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    STREGATI/5 - PIÙ CHE IL PREMIO STREGA SEMBRA IL GIOCO DEI TAROCCHI: IL GGGIOVANE SCRITTORE (GENOVESI), IL CARTOONIST (ZEROCALCARE), IL CANTANTE CHE SCRIVE (VINICIO CAPOSSELA), LA SCRITTRICE NASCOSTA (ELENA FERRANTE)… NELL’ATTESA CHE ARRIVINO ANCHE NANI E BALLERINE POTEVA MANCARE, LA FEMMINISTA MARINA MIZZAU?


     
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    Marina Mizzau, «Se mi cerchi, non ci sono» (Manni).

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    Più che il Premio Strega sembra il gioco dei tarocchi. Messa brutalmente alla porta letteratura, ciascuno dei 400 addormentati della domenica può calare, ogni giorno, il suo tarocco: il gggiovane scrittore (Fabio Genovesi), il cartoonist (Zerocalcare), il cantante che scrive (Vinicio Capossela), la scrittrice nascosta (Elena Ferrante)… Nell’attesa che arrivino anche nani e ballerine poteva mancare, in questo circo Barnum, la femminista?

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    Per fortuna ci hanno pensato Umberto Eco e Angelo Guglielmi a tirar fuori il nome di una loro vecchia collega del Dams, una delle università che ha contribuito ad aumentare la disoccupazione nel Paese. Una segnalazioncina per una vecchia amica, quella di Eco, una cosa minima, adeguata ai tempi dell’ex ministro Lupi. E così la sua candidata è diventata Marina Mizzau con «Se mi cerchi, non ci sono» (Manni).

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    Mizzau è stata una delle fondatrici del Dams, docente di psicologia della comunicazione, studi accademici alle spalle tipici di quel clima, oscillanti tra Roland Barthes, dialogismo, eteronomia, discorso dell’altro e cose che oggi sembrano dell’altro mondo. Il suo saggio più cattedratico, “Tecniche narrative e romanzo contemporaneo”, è giusto giusto di 50 anni fa.

     

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    I suoi temi? Nel ’76 su “Quaderni di studi internazionali sulla donna” per Donna Woman Femme pubblica un saggio sul racconto “La mite” sostenendo che anche Dostoevskij va letto in “termini di dominio-subordinazione, poiché il nodo della comunicazione impossibile tra l’uomo e la donna consiste precisamente nel fatto che il loro rapporto è deformato e falsificato dal potere”.

     

    Il successivo «Come i delfini» (1988, Essedue edizioni), ha un circuito diffusionale interno alle librerie femministe, come il Circolo culturale “Librellula”. Il saggio “E tu allora? Il conflitto nella comunicazione quotidiana” (Mulino, 2002) è all’origina della deformazioni linguistica contemporanea dovuta al politically-correct: si dice presidente o presidentessa?

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    Avvocato o avvocatessa? Segretaria dell’Onu o segretaria non va bene e si usa segretario anche se è una femmina? Per Miazzu, anziché utilizzare il maschile “generico”, preferisce utilizzare in modo casuale il femminile e il maschile riferendosi agli attori dei dialoghi e questo è aspetto “è particolarmente rilevante nella comunicazione – scrive - perché porta a riflettere sul perché utilizzando il maschile si crea un effetto neutro, mentre parlando al femminile sembra quasi voler porre l’accento proprio sul fatto che il soggetto in questione è una donna”.

     

    Ne “Il silenzio dei pesci” (Manni, 2003), secondo alcuni si ritrova l’ironia di Achille Campanile (difficile). In “L’ostrica”, il protagonista è ossessionato dal mangiare le ostriche in un caffè parigino circondato di quattro di loro, champagne e tre primedonne. Alla fine soffoca sull’ostrica.

     

    In “Fragole e fanghi” ogni ospite di un hotel di lusso è lo stereotipo dell’aristocratico. Gli ospiti solo mangiano i piatti costosi in porzioni piccolissime: “una bella fogliolina”, “pattatina”, “gelatino”, “antipastino”, “quagliette”. C’è una donna che ha mangiato solo alghe per dieci giorni.

     

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    Conclusione: “L’aristocratica sembrava esitare di fronte al piatto di dolci. La governante la rassicurava: ma se mangiava sempre come un uccellino. Non resistette, nel dire le ultime parole, a guardarsi intorno e incontrò lo sguardo dell’osservatrice: alzò gli occhi al cielo in una mimica di sfinitezza”.

    Una presenza alla memoria quella di, o della Miazzu: formidabili, però, quegli anni!

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