Estratto dell'articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”
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[…] Hamas sta ottenendo due risultati che possono sopravvivere alla sua auspicabile sconfitta militare. Il primo è l'estensione delle violenze alla Cisgiordania, complici quei coloni israeliani che vedono l'opportunità dell'annessione pura e semplice dei Territori. Il secondo è l'allargamento regionale del conflitto, fino a tirarvi dentro gli Stati Uniti.
Di fronte all'intensificarsi di attacchi contro basi americane in Siria e in Iraq da parte di milizie che dipendono dall'Iran bisogna domandarsi cosa Teheran voglia da questa crisi. Non fa nulla per disinnescarla e tutto per innalzare le tensioni.
xi jinping vladimir putin a pechino
L'Iran non può sperare di vincere una guerra convenzionale contro Israele. Tanto meno se intervengono anche gli americani […]. Pur uscendo con le ossa rotte da un confronto militare l'Iran renderebbe permanente una spaccatura dell'intero Medio Oriente musulmano in chiave antioccidentale, capovolgendo l'isolamento in cui lo collocavano non tanto le sanzioni occidentali quanto gli accordi di Abramo.
Vladimir Putin Ali Khamenei Ebrahim Raisi
[…] Se, invece, c'è guerra regionale, con sullo sfondo una crisi umanitaria di Gaza, una terza Intifada in Cisgiordania […] e una troppo a lungo irrisolta questione palestinese, ad essere isolato è Israele. E, con Gerusalemme, ne fanno le spese gli Stati Uniti e l'Occidente che ne sostengono il diritto all'autodifesa dopo l'agghiacciante mattanza del 7 ottobre.
[…] Attaccando selvaggiamente Israele Hamas ha messo in una situazione impossibile sia Israele che gli Stati arabi. L'uno è costretto a una guerra urbana che non voleva e che crea inevitabilmente un disastro umanitario del quale diventa così responsabile. Deve rispettare il diritto internazionale di guerra. Glielo ricorda anche Biden. Ma come non colpire civili se le basi militari di Hamas sono piazzate accanto a ospedali o nei campi profughi?
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Di fronte a quello che succede a Gaza, gli Stati arabi non possono che condannare Israele. Se poi il conflitto si allarga, la faglia apertasi il 7 ottobre diventa uno spartiacque geopolitico permanente. Sul quale sembrano fare affidamento Russia e Cina. Si aspettano di coglierne i benefici: distrazione di Usa ed Europa dalla guerra in Ucraina e rafforzamento politico e economico nel mondo arabo. Mosca e Pechino non hanno bisogno di soffiare sul fuoco. Ci pensano altri. Se fra questi c'è Teheran, il rischio di guerra regionale è altissimo.
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