Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
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(...)Il principale problema della Roma e di Mourinho - lo sanno anche i bambini, lo sottolinea spesso l’interessato - è proprio l’impressionante distanza tecnica tra i primi undici e il resto della compagnia.
Ieri, quando un fastidio ai flessori ha obbligato Dybala a fermarsi dopo appena un tempo, Mourinho ha potuto soltanto alzare El Shaarawy e, per non stravolgere la squadra che stava tenendo bene il campo (internazionale), ha spostato a sinistra Zalewski e inserito Celik. Che non ha azzeccato un passaggio, né una chiusura. Ma questa non è una novità.
A una ventina di minuti dalla fine JM ha poi deciso di risparmiare Pellegrini e Abraham, visto che Dybala potrebbe restare fuori per un po’. Ma da Wijnaldum, ancora senza ritmo partita, e Belotti ha ottenuto meno di niente: Andrea si è anche divorato un gol.
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La sfiga e la stanchezza di Matic che - sfinito dal troppo lavoro - ha responsabilità sulla rete del Salisburgo, hanno così condannato la Roma a una sconfitta assolutamente immeritata.
Ma guardiamo avanti. E un po’ anche indietro. Complimenti a chi mercoledì pomeriggio ha posto a Mourinho e Dybala la domanda sul loro futuro: ha dato a entrambi la possibilità di fornire conferme sulle rispettive situazioni e intenzioni. José, che ha ancora un anno di contratto, ha precisato che non attenderà fino a giugno il confronto con la proprietà, mentre Paulo - che come il tecnico è innamorato della Roma e non potrebbe essere diversamente - ha spiegato che andrà dove lo porta Mou perché vuole essere allenato ancora da lui.
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È assurdo che a metà febbraio i Friedkin non abbiano ancora incontrato la figura più alta, oltre che uno degli allenatori più importanti al mondo... (..)
Senza volerlo, i Friedkin stanno mancando di rispetto a Mou e, di riflesso, alla tifoseria che ogni volta riempie con entusiasmo l’Olimpico per lui. Gli americani hanno un modo tutto loro di trattare gli asset, garantiscono piena autonomia alle figure apicali e traggono le conclusioni alla fine di ogni esercizio: chi ha fatto bene resta, chi ha fallito torna a casina. Ma il calcio è un asset anomalo e va trattato con un’attenzione speciale. Come speciale è Mou.
Il vero guaio è che in questa Roma c’è una notevole dispersione di energie e compiti: la parte tecnica, ad esempio, viene seguita da un professionista, Pinto, che si sta facendo le ossa in una piazza tra le più complicate d’Europa. Non l’aiuta la comunicazione, la più divisiva d’Italia, seconda solo a quella interista: non un solo calciatore è stato valorizzato sul piano mediatico.
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Gente che meriterebbe tanta luce come Pellegrini, Abraham, Matic, Smalling e Zalewski continua a vivere nell’ombra per il timore di scontentare gli amici degli amici. E che dire dell’idiosincrasia di Mourinho per le conferenze a Trigoria, ma anche in trasferta: mercoledì, dopo la prima domanda, si è girato verso l’addetto stampa e gli ha sussurrato «quante ancora?». Con assoluto disincanto, José riesce a rendere ridicolo tutto quello che non tocca.
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