Alessandra Necci per il Messaggero - Estratti
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«La bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; voltando e percotendo li molesta Intesi ch'a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, che la ragione sottomettono al talento quel fiato li spiriti mali di qua, di là, di giù, di su li mena; nulla speranza li conforta mai, non che di posa, ma di minor pena per ch'io dissi: «Maestro, chi son quelle genti che l'aura nera sì castiga?».
«La prima di coloro di cui novelle tu vuo' saper fu l'imperadrice di molte favelle. A vizio di lussuria fu sì rotta, che libito fé lecito in sua legge, per tòrre il biasimo in che era condotta. Ella è Semiramis, di cui si legge, che succedette a Nino e fu sua sposa: tenne la terra che l Soldan corregge».
Così, nel canto V dell'Inferno, Dante descrive il luogo tenebroso e flagellato dal vento in cui scontano la pena "i peccator carnali", i lussuriosi che hanno fatto prevalere gli istinti sulla razionalità. In base alla legge del contrappasso, la bufera che trascina qua e là gli spiriti rimanda al disordine, alla perenne tempesta dei sensi nella quale hanno vissuto sulla terra. E le anime - a volte morte d'amore, o per troppo amore - non possono sperare in una breve tregua, né in una attenuazione della pena.
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Fatta questa introduzione, Dante chiede a Virgilio chi siano quegli spiriti. Questi nomina alcuni personaggi famosi, additando per prima la regina Semiramide, che tratteggia a tinte fosche. Costei - dice - era così lussuriosa da aver emanato una legge per rendere lecita la libido, autorizzare ogni tipo di piacere, in maniera da non essere oggetto di biasimo. Semiramide è stata la moglie di Nino - prosegue il poeta latino - poi alla sua morte ne ha preso il posto, regnando su Babilonia, che al tempo di Dante è dominata dal "Sultano".
Con questi versi celebri, ma di assoluta condanna, l'Alighieri tratteggia la sovrana assiro-babilonese, sposa del fondatore di Ninive.
Poco importa che sia stata un'ottima politica e guerriera: la sua licenziosità basta a condannarla.
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Non è più indulgente Giovanni Boccaccio, che nel De mulieribus claris fa riferimento all'inestinguibile sete di piacere della donna la quale, appagata la passione, farebbe uccidere i suoi amanti. Inoltre, si è macchiata di incesto con il figlio.
La biografa Christine de Pizan, di cui abbiamo scritto su queste pagine, è più obiettiva: ne "La Città delle Dame" del 1405 narra le gesta di molte signore virtuose, fra cui include Semiramide. E dice che "fu una donna d'immenso valore e gran coraggio nelle imprese e nell'esercizio delle armi". Temutissima come guerriera - prosegue Christine - Semiramide mosse guerra all'Etiopia, poi partì per l'India. Inoltre, "fece ricostruire e consolidare la città di Babilonia".
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Dove sia la verità, è difficile saperlo. Perché la bella e intelligente signora è prima di tutto una figura mitica, che tuttavia si ricollega a una donna realmente esistita, l'assira Sammu-ramat. Che è stata moglie del sovrano Shamsi-Adad V e poi reggente per il figlio Adad-Nirari III. Siamo in Assiria, fra il IX e il VIII secolo a.C. Sammu-ramat ha avuto un ruolo politico ineguagliato nella Mesopotamia, perché mai nessuna aveva avuto un simile potere prima. È naturale che affascini contemporanei e posteri, nutra le cronache, sia al centro di narrazioni e leggende.
Autori greci e latini riprendono la sua storia e cominciano a indicarla come "Semiramide". Erodoto la descrive come forte e determinata, capace di scendere in battaglia e conquistare la Media, l'Egitto e l'Etiopia. Ma anche realizzare "opere di pace", infrastrutture come le mura di Babilonia e i giardini pensili, una delle sette meraviglie.
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