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    UNA COMMEDIA FAMILIARE CHE PROVOCA UNA RIFLESSIONE SUI PREGIUDIZI E GLI STEREOTIPI E SU COME ABBATTERLI” - SUOR VERONICA DONATELLO, RESPONSABILE DEL SERVIZIO PER I DISABILI DELLA CEI E FIGLIA DI GENITORI NON UDENTI, IN LODE DI "CODA", IL FILM VINCITORE DEL PREMIO OSCAR: “RACCONTA BENE COME A VOLTE I SORDI USINO LA LINGUA DEI SEGNI PER BLINDARE LE DINAMICHE FAMILIARI E IMPEDIRE LA COMUNICAZIONE CON GLI ALTRI. NEL FILM LA FIGLIA È QUELLA CHE MEDIA CON L'ESTERNO, E PIAN PIANO CRESCONO TUTTI…” - VIDEO


     
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    Luca Liverani per “Avvenire”

     

    suor veronica amato donatello foto di bacco suor veronica amato donatello foto di bacco

    Anche lei è una Coda, l'acronimo inglese di child of deaf adults, che indica i figli di genitori sordi. Suor Veronica Donatello è responsabile per la Cei del Servizio nazionale per le persone con disabilità, e partecipa anche alla Commissione di valutazione cinema.

     

    Ma soprattutto è come Ruby, la protagonista di I segni del cuore - Coda il film appena premiato con gli Oscar, che racconta la storia di una ragazza e della scelta difficile di lasciare il suo ruolo di 'mediatore' tra il mondo degli udenti e la sua famiglia - mamma, papà e fratello - tagliata fuori dall'universo sonoro.

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    Suor Veronica, lei che ha potuto vedere in anteprima il film, si è sentita vicina a Ruby?

    Sì, mi sono riconosciuta molto nelle dinamiche, nelle fatiche, nelle gioie, nei dolori, nell'ironia. Nei tanti colori delle emozioni e della responsabilità. I figli dei sordi la sentono molto, sono da sempre dei grandi mediatori.

     

    Ha avuto difficoltà con il mondo dei normodotati?

    Ricordo la reazione dei miei compagni di scuola quando a casa mia vedevano che il campanello faceva accendere le luci. Poi ci ridi, ma ti accorgi che la tua è una famiglia diversa. E da bambina avevo capito che era inutile urlare e piangere per richiamare l'attenzione dei miei genitori se non erano nella stessa stanza.

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    Sicuramente ho sviluppato altre sensibilità, ho acquisito una grande resilienza. La mediazione è molto forte. A pochi anni parlavo già al telefono con la banca perché traducevo le domande per i miei genitori. Abbiamo una grande potenzialità, ma viviamo alcune fatiche contro barriere e pregiudizi.

     

    Lei traduce in diretta nella lingua dei segni le omelie del papa in televisione.

    È una cosa molto bella. Il film racconta bene come a volte i sordi usino la lingua dei segni per rinchiudersi, per blindare le dinamiche familiari e impedire la comunicazione con gli altri. Nel film la figlia è quella che media con l'esterno, e pian piano crescono tutti. Anche Ruby deve crescere, riconoscendo l'adultità e le potenzialità del fratello sordo. Il film tocca problematiche vere, dinamiche vissute dalle famiglie con disabilità.

     

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    Il cinema come strumento di cultura popolare aiuta a superare i pregiudizi?

    Di più, spesso riesce ad anticipare i processi. Figli di un Dio minore del 1986, con l'appena scomparso William Hurt, è stato il primo film con un'attrice sorda, Marlee Matlin. Oggi c'è una rivoluzione nel contesto cinematografico della persona con disabilità. Più che mai appare nella sua veridicità, ma anche nella sua potenzialità e bellezza. Quando c'è una disabilità tutto fa più paura, ma ogni genitore vive le difficoltà di un figlio che prende il volo.

     

    Ha visto la premiazione?

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    Quando hanno annunciato gli Oscar, tutti in platea hanno applaudito come fanno i sordi, alzando le mani. Vedere Meryl Streep che applaudiva così è stato un grande riconoscimento. Credo sia un passo in avanti importante anche nella dignità lavorativa. A differenza de La famiglia Bélier, l'originale francese, in I segni del cuore - Coda l'attore è sordo davvero.

     

    Un film che non solo parla dei disabili, ma lascia parlare i disabili?

    Esatto. Una commedia familiare, normale, che emoziona e provoca una riflessione, sui pregiudizi e gli stereotipi che ci portiamo dietro. E su come si possono abbattere. Dagli anni 80 sono stati tanti e importanti, da Rain man a Forest Gump . Poi la capacità narrativa del cinema è unica: quando ho visto La famiglia Bélier con mio fratello ci sembrava di vedere casa nostra: era talmente bello, comico, reale, che ci siamo abbracciati commossi. E gli altri spettatori ci hanno guardato con sorpresa: una suora al cinema fa sempre effetto, figuriamoci con un ragazzo..

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    2 - "CODA", OUTSIDER DI SUCCESSO COSÌ APPLE HA BATTUTO NETFLIX

    Chiara Ugolini e Emanuele Capone per “la Repubblica”

     

    Che Apple credesse nel suo piccolo grande film Coda - I segni del cuore , si era capito ormai da qualche giorno, da quando l'azienda di Cupertino aveva prenotato il suo primo party post cerimonia dell'Oscar al Sunset Tower Hotel.

     

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    Le quotazioni per il film della regista Sian Heder, remake della commedia francese La famiglia Bélier , hanno continuato a salire nelle ultime settimane finendo per ribaltare il pronostico che dava vincente Netflix e Il potere del cane , bel film di Jane Campion. Che comunque con l'Oscar alla regia diventa - dopo Kathryn Bigelow e Chloé Zhao - la terza donna premiata in quella categoria, certo un po' poco per un titolo che partiva da 12 nomination.

     

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    Coda (acronimo per Child of deaf adults, "figlio di adulti sordi") ha conquistato tutte le tre statuette per cui era candidato: miglior film, miglior sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista, l'interprete sordo Troy Kotsur. Nella battaglia dello streaming quindi Apple, che in un'agguerrita asta si è aggiudicata per 25 milioni di dollari i diritti di distribuzione del film, batte Netflix che aveva sfiorato il primato con Roma di Alfonso Cuarón, miglior film straniero 2019, ma ci aveva provato anche con Mank, Storia di un matrimonio e The Irishman .

     

    Jane Campion era rimasta colpita dal lavoro fatto dall'azienda di Reed Hastings sul film del collega messicano: grande libertà creativa e grande sostegno e nel pieno della polemica con il Festival di Cannes - che non accettava film della piattaforma in concorso - ci aveva confessato ridendo: «Mi danno tantissimi soldi». Percorso diverso invece per Apple, che ha acquistato il film a scatola chiusa quando C oda aveva già vinto i premi più importanti al Sundance.

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    E così ha tagliato per prima il traguardo di una corsa iniziata da altri e ha raccolto i frutti seminati in un paio di anni. Anche grazie alla pandemia: era l'estate del 2020, quando Disney decideva di distribuire Mulan solo in streaming, e la primavera precedente quando Trolls World Tour era riuscito a incassare 100 milioni di dollari in appena 3 settimane di distribuzione digitale.

     

    In lockdown, gli spettatori che hanno perso l'abitudine di andare nelle sale e soprattutto i giganteschi investimenti dei colossi della tecnologia hanno fatto il resto: l'anno scorso, Apple ha speso oltre 7 miliardi di dollari per produrre film e serie originali, Amazon 13 (+18% sul 2020), Netflix oltre 15 e Disney ben 33.

     

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    Con una tale potenza di fuoco in campo, era abbastanza ovvio che prima o poi il cambiamento tanto temuto da Hollywood si concretizzasse e che un film non ancora uscito nei cinema vincesse l'Oscar più importante. Se poi è ben fatto, tanto meglio. Perché, al di là di queste considerazioni, resta il fatto che la storia di Coda , quella di una famiglia di pescatori del Massachusetts in cui l'adolescente Rubi è l'unica udente, ha emozionato il pubblico e convinto i membri dell'Academy accendendo una luce, più di 35 anni dopo Figli di un Dio minore e l'Oscar a Marlee Matlin (che qui interpreta la mamma), su quante barriere ancora esistano nella società per chi comunica con la lingua dei segni.

     

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    Prima del palco del Dolby Theater la troupe del film nei giorni scorsi era stata invitata alla Casa Bianca dove aveva incontrato Jill e Joe Biden che li aveva ringraziati: «Credo che vi rendiate conto dell'impatto del vostro film sul Paese.

    Avete fatto tanto».

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