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    STIAMO QUI A PARLARE DI QUOTA 100 E C’È UNA GENERAZIONE CHE LA PENSIONE NON LA VEDRÀ NEMMENO CON IL BINOCOLO - SECONDO TUTTE LE PROIEZIONI DEGLI ULTIMI ANNI I NATI DOPO 1980 RISCHIANO DI DOVER LAVORARE FINO AI 73 ANNI. TUTTA COLPA DELLA PRECARIETÀ: CON LAVORI SALTUARI E POCO RETRIBUITI, I GIOVANI NON RIESCONO AD ACCUMULARE UN MONTANTE CONTRIBUTIVO SUFFICIENTE. ANCHE A QUESTO SERVE IL RISCATTO GRATUITO DELLA LAUREA PROPOSTO DA TRIDICO…


     
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    1 - I NATI DOPO IL 1980 IN PENSIONE A 73 ANNI

    Estratto dell’articolo di Fabio Savelli per www.corriere.it

     

    PENSIONE PENSIONE

    Tutte le proiezioni degli ultimi anni (tra le più apprezzate quelle dell’esperto di previdenza, e compianto, Stefano Patriarca) hanno più volte rilevato come i nati dopo il 1980 rischiano di andare in pensione a 73 anni.

     

    Per questo quattro anni fa l’allora sottosegretario all’Economia, del Pd, Pier Paolo Baretta provò a rilanciare il tema salvo dover fare dietrofront anche per le divisioni interne al suo partito che la ritenevano una misura iniqua per una fetta esigua della popolazione con maggiori possibilità economiche. Tridico invece ritiene che sia sostenibile: fonti Inps lo calcolano intorno ai 4 miliardi all’anno.

     

    TUTTE LE STRADE CHE PORTANO ALLA PENSIONE TUTTE LE STRADE CHE PORTANO ALLA PENSIONE

    Pensa ai laureati dal 1996 in poi, quando entrò in vigore il contributivo che ha agganciato l’assegno pensionistico all’entità dei contributi versati. Il numero uno Inps si dichiara a favore del salario minimo. Un tema divisivo tra i sindacati perché lo ritengono il grimaldello per smontare la contrattazione collettiva. Ma Tridico lo ritiene necessario perché «si rivolge soprattutto ai giovani. Salari congrui riducono anche l’emigrazione». Sarebbero due milioni i lavoratori a 6 euro netti l’ora «Intollerabile».

    AUDIZIONE DI PASQUALE TRIDICO SUL BONUS AI PARLAMENTARI AUDIZIONE DI PASQUALE TRIDICO SUL BONUS AI PARLAMENTARI

     

    2 - PENSIONI, QUOTA 102 E 104, RISCATTO DELLA LAUREA GRATUITO: TUTTE LE IPOTESI IN CAMPO

    Leonardo Comegna per www.corriere.it

     

    Il «cantiere» delle pensioni

    Per superare lo scoglio del cosiddetto «scalone» che si produrrebbe con la fine della pensione «Quota 100», sul tavolo ci sono numerose proposte. Entra così nel vivo la discussione sulla Manovra da 25 miliardi che il governo presenterà a Bruxelles. Dove resta comunque il nodo dell’uscita anticipata dal lavoro. Una delle proposte avanzate (la più autorevole, a quanto pare) è quella di «Quota 102». Ma andiamo con ordine.

     

    pensione 1 pensione 1

    Addio Quota 100

    Da gennaio 2022, terminata la sperimentazione della pensione anticipata con la Quota 100, tornerà, come detto, lo «scalone» anagrafico che, dai 62 anni di età e 38 di contributi, impone bruscamente un minimo di 67 anni di età per la pensione di vecchiaia e almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne) per quella anticipata.

     

    L’idea di Quota 102

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    Nel «Documento programmatico di bilancio» (qui il testo), gli interventi in materia pensionistica tendono ad assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il «regime ordinario». La via potrebbe passare attraverso una transizione rapida di due anni, offrendo per il 2022 la possibilità di uscita con 64 anni d’età e 38 anni di contribuzione ai lavoratori in parte o totalmente «retributivi». In soldoni, si tratta di una Quota 102 di fatto (per i soggetti interamente contributivi e che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 è già previsto un canale di pensionamento anticipato con 64 anni) e che nel 2023 si trasformerebbe in Quota 104 dodici mesi prima, per poi tornare 2024 alla riforma Fornero.

     

    La proposta dell’Inps: pensione a 63 anni

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    Anche altre opzioni sono state esplorate, compreso il cosiddetto «Ape contributivo». Ossia la proposta del presidente dell’Inps Pasquale Tridico, di consentire l’uscita anticipata da 63/64 anni con una penalizzazione dell’assegno fino al raggiungimento dei 67 anni. In pratica, ai lavoratori appartenenti al sistema misto verrebbe garantita la possibilità di accedere intorno ai 63/64 anni a una prestazione di importo pari alla quota contributiva maturata alla data della richiesta. Per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Proposta bocciata sia dalla Lega che da tutte le organizzazioni sindacali.

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    Questione di soldi

    A Palazzo Chigi si è subito chiesto quale sarebbe l’impatto di Quota 102 sui conti pubblici. Probabilmente più limitato rispetto a quello avuto da Quota 100 (oltre 340 mila persone in pensione fino allo scorso agosto con una spesa di 18,8 miliardi), perché di fatto continua ad escludere chi era rimasto escluso già da Quota 100 per età.

     

    Mentre include solo coloro che non hanno potuto approfittare della misura sperimentale perché non avevano contributi sufficienti. La platea di coloro che avrebbero i requisiti è di circa 50 mila lavoratori, ma naturalmente saranno i singoli a decidere se andare in pensione o meno prima dell’età di vecchiaia e quindi il numero effettivo degli utilizzatori potrebbe essere più basso.

     

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    Quota 104, invece, risulta essere più restrittiva. Insomma, si rischia di fare i conti senza l’oste, dato che dipenderà molto se sarà libera o con una base minima di età e contributi raggiunti. Ad ogni modo, il vero problema, che i sindacati hanno già sottolineato, è che Quota 102 e 104 sarebbero soluzioni pensionistiche «per pochi». E occorre evitare di ricreare il fenomeno dei famosi «esodati».

     

    L’Ape social, Opzione donna e il contratto di espansione

    Sul tavolo resterebbero altri nodi da sciogliere, come l’ampliamento a nuove categorie dell’Ape social, la proroga di Opzione donna e anche l’eventuale ampliamento del contratto di espansione. E cioè l’uscita anticipata dal lavoro fino a 5 anni prima dal momento in cui si maturano i requisiti di legge (67 anni o 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, uno in meno per le donne). Per non parlare della questione dell’adeguamento (22 milioni di interessati) all’inflazione degli assegni in essere.

     

    Riscatto della laure gratis: tutti d’accordo

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    Tutti d’accordo sulla proposta Inps sul riscatto della laurea gratuito. Il cui costo si stima in 4-5 miliardi l’anno. La misura, però, comporterebbe anche benefici. Incentiva il giovane e contribuisce all’aumento delle skill in un Paese dove il tasso dei laureati è tra i più bassi dell’Ue. Pareggerebbe, inoltre, una sorta di discriminazione che potrebbe denunciare chi resta di più tra i banchi di scuola, rispetto all’ingresso nel mercato del lavoro.

     

    PASQUALE TRIDICO - ILLUSTRAZIONE DI EMANUELE FUCECCHI PER TPI PASQUALE TRIDICO - ILLUSTRAZIONE DI EMANUELE FUCECCHI PER TPI

    Oggi chi vuole riscattare gli anni di studio ha a disposizione il riscatto «agevolato» che varrà anche nel 2022. La norma prevede che si possano riscattare, tranne alcune eccezioni, gli anni degli studi universitari a fini pensionistici senza limiti di età. A patto però di non avere versato contributi prima del 1996. In sintesi, è possibile riscattare fino a 5 anni di università, a un costo parametrato alla retribuzione, ma agevolato e che in media si è attestato attorno a 5.200 euro per anno di studio. Una spesa per lo Stato, ha sottolineato Tridico, che però metterebbe l’Italia sullo stesso piano di Paesi come la Germania, dove il riscatto gratuito è possibile anche per due anni delle scuole superiori.

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