Laura Asnaghi per “la Repubblica”
PELLICCIA ARMANI
«Mai più pellicce nelle mie collezioni». A dichiararlo è Giorgio Armani, il re della moda che ieri ha annunciato ufficialmente di aver girato le spalle al mondo delle pellicce, schierandosi dalla parte degli animali. Una presa di posizione che ha sollevato molto clamore nel “fashion system” sia in Italia e che all’estero.
Armani non è mai stato un grande fans di visoni, volpi e cincillà ma la sua decisione di abolire per sempre le pellicce dalle sue collezioni è di quelle che lasciano il segno e non passano inosservate.
«Ci sono valide alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali» spiega Giorgio Armani ricordando che la scelta che ha fatto è frutto «di un processo virtuoso intrapreso da tempo».
PELLICCE ARMANI
E precisa: «La mia azienda compie un passo importante sul fronte della salvaguardia dell’ambiente e del mondo animale». L’annuncio di Armani, fatto in accordo con “Fur free alliance”, è stato accolto da Joh Vinding, il presidente di questa associazione con grande soddisfazione: «Questo dimostra che stilisti e consumatori possono avere rispettivamente libertà creativa e prodotti di lusso senza per questo ricorrere a pratiche crudeli nei confronti degli animali».
renzi armani
Ogni anno vengono sacrificati sull’altare della vanità 95 milioni di animali da pelliccia, con Europa e Cina tra i maggiori produttori a livello mondiale. Una scia di sangue e di atrocità nei confronti degli animali, documentata da Peta e Lav con reportage e filmati, che stanno facendo breccia anche nel mondo della moda.
L’esempio di Armani con il suo “basta alle pellicce” potrebbe fare scuola e convincere altri a intraprendere la sua strada. Nel mondo del lusso non mancano comunque casi illustri di stilisti che hanno fatto della loro filosofia animalista una nuova etica creativa.
L’antesignana è Stella Mc Cartney, la figlia di Paul dei Beatles, che da quando, nel 2001, ha iniziato a fare moda non solo non usa le pellicce ma dalle sue collezioni ha bandito anche la pelle, sostituendola con l’ eco-nappa.
STELLA MCCARTNEY
«Si può essere glamour e belle senza uccidere gli animali» ricorda spesso la stilista inglese durante le sue sfilate a Parigi. E per rendere ancora più chiara la sua campagna contro l’uso delle pellicce, ha creato una etichetta speciale con la scritta “Fur free fur” che viene cucita sulla manica dei cappotti “pelosi”, realizzati in pura lana.
Il no alle pellicce di Stella McCartney va di pari passo con il no ai piumini d’oca che lei fa imbottire con un materiale caldo ed ecologico al cento per cento. Nell’elenco, tutt’altro che vasto, delle griffe di moda convertiti alla difesa degli animali, ci sono Calvin Klein che di recente ha dichiarato di non usare più neanche la lana d’angora.
STELLA MCCARTNEY 2
Sullo stesso fronte figurano Tommy Hilfiger e Hugo Boss. Più nutrita la schiera dei marchi “low cost” sensibili alla politica animalista. Tra i più noti ci sono Zara, H&M, American Apparel, Bershkae Asos che fanno anche i conti con una clientela giovane sempre più sensibile nei confronti di una moda eco-sostenibili e libera da pratiche cruenti nei confronti degli animali, oche incluse.
E chi ha fatto della difesa del pennuto la sua bandiera è il marchio “Save the duck”, che realizza piumini senza piume, caldi e belli, “senza provocare inutili sofferenze alle oche. Questo brand di successo ha escluso dalle sua produzione pellicce, pelle, seta o lana, e per questo si è aggiudicato la più alta quotazione nella certificazione “animal free”.
FUR FREE ALLIANCE