartelli con la stessa scritta: «libertà».
Nemmeno i candidati alla corsa per l'Eliseo sono rimasti a guardare. Valérie Pécresse, in gara per la destra neogollista dei Républicains, ha accusato Macron di «cedere alla violenza» mentre Marine Le Pen (in rimonta nei sondaggi, e ormai al 20 per cento, seconda ma a dieci punti dal presidente) ha accusato il governo di diffondere un messaggio «catastrofico» sulla Corsica che, continua a martellare: «deve restare francese».
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