Elisabetta Rosaspina per il Corriere.it
I tre scrittori premiati
Il cognome era già profetico, Mola, in spagnolo «spacca». Carmen Mola. Carmen spacca, sfonda, ha successo. E, nella penisola iberica, è difficile per uno scrittore o una scrittrice averne di più consistente della dotazione del Premio Planeta, almeno in termini di bonifico: un milione di euro. Con i suoi thriller, in effetti, Carmen Mola ha «spaccato» in pochi anni, diventando la Elena Ferrante di Spagna, quanto a copie vendute, ma soprattutto quanto a tenacia nel difendere il proprio anonimato.
Biografie succinte hanno accompagnato i suoi romanzi anche all’estero: «Un’autrice che non vuole rivelare la sua identità», era la laconica presentazione di Mondadori sulla copertina de La sposa di sangue, pubblicato in Italia nell’estate di due anni fa. Il mistero sembrava destinato a permanere, con qualche depistaggio spacciato per indiscrezione: ha 48 anni, insegna al liceo, è mamma di tre ragazzi. In un certo senso è vero. Ma occorreva perspicacia per capire l’indizio. O un colpo di scena.
Carmen Mola
Quando l’altra sera al culmine della serata di gala al MNAC, Museu Nacional d’Art de Catalunya di Barcellona, per l’assegnazione del 70esimo Premio Planeta, il più ricco di sempre, sono saliti sul palco a ritirare il trofeo tre uomini, nemmeno giovanissimi, era chiaro che non erano i suoi figli. I tre «moschettieri» del thriller spagnolo, Jorge Díaz, Agustin Martínez e Antonio Mercero, lavorano come sceneggiatori.
«Siamo anche tre amici», ha spiegato Jorge Díaz al pubblico allibito. «Quattro anni fa ci è venuta questa idea folle di unire i nostri talenti per scrivere una storia insieme». Conoscendo un po’ i meccanismi editoriali, hanno pensato che tre firme in copertina non potessero funzionare. Ci voleva un nome per tutti, una «madre» letteraria, perché no? Carmen, in fondo, è il nome femminile spagnolo per eccellenza, ha proposto uno di loro. «Sì, Carmen mola», Carmen funziona, ha approvato un altro. E Mola è diventato il cognome; il romanzo, un campione di vendite; poi un telefilm e, inevitabilmente, l’opera prima di una penna prolifica e misteriosa, raggiungibile soltanto attraverso un indirizzo email fittizio.
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Il terzetto non sentiva l’urgenza di dichiararsi. Ma al momento di ritirare il premio dalle mani del re, Felipe VI, e della regina Letizia, per l’ultima fatica, La Bestia, sarebbe stato impossibile inviare una controfigura. Così l’Elena Ferrante spagnola ha dovuto gettare la maschera, salvo quelle chirurgiche: ecco i papà dell’ispettrice Elena Blanco, protagonista del romanzo d’esordio, amante della grappa e appassionata di Mina.
Premio Planeta
La rivelazione ha creato scompiglio e anche qualche rivendicazione femminista: una volta erano le scrittrici a nascondersi dietro pseudonimi maschili, come le sorelle Brontë o Amantine Dupin (alias George Sand), per spuntare l’attenzione dagli editori. Ora ci vogliono tre uomini per fare il lavoro di un’autrice di best seller. Ma qualche libraio (o libraia) di Madrid non ha trovato la sorpresa divertente e ha polemicamente ritirato La Bestia dalla vetrina.
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