Estratto dell’articolo di David Wallace-Wells tradotto da Anna Bissanti per “la Stampa”
anthony fauci
Era un incarico impossibile, forse. Fare di un uomo il volto della sanità pubblica nel pieno di una pandemia senza precedenti, in un Paese litigioso come gli Stati Uniti, dove ci sarebbero state delusioni e insoddisfazioni, e dove si sarebbe andati sul personale. Ciò nonostante, nel dicembre scorso, quando Elon Musk ha scherzato su Twitter rivolgendosi a lui scrivendo «Incriminate Fauci», si è avuta la sensazione che si profilasse un'inversione di tendenza contro colui che ha ricoperto quel ruolo fondamentale per i primi tre anni della pandemia. […]
laboratorio wuhan
Naturalmente, sono stati commessi errori e ci sono stati passi falsi, compresi alcuni fatti da Fauci: quando ha definito «piccolissimo» il rischio per il Paese nel febbraio 2020, per esempio; oppure quando, in un primo tempo, ha sconsigliato di indossare le mascherine, spostando poi lentamente la sua attenzione verso le goccioline di saliva che si diffondono in aria; o quando ha minimizzato il rischio di quelle che all'inizio, nell'estate del 2021, sono state chiamate «infezioni intercorrenti».
[…] Tre anni fa, nel marzo 2020, lei e molti altri avvertirono che il Covid avrebbe potuto provocare centomila o duecentomila morti in America, perorando la causa di interventi alquanto drastici nel nostro modo di vivere la quotidianità. All'epoca lei pensò che "lo scenario peggiore" di più di un milione di morti fosse alquanto improbabile.
anthony fauci donald trump
Invece, eccoci qui, a tre anni di distanza e, pur avendo fatto molto per cercare di fermare la diffusione del virus, abbiamo superato 1, 1 milioni di morti. Che cosa è andato storto?
«Qualcosa chiaramente è andato storto. Non so esattamente che cosa. Ma il motivo per cui sappiamo che è andato storto è che siamo il Paese più ricco al mondo e su base pro capite abbiamo avuto risultati peggiori rispetto a quasi tutti gli altri Paesi. Non c'è ragione per cui un Paese ricco come il nostro debba avere 1, 1 milioni di morti. È inaccettabile».
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Come lo spiega?
«Il dissenso era palpabile, anche solo quando si cercava di far passare un messaggio coerente su come seguire fondamentali principi di sanità pubblica. So che tra le persone ci saranno sempre divergenze di opinione e pareri contrastanti circa il bilancio tra costi e benefici delle restrizioni o dell'uso delle mascherine. Ma quando si hanno controversie importanti su cose come le vaccinazioni diventa tutto più complicato».
[…] Dall'Election Day del 2020 in America si è registrato il triplo delle morti rispetto a prima. Rispetto ad altri Paesi simili, inoltre, rispetto a prima abbiamo avuto risultati nettamente peggiori da quando sono iniziate le vaccinazioni.
roberto speranza e anthony fauci
«Beh, sì, è vaccinato soltanto il 68 per cento del Paese. Se ci si mette in classifica insieme ai Paesi sviluppati e a quelli in via di sviluppo, la nostra prestazione è davvero scadente. Non rientriamo nemmeno nei primi dieci Paesi al mondo, ma ci collochiamo molto più in basso. Per altro, ci sarebbe da chiedersi, poi, perché abbiamo "stati rossi" non vaccinati e stati blu vaccinati? Perché le percentuali di mortalità tra i repubblicani sono più alte rispetto a quelle tra i democratici e gli indipendenti? […]».
il virologo americano anthony fauci 9
Se si torna indietro nel tempo, però, e si va al febbraio 2020, lei ha detto che il virus era a basso rischio e non voleva mettere in gioco la sua credibilità per quello che avrebbe potuto rivelarsi un falso allarme. Vorrebbe aver detto con maggior energia che il virus era una minaccia reale e immediata e che dovevamo alzare le nostre difese all'istante?
«Sì, in retrospettiva penso che avremmo dovuto farlo, sicuramente. Analizziamo, però, quello che sapevamo all'epoca. Non conoscevamo queste cose a gennaio 2020. Non eravamo pienamente consapevoli di trovarci alle prese con un virus estremamente trasmissibile e che si stava chiaramente diffondendo con modalità senza precedenti e di cui non avevamo esperienza alcuna.
Così all'inizio il virus ci ha ingannati e confusi sulla necessità di usare le mascherine e di arieggiare gli ambienti e di vietare le interazioni sociali».
I contagi asitomatici…
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«Per me sono i contagi asintomatici ad aver cambiato drasticamente la situazione. Se ne fossimo stati consapevoli fin dall'inizio, la nostra strategia nell'affrontare i focolai in quelle prime settimane sarebbe stata diversa. Ecco, quando le persone mi chiedono se avremmo potuto fare di meglio, sì, naturalmente avremmo potuto. Se avessimo saputo molte delle cose che sappiamo adesso, di sicuro avremmo fatto le cose diversamente».
Ma con il senno di poi e con quello che sappiamo oggi, se avessimo adottato a metà febbraio le politiche che abbiamo adottato a metà marzo, la situazione sarebbe diversa oggi? La pandemia è stata molto lunga. Agire più rapidamente nei primi mesi avrebbe potuto cambiare la risposta generale?
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«Non lo so. È plausibile che non ci troveremmo nella stessa situazione. Ma saremmo riusciti a fermare l'economia? Il Paese lo avrebbe accettato in presenza di una manciata soltanto di casi e di un morto? Non sto dicendo che questo sia un motivo per non farlo: se avessimo saputo quello che sappiamo oggi, probabilmente avremmo dovuto farlo. Ma, con pochi casi, non so se saremmo riusciti a fermare il Paese». […]
Abbiamo sbagliato, quindi, a presumere che dopo un certo numero di contagi e di vaccinazioni la malattia sarebbe scomparsa?
«Dipende da quello che si intende dicendo "scomparire". Per alcune persone tenere a un livello relativamente basso i contagi nella comunità, così che la malattia non sconvolga la società, significa scomparire. Per altre persone significa altro: beh, sì, c'è ma non dà fastidio più di tanto. Attenzione, però: non è stato completamente fuori luogo pensare di poter essere protetti dal contagio, e che anche se ci si contagiava il titolo non sarebbe stato sufficientemente alto da trasmetterlo a qualcun altro.
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Poi abbiamo scoperto qualcosa di stupefacente. Abbiamo osservato che il titolo del virus nelle persone contagiate e asintomatiche e quello di un virus nel naso di una persona contagiata sintomatica era il medesimo. Come mai? Che cosa è successo? È stata una grossa sorpresa. Quindi avevamo torto, ma non perché non avessimo interpretato correttamente i dati che avevamo davanti.
Non avevamo mai raccolto dati così. All'inizio ignoravamo che il 50-60 per cento dei contagi sarebbe stato asintomatico. Scoprirlo è stato stupefacente. Quando ho visto quei dati, mi sono detto: "È completamente diverso. Siamo alle prese con una malattia che non abbiamo mai visto prima"».
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Pensa che l'esperienza della pandemia – e la possibilità, per quanto remota, della fuga da laboratorio – dovrebbe modificare il nostro modo di valutare i rischi e i vantaggi di tutto questo settore di ricerca?
«È indispensabile che l'intero iter che coinvolge il contributo scientifico e quello della comunità sia trasparente dall'inizio alla fine. Questo tipo di ricerca scientifica consente di manipolare un virus o un agente patogeno per acquisire una determinata funzione che renda possibile la realizzazione di un vaccino.
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Quindi, prima di tutto dobbiamo adoperarci per far capire meglio alla gente che cosa è il "guadagno di funzione". Quando Rand Paul mi stato chiesto se avessi finanziato la ricerca a Wuhan, ho risposto "assolutamente no". E' meglio definire con precisione di che cosa stiamo parlando». […]
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