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    GOLIARDATE MORTALI - STUDENTE IN GITA PRECIPITATO DAL QUINTO PIANO DI UN HOTEL, GLI INQUIRENTI: SEGNI DI PRESA SULLE BRACCIA - SOTTO TORCHIO I COMPAGNI CHE POTREBBERO AVER SOMMINISTRATO PER SCHERZO UN LASSATIVO - I GENITORI: CHI SA PARLI


     
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    Andrea Galli e Cesare Giuzzi per il “Corriere della Sera”

     

    studente morto in gita studente morto in gita

    Tacciono i compagni della Quinta E. Tacciono gli studenti dell’altra classe del liceo scientifico padovano Ippolito Nievo, uno dei più prestigiosi in città, lo scorso fine settimana a Milano per visitare l’Expo. I ragazzi si «coprirebbero»: sono stati zitti con preside, professori, poliziotti, genitori.

     

    Si sono chiusi nel totale silenzio perfino i più loquaci. Tra le 5 e le 6.50 di domenica mattina, il diciannovenne Domenico Maurantonio, precipitato per venti metri dal quinto piano dell’hotel Da Vinci nel quartiere periferico di Bruzzano, non era da solo. Qualcuno gli ha afferrato le braccia, dove sono rimasti dei segni provocati da pressione. Qualcuno l’ha tenuto e ha perso la presa. Qualcuno ha visto ed è scappato. 
     

    Da subito la pista del suicidio era stata la meno probabile, per voce degli stessi investigatori, a cominciare da quelli della Squadra mobile. L’autopsia eseguita ieri ha permesso al medico legale di verificare la presenza di ferite causate dalla caduta e di trovare quei segni sulla pelle: adesso si cercano residui organici per tracciare profili del Dna. In attesa di nuovi risultati.

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    A Domenico, studente modello che non soffriva di problemi psichici e che non ha lasciato biglietti d’addio, che era innamorato della fidanzata e che conduceva un’esistenza serena, i compagni potrebbero aver somministrato per scherzo un lassativo. Il medicinale potrebbe aver «ingigantito» gli effetti sia per la quantità sia perché Domenico aveva sofferto in passato di seri problemi allo stomaco. 
     

    La finestra della caduta è sul piano che era occupato dalla Quinta E ed è all’esterno della stanza dove dormiva il ragazzo. Vicino alla finestra sono state trovate le sue scarpe: depositarle a terra prima di lanciarsi è un comportamento abituale di chi si suicida. Però Domenico, e su questo la famiglia è stata categorica, non si è tolto la vita. Miope, era senza gli occhiali, rimasti nella camera. L’hanno chiuso fuori e lui ha vagato per il corridoio afflitto dai dolori.

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    Sono state trovate sue feci sul piano e sul davanzale della caduta. Le analisi tossicologiche diranno se il ragazzo aveva assunto, e in quale quantità, stupefacenti e alcolici. I poliziotti, coordinati dal pm Claudio Gittardi, hanno risposto negativamente alla domanda sull’eventualità di droghe e bevute. Domenico non era il tipo. Ma non si può escludere che sia stato portato oppure costretto a fare cose che di solito non faceva. 
     

    L’hotel è dotato di un impianto di videosorveglianza con telecamere sparse per l’edificio ma non «attive» nel quinto piano. I momenti che hanno preceduto la tragedia sono stati visti soltanto dagli studenti. Forse Domenico era con un unico compagno. Forse ce n’erano altri. Più che un incidente, come si ostinano a sostenere i vertici del liceo scientifico Ippolito Nievo, potrebbe esser stato il tragico epilogo di una «goliardata». Se un compagno ha afferrato Domenico mentre si sporgeva dal davanzale e non è più riuscito a tenerlo, è corso via e non ha dato l’allarme: il cadavere è stato scoperto ore dopo.

     

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    I genitori del ragazzo implorano di smetterla con l’omertà e di farsi avanti. Per ora la Procura ha aperto un’indagine conoscitiva, senza ipotesi di reato e indagati. Fonti investigative padovane si sono informate e anche da là escludono tassativamente un suicidio. Invitano a cercare fra i compagni. Il tempo passa e incalza. A breve qualcuno potrebbe iniziare a raccontare la nottata al Da Vinci. Ci sono genitori che insistono e vogliono la verità dai loro figli. La Scientifica ha frugato a lungo intorno alla finestra in cerca di impronte. Eppure, di nuovo, non esistono testimoni. Difficile pensare che Domenico Maurantonio non abbia urlato e che nessuno, che proprio nessuno — compagni o professori — non abbia sentito. 
     

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