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    “STRISCIA” ATTACCA ANCORA IL 'DIVO CLAUDIO': NELLE 4230 PAROLE DELL’INTERVISTA DI VELTRONI SU 'SETTE' NEMMENO UN ACCENNO ALLE DECINE DI SCRITTORI E POETI CHE ALI BA-BAGLIONI, COME FIGURINE, HA COLLEZIONATO NELLA SUA LUNGA CARRIERA. DA PASOLINI A WILDE, TUTTI HANNO VERSATO IL LORO TRIBUTO ALLA “CAPACITÀ CREATIVA” DEL CANTANTE - LA RIVELAZIONE DI BAGLIONI: "ALL’INIZIO DELLA MIA CARRIERA ARRIVAVO SEMPRE ULTIMO. UNA VOLTA ACCAREZZAI PROPOSITI INQUIETANTI" - VIDEO


     
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    Riceviamo e pubblichiamo da Striscia La Notizia

     

    Caro Dago, 

    ANTONIO RICCI ANTONIO RICCI

    scrivo in nome e per conto del Gabibbo, costretto in un letto d’ospedale dopo che, nonostante il parere dei medici e con la glicemia post natalizia già alle stelle, il nostro ha provato a leggere su Sette l’intervista che l’ex re delle figurine, il buonista in servizio permanente WuolterVeltroni, ha estorto ad Ali BaBaglioni. Un micidiale concentrato di fuffa talmente zuccherina che poteva risultare fatale al pupazzone rosso. 

     

    baglioni baglioni

    Nello scontro titanico tra il distributore di melassa e l’utilizzatore seriale di belle frasi altrui, accoccolati affettuosamente sulle pagine dell’inserto rizzoliano, non c’è naturalmente nemmeno un accenno alle decine di scrittori, poeti e autori che Baglioni, come figurine, ha collezionato nella sua lunga carriera. Da Pasolini a Garcia Lorca, passando per Evtushenko, Borges, Prevert, Kerouac e Wilde, tutti hanno versato il loro tributo alla “capacità creativa” del cantante romano, come ampiamente documentato dalla serie ZiBaglione mandata in onda da Striscia la notizia in questi mesi.

    antonio ricci antonio ricci

     

    Le quattromiladuecentotrenta parole dell’intervista di Sette(contate!) riescono quasi a farci rimpiangere i tempi di Anima Mia. Cambiano gli interpreti oggi Veltroni, ieri Fabio Fazio, ma non la zuccherosa sostanza Ecco cosa scrisse nel 1998 Antonio Ricci a proposito di Fazio e Baglioni nel libro Striscia la tivù: 

     

    “Un vera e propria operazione di revisionismo e di mistificazione è avvenuta con Anima mia: gli anni 70, gli Anni di Piombo, sono stati stravolti e cancellati sotto tonnellate di melassa e buonismo veltroniano. Cardine della rilettura, la mitizzazione del cantante Claudio Baglioni: dopo lifting facciale anche quello dell’anima. Trasformare Baglioni, uno che dai suoi pori ha sempre sudato Baci Perugina, in una specie di sofferto intellettuale di sinistra deve aver dato a Freccero lo stesso abisso di goduria che provo io quando penso che il Gabibbo è diventato il giornalista più credibile d’Italia.

    FABIO FAZIO CLAUDIO BAGLIONI ANIMA MIA FABIO FAZIO CLAUDIO BAGLIONI ANIMA MIA

     

    Impensabile, quasi sacrilego, vedere Baglioni che canta il Pueblo unido insieme agli Inti Illimani, mentre all’epoca del golpe in Cile sospirava “accoccolati ad ascoltare il mare”. Verso osceno che ha fatto illanguidire giovanissimi non in grado ancora di intendere e volere, ma soprattutto ha fatto “accoccolare” i fasci più ribaldi, come La Russa, Gasparri e Storace, che giustamente si sono ribellati quando con l’operazione Anima miala Sinistra gli ha scippato l’aedo.

     

    FABIO FAZIO CLAUDIO BAGLIONI ANIMA MIA FABIO FAZIO CLAUDIO BAGLIONI ANIMA MIA

    Squittiva Fabio Fazio: “Mitico, mitico, mitico! Incredibile, il grande Claudio ci ha cantato Heidi”. Io mi sarei stupito e anche divertito se a cantare Heidi fosse stato Fabrizio De André. Baglioni e Heidi sono per me assolutamente omologhi: una ha le caprette che fanno ciao, l’altro il passerotto non andare via. 

    Buon anno, besughi

    La glicemia del Gabibbo

     

     

    «SALIRE SUL PALCO ERA COME ANDARE AL PATIBOLO»

    Walter Veltroni per “Sette – Corriere della Sera”

    baglioni imita costanzo baglioni imita costanzo

     

    Claudio Baglioni, sta per uscire un tuo nuovo brano, assai bello. Si chiama Gli anni piu belli e sara la musica dei titoli del nuovo, omonimo, film di Gabriele Muccino. Quali sono stati gli anni piu belli?

    «In questo caso anni e un sinonimo di istante. Sono momenti, quelli integralmente belli. Dall’ orologio placcato oro regalato per la prima comunione alla prima macchina, la due cavalli sognata per tanto tempo, che doveva esse- re una specie di cavallo da cavalca- re verso un’ipotetica liberta... Gli “anni piu belli” li conservo come attesa, come conseguimento e poi come rimpianto.

     

    Dovendoli configurare in un tempo preciso della mia vita gli anni belli sono intorno ai diciassette, vent’anni, quelli del passaggio a un’altra categoria umana, quando si cresce, si diventa adulti e autonomi. E poi c’e il giorno piu bello che e qua si sempre quando ci si mette alle spalle qualcosa che e stato una tribolazione, per esempio un lavoro, oppure un processo sentimentale piuttosto complicato. Il giorno dopo una fatica o un successo e il piu bello».

    conferenza stampa striscia la notizia 2019 1 conferenza stampa striscia la notizia 2019 1

     

    In questa canzone c’e nostalgia per un tempo che ti sembra si sia perduto?

    «Se si vive un buon presente si guarda volentieri anche al proprio passato, e una nostalgia non do- lorosa, una nostalgia anche ammiccante, piacevole compagna, amica. E una mistura strana tra il ricordo di quello che e stato e la coscienza che qualcosa, sempre, puo ancora accadere. Gli anni piu belli in fondo potrebbero essere quelli che sono ad est, quelli che stanno sorgendo».

     

    Come e stato l’incontro con Muccino, che ha anche girato il video che accompagna il suo brano?

    baglioni berte' sanremo quarta serata baglioni berte' sanremo quarta serata

    «Molto bello. Il suo film ha come protagonista lo scorrere del tempo. E una storia che lega, attraverso quattro vicende di ragazzi amici, la grande storia e quella dei singoli individui. Il brano gli e molto piaciuto e credo che, per il testo e l’atmosfera, si leghi bene al sentimento del film. Che si ritrova anche nel video della canzone».

     

    C’e qualcosa che ti spaventa o ti preoccupa di questo tempo storico?

    «Mi spaventa la misurazione bulimica del tempo. Il tempo non ha piu tempo. Ha sempre meno tempo il tempo, corre via con una velocita esagerata. O almeno noi lo facciamo correre, siamo in affanno rispetto al suo passo, alla sua marcia e la cosa che mi fa paura e non entrare piu dentro le cose, cioe non riuscire piu ad approfondire nulla. Mi sembra che viviamo il rischio di separarci dall’analisi, dalla riflessione, che tutto venga vissuto in un turbine incomprensibile, venga portato via in un lampo.

    baglioni venditti baglioni venditti

     

    Lasciandoci, come unico spazio, la superficie. E come quando guardiamo il mare, che non finisce dove il nostro sguardo finisce. Il mare e profondita, e mistero, e scoperta. E poi mi spaventa anche il troppo, tutto e troppo pieno e si finisce col togliere il fascino e il desiderio del viaggio. Ovunque c’e qualcosa che ti sovrasta e ti sazia, apparentemente ti sazia. La massa di informazioni, la possibilita di arrivare subito a tutto e inebriante, ma confonde e fa smarrire. Il nostro bene piu prezioso e il tempo. Non esiste un negozio del tempo, dobbiamo amministrarlo bene da soli».

     

    Pensando a questo momento della storia ti viene piu da dire Io sono qui o Voglio andar via?

    baglioni baglioni

    «Mah, forse sono ancora affascinato dal “Voglio andar via”. Lo ero da ragazzo e torno ad esserlo. Ad un certo punto “Io sono qui” mi sembrava un atteggiamento importante, responsabile, ma- turo, coraggioso. Pero il “Voglio andar via” e la ricerca dell’altrove che fornisce senso e coraggio, da da vivere. E l’idea che c’e un altro posto, ci sono altre, nuove, cose da sapere, ci sono altri panorami da guardare. In questo momento sarei di nuovo sul “Voglio andar via”».

    claudio baglioni claudio baglioni

     

    Accompagnerai questo disco nuovo con una serie di concerti a Caracalla, una forma abbastanza particolare.....

    «Nel mondo di oggi si cerca, tutti, di essere un po’ consolati. E il rifugio per le insicurezze del nostro tempo. Il mio bene rifugio e la canzone, la musica in genere, lo scrivere parole, suonare, fare spettacolo. Non so come sia successo che io abbia avuto successo. Ma e successo. Da decine di anni. Forse perche non ho mai smesso di voler imparare, di cercare e di scoprire.

     

    Questo concerto di musica e parole cerca di fermare le lancette del tempo, un modo per ringraziare chi mi e stato vicino e un modo per scoprire che cosa e ancora la musica, quali sono i territori, le emozioni, le suggestioni che suonare e cantare possono produrre nelle persone. Suonero piu volte nello scenario di Caracalla, non in uno stadio e questo mi consentira un rapporto piu ravvicinato, quasi fisico, con il pubblico. Ci saranno brani nuovi e quelli della mia storia. Un viaggio nel tempo, avanti e indietro».

     

    Prova ad immaginare due concerti, uno di quando hai cominciato e uno di ora: com’e cambiato il pubblico e come sono cambiati i tuoi occhi su quel pubblico?

    antonio ricci antonio ricci

    «Il pubblico e cambiato. Ho la sensazione che il pubblico via via stia sparendo per essere sostituito da un insieme di persone che sono un po’ piu protagoniste della serata. C’e meno divisione di gerarchia tra palco e platea, lo si vede da alcuni atteggiamenti palesi come, per esempio, una minore attenzione a quello che succede sul palco, e una voglia di catturarlo come se fosse un safari.

     

    virginia raffaele claudio baglioni michelle hunziker virginia raffaele claudio baglioni michelle hunziker

    Nel senso che l’acquisizione della serata, dell’avvenimento, dell’evento, viene sempre meno vissuta con una emozione piena e libera ma viene fatta con un telefono, con un tablet, o addirittura con la condivisione, in quello stesso momento, di quello che sta accadendo con qualcun altro che sta lontano. Il concerto e un’occasione, piu che una esperienza emotiva. Siccome il tempo scappa via dobbiamo guardare qualcosa solo per commentarla, sottolinearla, criticarla, sbeffeggiarla».

     

    E in te?

    antonio ricci antonio ricci

    «Innanzitutto io sono un po’ meno terrorizzato che all’inizio: per me salire il gradino del pal- co era come andare al patibolo, non solo in termini di paura, ma di responsabilita. Adesso sento la responsabilita di far bene, di rispondere a quella reputazione che mi sono fatto nel tempo ed essere comunque in sintonia con chi mi sceglie, mi dedica tempo, sottraendosi alla fruizione solitaria. Uscendo di casa, comprando un biglietto. E un atto di fiducia all’altezza del quale bisogna essere.

     

    claudio baglioni abbioccato claudio baglioni abbioccato

    E questa la responsabilita che sento oggi. Sono meno intimorito, ho dovuto imparare a non essere timido. Io non ero fatto per un mestiere pubblico, per essere un personaggio pubblico, tant’e che quando non sono nel ruolo, quando non sono in divisa, io scapperei. Esco poco di casa, passo rasente i muri, metto degli occhiali scuri perche non ho il fisico del ruolo e neanche la psicologia del personaggio pubblico che e sempre eucaristico, si deve sem- pre dare, si deve offrire. Sono un cantante timido. Forse una stranezza, in questo tempo spavaldo».

     

    Tu sei figlio di un carabiniere e di una sarta, nasci a Montesacro, poi ti sposti a Centocelle. Ricordi il tuo primo impatto con la musica?

    «La prima cosa di cui ho memoria abbastanza netta e quando mio padre venne trasferito per comandare una stazione dei Carabinieri a Posta, un paesino in provincia di Rieti, nel profondo centro.

    antonio ricci antonio ricci

     

    Accanto alla caserma c’era una trattoria. Mi hanno raccontato dopo che un giorno, avevo cinque o sei anni, ero scomparso dalla vista dei miei che mi ritrovarono poi nell’oste- ria. Io, seduto in piedi su una sedia, cantavo La casetta in Canada. Fui retribuito con un’aranciata, butta via.... Io non volevo fare il cantante, devo il mio successo alla determinazione di mio padre e mia madre che erano molto piu convinti di me. Io me la tiravo un po’, dicevo che era solo un hobby. Quando dicevo queste cose mio padre mi rinfacciava sempre il fatto che io, da piccolino, quando c’era una riunione con tante persone gli andavo a tirare i pantaloni dicendo “Papa annunciami, che io ora devo cantare”».

     

    Alla faccia della timidezza!

    claudio baglioni paolo zaccagnini claudio baglioni paolo zaccagnini

    «Infatti non capisco, e come se ci fosse un mostro dentro di me. Come Jekyll e Hyde. Poi tutto que- sto si perde nella notte dei tempi. Ricordo pero che cantavo quando andavamo dai parenti umbri dei miei. Infatti quando andavamo li ci regalavano frutta, ortaggi.

     

    A volte pero anche degli animali vivi, da consumare tornando in citta. Ma non si potevano portare sui treni e allora mio padre e mia madre, per non far sentire la gallina, cantavano sempre, durante il viaggio, e io con loro. Insomma ho imparato a cantare sui treni per evitare che il controllore scoprisse la gallina nascosta. Verso i miei tredici anni, nel condominio dove vivevo, tutti avevano un complessino beat. Un mio amico si iscrive al festival di Centocelle dove per la prima volta facevano un festival di voci nuove dedicato al santo patrono, San Felice da Cantalice. Decido di partecipare anch’io. Mia madre mi prepara per quella occasione, mi veste come un confetto, pantaloni celesti e camicia rosa. Io mi presento cosi sul palcoscenico della piazza, a Centocelle, proprio il modo giusto per presentarsi.

     

    ANTONIO RICCI ANTONIO RICCI

    Era l’ideale, il dress code piu adatto. Cantai Ogni volta. L’avevo provata mille volte allo specchio, imparando la mossa con la gamba piegata come avevo visto fare da Paul Anka. Un giorno arrivo un mio zio e disse “Ma che fa Claudio?”. Mia madre rispose “Sta provando una canzone di un cantante americano, Paul Anka”. E mio zio fa: “Infatti si vede che muove un po’ l’anca”».

     

    E poi?

    «Un maestro di musica, forse anche interessato che io andassi a lezione da lui, disse a mamma: “Questo ragazzino non e malissimo”. Allora cominciai a prendere lezioni di solfeggio e di pianofor- te. Poi con mio padre andammo a Sora, il paese di De Sica, a compra- re un pianoforte che papa compro facendo un sacco di cambiali e poi porto a casa, a Centocelle».

     

    E il primo disco che hai comprato te lo ricordi?

    «Forse uno di Celentano, e poi Morandi, con il quale avrei poi fatto una tournee, e Rita Pavone. I dischi che, in quel momento, erano nelle case di tutti gli italiani».

     

    Dove li sentivi? Avevi un mangiadischi o un giradischi?

    «Una fonovaligia Lesa di plastica bicolore. Lesa e una marca, non un aggettivo. Un mangiadischi non l’ho mai avuto. Poi, gia da cantante, avevo gli stereo otto che erano quei grandi mattoncini di musica, il primo stereo compatibile».

     

    Il primo contratto?

    antonio ricci antonio ricci

    «Il primo nel ’67, lo firmo mio padre perche non ero maggioren- ne. Mi lasciarono in una specie di incubatrice per 8-9 mesi, poi alla RCA mi fecero fare i primi dischi, pero non si vendevano, tant’e che io avevo ripreso gli studi. Nel frattempo avevo finito, con una fatica indicibile, i testi di Questo piccolo grande amore. Mi sono detto “Faccio questo disco, questo concept album, e lo consegno alla casa discografica, tanto non succedera nulla”. Mi sentivo incompreso. E invece questa specie di testamento musicale, nel giro di due settimane, arrivo in classifica».

     

    Quando ti accorgesti che era cambiato tutto?

    baglioni bisio baglioni bisio

    «Quando, tornando a Porta Portese, sentii Porta Portese nel mercato, in diffusione. E poi, quando mi dissero che ero secondo in classifica, giravo per le strade e guardavo le finestre con le persiane chiuse e pensavo: “Li dentro forse c’e qualcuno che mi conosce”. E strano passare dalla condizione di persona comune a quella di persona che ha una certa notorieta. Tutto successe all’improvviso.

     

    Non avevo fatto nemmeno troppa gavetta, anche se dopo quel concorso di voci nuove ne ho fatti altri tre o quattro dove arrivavo quasi sempre ultimo. Ricordo che fu cosi al Disco per l’estate del 1970 con La valigia blu, e poi alla Gondola d’argento di Venezia. Dovevo vincerla e invece arrivai ultimo. La giuria era costituita dalla ciurma di una nave che stava in laguna. La sera dei risultati accarezzai propositi inquietanti, vedevo le acque limacciose di Venezia, e pensavo: “Adesso mi butto dentro l’acqua perche, prima o poi, dovranno pure capire”».

    rossella barattolo claudio baglioni rossella barattolo claudio baglioni

     

    Che canzone era? Signora Lia?

    «Notte di Natale, una canzone tristissima».

     

    Notte di Natale e una canzone triste. Tu d’altra parte cominci mettendo in musica Edgar Allan Poe. Come ti venne in mente?

    «Io sono cresciuto in periferia, condizione che ho sempre vissuto non solo come geografica ma anche culturale. In sostanza per me l’obiettivo e sempre stato cercare un centro possibile, un posto nel quale venire accettati. In definitiva potersi considerare non piu laterali o marginali ma centrali, poter guardare il resto del mondo girandosi attorno, invece che il contrario. E per questo assumevamo certi atteggiamenti. Pero noi di periferia sbagliavamo sempre: quando abbiamo cominciato a vestirci benino, quelli del centro gia si mettevano il maglione col buco sul gomito.

    antonio ricci 2 antonio ricci 2

     

    Non riuscivi mai ad avere il calendario giusto, eri sempre in differita e quindi automaticamente targato. Un certo tipo di poesia o di cultura, tipo l’esistenzialismo, serviva, nel nostro desiderio di accettazione, a mostrarsi enigmatici e strani. Per questo, in fondo, cominciai ad affascinarmi al senso gotico della vita di Edgar Allan Poe e musicai questo Anna- bel Lee che era appunto una poe- sia , come diceva un mio amico, di “Edgar Allampone”.

     

    Ho ancora le fotografie di quella fase: maglioni neri e occhiali tanto larghi che ci potevi prendere digitale e analogico insieme. Insomma cantavo queste cose devastanti. Credo che in una recensione Fabrizio Zampa o qualcuno de Il Messaggero scrisse “Ad un certo punto e salito sul palco un tale Claudio Baglioni, cantore di cose tristissime e assurde”.

     

    D’altronde io c’ero abituato, alle stroncature. Mio padre cerco di nascondermi una delle mie lacche, uno dei miei primi provini alla RCA. Sul disco Ettore Zeppegno, allora direttore artistico, aveva scritto a caratteri cubitali: “Tan- to questo non fara mai niente”».

     

    Cosa diavolo successe a Roma per produrre una generazione di persone che hanno fatto la storia della musica italiana? E esistita una “scuola romana”?

    claudio baglioni a sanremo claudio baglioni a sanremo

    «La leggenda, anzi la cronaca dice che sia esistita una scuola “romana”, ma a me non risul- ta. C’era il Folkstudio, ma li piu che altro ci si esibiva. A Genova i cantautori si frequentavano. Noi meno. Anche se ricordo che una notte, a casa di Venditti, fondammo una etichetta discografica che doveva un essere cavallo di Troia all’interno della RCA, dalla quale ci sentivamo tutti sfruttati. Pensavamo che la grande industria ci stesse ingabbiando. E con Dalla, De Gregori, Antonello fondammo una etichetta discografica, una specie di Artisti Associati, che si sarebbe chiamata, nelle nostre intenzioni, “L’uovo rotto”.

     

    Nome scelto perche simboleggiava la nascita del pulcino e avrebbe do- vuto rappresentare un movimento contro, anti industriale. Melis, che allora era il patron unico della RCA, lo venne a sapere. Delazione per la quale ognuno ha poi accusato gli altri. Ci chiamo tutti, facendoci un interrogatorio uno per volta e mettendoci uno contro l’altro. A me e a De Gregori disse “Tanto voi ragazzini passate e noi invece restiamo”. Un cazziatone micidiale. E L’uovo rotto e rimasto intero, non si e mai rotto. Oppure si e rotto L’uovo rotto. Frequentazioni tante, anche momenti di amicizia, pero non ricordo nessuna scuola di esperienze comuni».

     

    claudio baglioni e rossella barattolo claudio baglioni e rossella barattolo

    Forse nel fatto che tanti ragazzi, in tante stanze di adolescenti, si sentissero pronti per scrivere canzoni, pesa anche la grande spinta di liberazione dei costumi degli anni Sessanta.

    «Quello sicuramente. Si moltiplicano in quegli anni coloro che si interessano alla musica come primi attori e non solo come ascoltatori, come pubblico, perche l’arrivo dei gruppi mette tanti ragazzi nella possibilita di imbracciare uno strumento e cominciare a raccontare il proprio mondo. Prima la musica o la studiavi dal punto di vista classico o facevi il cantante di canzoni altrui. Improvvisamente il fare musica diventa molto piu diffuso e da un certo punto in poi non c’e solo la ragazza di 13 anni che fa le scale al pianoforte perche vive in una casa borghese, ma un po’ tutti co- minciano a strimpellare e scrivere testi. E anche per l’avvento della chitarra, strumento cosi portabile e poco costoso».

    baglioni favino baglioni favino

     

     Quanto ti e dispiaciuto nel tempo l’esistenza di un pregiudizio che ti relegava in un girone differente, quello dei “leggeri”, distinguendoti da altri colleghi piu “impegnati”? Un pregiudizio che progressivamente si e dissolto. Io, come sai e come scrissi in quegli anni, l’ho sempre trovato il segno di un atteggiamento di distanza da gusti e linguaggi diffusi e popolari.

     «Mi dispiaceva, perche mi sentivo come un po’ menomato dall’etichetta affibbiatami. Io sapevo di non avere un certo tipo di linguaggio, quello in quel momento piu diffuso e apprezzato. Ma avevo un “mio” linguaggio. Lo avevo scelto proprio con l’album concept Questo piccolo grande amore. Mi resi conto che i testi scritti fin li erano dei tentativi di assomigliare agli Edgar Allan Poe del mondo senza averne la cultura, la formazione, senza avere quel ritmo dentro.

    baglioni staffelli tapiro baglioni staffelli tapiro

     

    E dissi “Io che cosa so? Se devo raccontare qualcosa a qualcuno devo farlo usando quello che so, quello che so fare” e cominciai a scrivere con il linguaggio parlato, quello piu da strada, quello piu diretto e fu imperdonabile per molti. E allora questo senso di sottovaluta- zione c’e stato, un po’ mi sentivo il parente povero. Poi nel tempo quella scelta e diventata quasi una mia fortuna. Ho raggiunto, anche grazie al successo e poi agli apprezzamenti critici, quella pace dei consensi che ho accettato. Alla fine posso dire di aver cercato sempre di fare il meglio che potevo e con una certa onesta. Pero si, ne ho sofferto, tant’e che poi, quando cominciammo a frequentarci con gli altri, io ero contento. Mi faceva piacere rientrare in un ambito riconosciuto».

     

    claudio baglioni claudio baglioni

    Delle canzoni che hai scritto quale e quella a cui sei piu legato?

    «Tra le canzoni piu note penso Strada facendo».

     

    Tu hai venduto cinquantacinque milioni di dischi, c’e una canzone italiana scritta da altri che avresti voluto fosse tua?

    «Di quegli anni la canzone che amo di piu e Il nostro concerto di Umberto Bindi, un musicista formidabile, con una sensibilita straordinaria. Le canzoni italiane de- gli Anni 60 hanno una fisionomia definita e artisticamente elevata, piccoli gioielli che durano niente perche sono brani corti, molto semplici.

     

    CLAUDIO BAGLIONI ALESSANDRA AMOROSO CLAUDIO BAGLIONI ALESSANDRA AMOROSO

    Le canzoni italiane di quegli anni hanno una freschezza e una autenticita che ancora oggi senti che e palpabile, vitale. Credo di sapere che dipendesse anche da che tipo di mondo raccontavano: semplice, solare, pieno di passioni e curioso. Oggi invece viviamo un autunno arti- stico, specie per le arti popolari, quelle che si misurano di piu con la contemporaneita. Ma la colpa non credo sia degli artisti, che sono antenne immerse nel suo- no e nelle immagini del proprio tempo».

     

    claudio baglioni anni 80 claudio baglioni anni 80

    Gli appuntamenti a Pantelleria di O’Scia’ sul tema dell’immigrazione, il concerto per Falcone e Borsellino, “Oltre” che gia qualcosa aveva a che fare con la contaminazione dei generi. Cosa sono state queste esperienze per te, nella tua formazione umana e artistica?

    «Allora, quando mi giudico male penso che siano state delle voglie di rivincita. Forse un po’ ci sara stato anche questo senti- mento di riscatto, forse perche quando patisci una certa cosa dici ”Ah si? Ora te lo faccio vedere io”.

     

    C’e una frase che porto con me. E di Melis che, appena uscito Questo piccolo grande amore e il disco successivo, mi chiamo e mi disse “Ma tu per tutta la vita pensi di fare il canzonettaro che si mette li e cerca di scrivere un’al- tra canzone, di arrivare primo in classifica e poi se magari non ci riesce vive la frustrazione dell’insuccesso?” Io allora pensai “Ma che vuole questo?

    fiorello baglioni fiorello baglioni

     

    Ma come: io da sei anni non vedo l’ora di avere successo e adesso lui vuole che faccia altro?” La prima reazione fu dunque di rifiuto ma poi, come bisogna fare, mi chiesi se avesse davvero tutti i torti. Tant’e che ri- mandai il primo tour dove avrei guadagnato dei soldi e la realizzazione di un disco che poi sarebbe diventato E tu perche, avendo progettato un musical tipo Corto Maltese, andavo nei boschi per imparare a lanciare il coltello ne- gli alberi, perche era funzionale allo spettacolo. Da una parte la voglia di continuare a vincere nel mio mestiere e dall’altra l’ambizione di dire che in un percorso lungo tanti anni ero capace di imboccare altre strade.

     

    claudio baglioni 1 claudio baglioni 1

    Quindi nacque Anima mia con Fabio Fazio e la manifestazione di O‘Scia che fu quasi una necessita, per cercare di far sapere che accadevano cose, come l’immigrazione, sulle quali si dormiva un po’, sulle quali non si prendevano in esame anche decisioni e prospettive che sarebbero state dure e difficili e lo sono tuttora. Le mie scelte oltre la musica sono state motivate da questi due sentimenti: rivincita e curiosita».

    baglioni nozze salzano baglioni nozze salzano

     

    Sanremo? Tu non ci sei mai stato da cantante e ne sei diventato il patron. Paradosso della storia....

    «Perche andare a fare Sanremo? Questo festival in definitiva cos’e? E il Festival della canzone italiana. Ma allora vogliamo provare a parlare di canzoni? Quindi e stata un po’ il prendersi la responsabilita di provare a fare un festival, non dico a livello degli altri festival letterari o cinematografici, ma un vero festival di settore. L’altra motivazione e stata capire se il successo che vivo e una botta di culo oppure e qualcosa che ha fondamenta e radici. E andata bene. Ho cercato di essere coerente e di realizzare il progetto di rimettere la musica al centro del festival».

     

    Perche recentemente hai deciso di laurearti? Fa parte della diversificazione delle esperienze?

    baglioni ultimo baglioni ultimo

    «Abito vicino alla facolta dove andavo da ragazzo. E mi e capitato di incontrare il preside di architettura che mi chiese di andare li a fare una lezione. Gli risposi: “Guardi, mi sembra come quando Marilyn Monroe andava a visitare le truppe americane, non sapeva niente di guerra e cosi tirava due baci e andava via. Spesso noi, solo per il fatto di essere persone note, veniamo chiamati a fare lezioni, incontri o a dare giudizi sull’universo intero, magari senza sapere nulla”.. Pero poi mi convinse, non so perche quel giorno c’era pure mia madre, il preside l’ha messa in mezzo dicendo “Signora non sarebbe contenta se Claudio ricomincia a frequentare?” Mia madre figurati.

    claudio baglioni claudio baglioni

     

    E ho ricominciato a frequentare, forse anche quello fa parte un po’ del romanzo del riscatto. Mi ricordo che ad un esame di Scienze delle Comunicazioni, materia che c’e ormai in qualsiasi facolta, la professoressa mi disse sorridendo: “Ho seguito la manifestazione dell’Olimpico, lei e stato uno dei promotori. Mi spiega come l’avete organizzata?”. Io ho pensato” Mamma mia che fortuna” e gliel’ho spiegata per filo e per segno. Non mi ha fatto delle domande specifiche, mi ha chiesto come era stata messa su dal punto di vista del marketing, della comunicazione. Gliel’ho spiegata e mi ha dato ventisette. Ma come? L’ho inventata io!»

    striscia la notizia e il conflitto di interessi a sanremo il corpo di ballo 8 striscia la notizia e il conflitto di interessi a sanremo il corpo di ballo 8

     

    C’e un giorno della tua vita che vorresti e uno che non vorresti rivivere?

    «Quando, da bambino, arrivavamo sulla Cristoforo Colombo con la macchina, io ero seduto dietro mio padre e mia madre. Dopo un dosso, si cominciava a vedere il mare. Era il respiro piu largo che si potesse immaginare, proprio la felicita. Cosa non vorrei rivivere? Quei giorni in cui se ne va qualcuno, per esempio la morte di mio padre e mia madre, o anche tutte le assenze che svuotano la vita. Io penso che l’esistenza sia in fondo tutta digeribile pero c’e un’ingiustizia di fondo che e quella di questi piani temporali che non combaciano.

    claudio baglioni gianni morandi claudio baglioni gianni morandi

     

     

    Sarebbe bello poter pensare che tutte le persone che hai conosciuto, che conosci, che sono parte della famiglia, dei tuoi affetti piu cari, tutte ci muoviamo nello stesso modo: veniamo tutti lo stesso giorno e ce ne andiamo via tutti lo stesso giorno. Il primo giorno di assenza di ciascuno e un giorno che non vorrei mai vi- vere». 

     

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