Maria Teresa Meli per il Corriere della Sera
LUCIANO CANFORA
È più di un mese e mezzo che il popolo ucraino resiste all'invasore russo, eppure il tema dell'invio delle armi a Zelensky da parte dell'Occidente continua ad agitare il dibattito tra gli intellettuali della sinistra italiana. Tutti, o quasi, però, ammettono che Putin è l'aggressore. Certo, ci sono alcune eccezioni, come Luciano Canfora, secondo il quale si sta assistendo a «uno scontro tra potenze e il torto sta dalla parte della potenza che vuole prevaricare». Che a suo giudizio non è la Russia, come verrebbe spontaneo immaginare, bensì l'Ucraina.
L'altro ieri lo storico ha fornito un altro esempio di come la pensi sull'argomento, dando della «neonazista nell'animo» a Giorgia Meloni, rea di essersi «subito schierata con i neonazisti ucraini». Ma gli altri intellettuali pacifisti non seguono la strada di Canfora.
tomaso montanari 4
Benché anche altri usino toni non certo accomodanti nei confronti degli ucraini. La filosofa Donatella Di Cesare ha insinuato che sia Kiev a voler allargare il conflitto e sul dibattito che si è aperto in Italia ha tagliato corto con un tweet: «Chi chiede l'invio delle armi non è di sinistra».
Differente l'impostazione di un altro «pacifista», Tomaso Montanari, che è convinto che l'aggressore sia il presidente russo e proprio per questo mal sopporta che le «poche voci in dissenso» rispetto al mainstream vengano «additate come degli amici di Putin». Questo, per il rettore dell'Università per stranieri di Siena, «è intollerabile». Ad avviso di Montanari la guerra deve cessare «il prima possibile», e perciò le armi agli ucraini non vanno inviate «mentre la strategia dell'Occidente è che la guerra si prolunghi il più possibile».
marco revelli
Contrarissimo agli aiuti militari anche Marco Revelli, secondo il quale «mandare le armi aumenta il rischio di far crescere il numero delle vittime». Il sociologo piemontese ieri all'Aria che tira su La7 ha però introdotto un altro argomento che fa discutere: «È in corso uno scontro tra narrazioni, tra quella imbarbarita russa, un racconto evidentemente falsificato, e la narrazione dell'altro combattente che fa filtrare informazioni che gli interessano».
Chi non nutre dubbi sulla necessità di aiutare il popolo ucraino è Luigi Manconi, che ha sottolineato la «necessità di difendere i propri diritti attraverso la forza». Il politologo si è interrogato anche sui motivi che hanno spinto alcuni intellettuali di sinistra ad assumere certi atteggiamenti: «Più che l'anti-americanismo, che pure è rilevante e che ritengo abbia anche delle buone ragioni, pesa l'attrazione verso ciò che rappresenta la Russia.
ERRI DE LUCA AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO
Una storia di potenza che resiste all'Occidente, il volontarismo socialista di cui non si riconosce il fallimento, il fascino del decisionismo putiniano, una tradizione terrigna e fiera. È quanto seduce una certa sinistra autoritaria, spaventata come Cirillo I, da un Occidente decadente e consumistico».
Per lo scrittore Erri De Luca, che si è definito «un partigiano della resistenza ucraina» «attendere che il più forte e il più prepotente vinca non coincide con nessuna tregua e nessuna pace». Paolo Flores D'Arcais, che su Micromega sta animando un dibattito su questo tema, è determinato: manderebbe «molte più armi e molto più efficienti» all'Ucraina, anche perché il non darle, come chiedono i pacifisti, «di fatto avvantaggia» i russi. Del resto, ieri sul Corriere Dacia Maraini ha individuato tra i falsi miti di questa guerra proprio la tesi di chi sostiene che «armare gli ucraini» significhi «incrementare la guerra».
paolo flores d'arcais BIANCA BERLINGUER LUIGI MANCONI