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    “LA PRIMA COSA CHE FACCIO AL MATTINO È LAVARMI I DENTI E AFFILARE LA LINGUA” – ASCESA E SPETTACOLARE CADUTA DI DOROTHY PARKER, LA PENNA PIÙ TAGLIENTE DELLA PRIMA METÀ DEL ’900 – TWITTER-ANTICIPATRICE MA SHAKESPEARE-ISPIRATA, NEL 1940 ARRIVÒ A GUADAGNARE 5.000 DOLLARI A SETTIMANA – DA VOGUE A VANITY FAIR FINO A HOLLYWOOD, COLLEZIONÒ SUCCESSI, AMORI E ODII, AFFOGÒ NELL’ALCOL L’INFELICITÀ E TENTÒ PIÙ VOLTE IL SUICIDIO – AL TYCOON DEL CINEMA SAMUEL GOLDWYN, CHE LE RINFACCIAVA LA SCARSA AUDIENCE DELLE SUE SCENEGGIATURE, RISPOSE: “LA GENTE NON SA COSA VUOLE FINO A CHE NON GLIELO DICIAMO NOI”


     
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    Maria Luisa Agnese per “Sette – Corriere della Sera

     

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    «La prima cosa che faccio al mattino è lavarmi i denti e affilare la lingua». Così, senza indulgenza verso gli altri e sé stessa, Dorothy Parker è diventata la penna più affilata della prima metà del 900.

     

    Poco le interessava quello che gli altri pensavano di lei, molto quello che lei aveva da dire sugli altri.

     

    Fatto che le procurò presto una forte predilezione ad affogare nell’alcol le difficoltà inevitabili di un simile progetto di vita, ma anche una fama e un successo editoriale a largo raggio, arrivando a guadagnare cinquemila dollari a settimana solo con la forza della lingua e dell’intelletto, nel 1940 fatto non comune.

     

    E soprattutto una autorevolezza che ancora dura presso le cattive ragazze di tutti i tempi. Nel film Ragazze interrotte Angelina Jolie recita una delle poesie più famose di Dorothy, Résumé: «I rasoi fanno male; i fiumi sono umidi; l’acido macchia; i farmaci danno i crampi. Le pistole sono illegali; i cappi cedono; il gas ha un odore terribile. Tanto vale vivere...».

     

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    Umorismo fantastico ma in fondo macabro nel suo caso, visto che ha tentato a più riprese il suicidio. E Prince, nella ballata che le ha dedicato, canta: «Avevo bisogno di qualcuno con uno spirito più veloce del mio. Dorothy lo aveva».

     

    La ragazza più brillante di New York era figlia d’un ramo cadetto e meno ricco dei Rothschild e dopo un’infanzia di lutti approdò a Vogue dove brillò per didascalie “non autorizzate”: già allora alzava lodi alla brevità, alla frase fulminea, twitter-anticipatrice, ma Shakespeare-ispirata: «La sintesi è l’anima dell’umorismo»: «Da ciò che si vede da questa collezione si vede che la sintesi è l’anima della biancheria».

     

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    Da Vogue passò a Vanity Fair, poi al neonato New Yorker, nelle sue poesie prendeva di mira le donne ma anche gli uomini che poi pure amava indefessamente, uno dopo l’altro.

     

    Unico amore restato platonico Robert Benchley (li separava la brillantezza degli intelletti), suo sodale di una vita, fra i primi animatori insieme a lei, unica donna, del gruppo Algonquin, dal nome dell’hotel di New York dove si ritrovavano e che riservò ai loro incontri un tavolo e una sala.

     

    Da lì la denominazione Quelli della Tavola rotonda: arguti, colti, pettegoli, temutissimi dalla società intellettuale, sono stati il prototipo fulgido e glamour di ogni “radical chichismo” prossimo venturo. Lei, al solito, ridimensionò la faccenda: «La gente li ha romanticizzati... Non erano giganti. La Tavola Rotonda dell’Algonquin non era che un gruppo di persone che si raccontavano barzellette ripetendosi fra loro che erano molto belle».

     

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    Con il secondo marito Alan Campbell, più giovane di undici anni, ispiratore del protagonista di Tenera è la notte, Dorothy era passata a Hollywood dove guadagnava moltissimo con le sceneggiature (nominata all’Oscar per È nata una stella) e moltissimo soffriva, causa maccartismo e non solo.

     

    Un giorno, al tycoon del cinema Samuel Goldwyn che, poco convinto da una sua proposta, le rinfaccia la scarsa audience dicendole di dare alla gente ciò che vuole, risponde: «La gente non sa cosa vuole fino a che non glielo diciamo noi».

     

    Muore sola, distrutta da alcol e tabacco, il 7 giugno 1967 al Volney Hotel di Manhattan, residenza per anziani.

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