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    STRANIERI IN PATRIA - PANZA: LA PROSSIMA EDIZIONE DELLA BIENNALE SI TERRÀ DAL 20 APRILE AL 24 NOVEMBRE 2024 A VENEZIA E SARÀ CURATA DAL BRASILIANO ADRIANO PEDROSA – LA RASSEGNA SI CONCENTRERÀ SUGLI STRANIERI E SARÀ IN CONTINUITÀ CON QUELLE DI CECILIA ALEMANI E LESLEY LOKKO, OVVERO TESA A DAR VOCE ALLE MINORANZE "STRANIERE" (DONNE, NERI, EMIGRANTI, LGBTQ+..) CHE NEGLI AMBIENTI COLTI SI SONO TRASFORMATE IN MAGGIORANZE ESCLUDENTI ED ESCLUSIVE. MA PEDROSA HA DECISO DI AGGIUNGERE ALL’ELENCO UN CORRETTIVO: LO STRANIERO IN PATRIA…


     
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    Estratto dell'articolo di Pierluigi Panza per il Corriere della Sera

     

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    Con quella faccia da straniero, nel 1969 Georges Moustaki vinse a Venezia la Gondola d’oro. I tempi sono passati e ora è il critico d’arte brasiliano Adriano Pedrosa ad aver intitolato la sua 60ª Biennale di Venezia (20 aprile - 24 novembre 2024) Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere , prendendo il titolo da opere realizzate nel 2004 dal collettivo «antirazzista» parigino Claire Fontaine (che ha base a Palermo). Auguriamo anche a lui, che dirige a San Paolo il celebre museo progettato da Lina Bo Bardi, di poter distribuire «Leoni d’Oro» che resteranno nella memoria collettiva quanto il «vagabondo giunto su una nave abbandonata» del cantautore greco. Ma, primo interrogativo, che tipo di étranger metterà in scena la mostra?

     

    ADRIANO PEDROSA ADRIANO PEDROSA

    Pedrosa afferma che la sua Biennale sarà in continuità con quelle di Cecilia Alemani e Lesley Lokko, ovvero tesa a dar voce alle cosiddette minoranze «straniere» (donne, neri, emigranti, Lgbtq+...) che negli ambienti «colti» si sono trasformate in maggioranze escludenti ed esclusive. Ma Pedrosa, per fede o per fiuto, ha deciso di aggiungere all’elenco un «correttivo»: lo straniero in patria.

     

    Agli stranieri della diaspora africana, agli immigrati, agli artisti queer…, Pedrosa aggiunge anche, nella categoria delle minority, dei nuovi-vecchi «stranieri»: gli outsider e coloro che, nati in un luogo, sono restati saldamente attaccati all’espressione identitaria della propria comunità, diventando oscuri seguaci di Herder e di Ruskin. La prima figura di neo-straniero introdotta da Pedrosa corrisponde, sostanzialmente, all’ underdog , al «nemo propheta in patria»; e fin qui ci siamo.

     

    La seconda, però, credo sarà pescata, ancora una volta, tra le minoranze che destano fascino estetico nella società mainstream , quindi non il calzolaio di Vigevano bensì gli artisti sami scandinavi o i guarani kaiowá del Mato Grosso, che realizzano quegli oggettini «tanto carini, signora mia!».

     

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    «Nell’odierna crisi multiforme — spiega Pedrosa — l’espressione straniero ha un duplice significato: ovunque si vada ci saranno sempre stranieri e, indipendentemente dal luogo, si è sempre stranieri dentro». La Biennale esporrà, dunque, artisti viaggiatori, apolidi, emigrati, rifugiati, disforici, queer… l’artista bandito dalla comunità, «i neri di tutto il globo» in continuità con Alemani e Lokko, ma, in aggiunta, anche l’artista outsider, l’autodidatta e l’artista folk, ovvero l’indigeno legato alla propria terra d’origine. Come stranieri-apolidi e autoctoni-radicati possano offrire una unitaria traiettoria d’arte appare ancora poco chiaro, ma vedremo.

     

    Forse, l’unitarietà d’intenti non è nemmeno richiesta.

    «La rassegna non sarà divisa in specifiche sezioni — racconta Pedrosa —, ci saranno solo quelle per mostrare l’avventura del Modernismo in America Latina, Africa e Asia, ovvero il Modernismo del Sud globale del mondo che è rimasto spesso sconosciuto, anche perché il Modernismo europeo si è intrecciato con il colonialismo»; e qui torniamo alle consuete tesi di Edward Said. Una sezione sarà dedicata alla diaspora degli artisti italiani che hanno costruito le loro carriere all’estero, specie in Brasile e Argentina.

     

    cicutto pedrosa cicutto pedrosa

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    La scelta di Pedrosa ha ricordato il presidente della Biennale, Roberto Cicutto, «è emersa dopo una intensa ricerca con persone tutte con professionalità eccellenti. Pedrosa si è contraddistinto per l’innovazione delle mostre da lui curate, che sono state un modello per altre esposizioni in tutto il mondo». Bisogna cambiare il punto di vista, anche geografico, con il quale osservare l’arte: «Nell’arco di 128 anni dalla prima Biennale non c’era mai stato un curatore dell’America Latina e solo nel 2015 uno africano. Pedrosa ha sviluppato uno sguardo globale su artisti di culture e mondi diversi che hanno mantenuto la loro cultura di origine».

    adriano pedrosa adriano pedrosa

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