Ste. P. per il Messaggero
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Il conto alla rovescia è cominciato. Non solo quello per il termine della consiliatura ma anche quello per prendere le distanze dal tonfo del M5S. Il crollo dei pentastellati sulla Capitale, con percentuali di voto dimezzate rispetto alle comunali 2016, scuotono il Campidoglio. E costringono Raggi a cambiare rotta. Da oggi anche la sua amministrazione è sotto accusa da parte dei vertici nazionali del Movimento: dall' insoddisfazione nei quartieri alle crisi dei Municipi, passando per temi più concreti come la vicenda stadio e lo stallo sui lavori pubblici.
Raggi ha rimandato a dopo il voto delle Europee alcune scelte strategiche, come il nuovo Cda Ama, il rimpasto di giunta (dove manca ancora l' assessore ai Rifiuti), fino all' assestamento di Bilancio con la rimodulazione degli investimenti sulle opere pubbliche. La sindaca pensava, o sperava, di avere dopo il voto mani più libere per agire. I risultati, però, anche per lei sono una doccia gelata che la mettono di fronte alla realtà di una perdita di consensi molto significativa, specie nelle periferie, una volta roccheforti del Movimento.
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Il clima, però, da domani, rischia di diventare da tutti contro tutti. Con i vertici nazionale a prendersela con lei con la debacle e lei a rimandare dall' altra parte del campo le critiche. Nel frattempo la Lega avanza, e scalda i motori per le comunali 2021. Ma anche il Pd, che dopo le regionali si riconferma primo partito in città, ha ripreso fiato.
Cosa fare allora? Se durante la campagna elettorale, per un patto tacito o per disciplina di partito, non si sono consumati conflitti plateali, ora sarà diverso. E anche l' ubbidienza plastica della sindaca è destinata a cambiare. Entrate a gamba tesa, come l' ultima escogitata da Di Maio sulla delibera Coia, se ne vedranno meno. E soprattutto su questioni come le politiche abitative «non se ne vedranno più», assicura chi ha visto da vicino la crisi capitolina scoppiata dopo il diktat, elettorale, del capo politico M5S che con tre parole ha seminato rabbia e rancore dalle parti di Palazzo Senatorio.
VIRGINIA RAGGI
Quel «Raggi pensi di più ai romani», infatti ha lasciato il segno. Un pensiero in più per i romani era anche quello che chiedeva Raggi con la riforma dei poteri della Capitale. Ma che il M5S, e i suoi ministri non sono riusciti a portare a casa. In campagna elettorale la sindaca ha usato argomenti molto capitolini, proprio quelli che scansano i leader nazionali. Ma il tempo scorre. E in Campidoglio aumentano le paure.
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«Aspettiamo i risultati ma a giugno 2021 rischiamo di essere terzi», riferisce un esponente di giunta. La squadra di Raggi soffre la poca progettualità politica. «È tutto fermo», dicono in coro. Si aspettavano una fase due dopo la tormentata vicenda del processo Marra. E la zavorra giudiziaria rischia di tornare: c' è il processo d' appello all' orizzonte. Altra potenziale benzina sul fuoco, nel redde rationem dentro a M5S.
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