Lorenzo De Cicco per repubblica.it – Estratti - https://www.repubblica.it/politica/2024/09/24/news/partiti_referendum_cittadinanza_italiana-423519467/?ref=RHLF-BG-P1-S2-T1
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
«La bozza? Eccola qua». Nei corridoi del Senato, Maurizio Gasparri sfodera un fascicolo dalla pila di carte che tiene sotto braccio. «È la nostra proposta sullo Ius scholae, la presentiamo ai gruppi giovedì», cioè domani.
Nel pomeriggio in cui il referendum per la cittadinanza scavalla quota mezzo milione di firme, i forzisti provano a dare l’idea di un’accelerazione.
Dopo un’estate passata a smarcarsi dalla destra-destra, su input berlusconiano, nel senso del tandem Marina-Pier Silvio, ora la mossa di Antonio Tajani rischia di finire archiviata come una boutade d’agosto.
Perché tra Palazzo Madama e Montecitorio è chiaro a molti che la campagna sul quesito lanciato da +Europa ha buone chance di polarizzare la discussione pubblica nei prossimi mesi, lasciando poco margine mediatico a iniziative laterali.
ANTONIO TAJANI - MATTEO SALVINI - MEME BY VUKIC
Ecco perché FI adesso tenta di battere un colpo. La bozza che sarà discussa domani pomeriggio da deputati e senatori azzurri si articola su tre punti. Il primo: Ius scholae, cioè cittadinanza agli studenti che hanno completato un ciclo di studi di 10 anni in Italia, (...)
FI rischia di trovarsi all’angolo. Perché l’iniziativa in maggioranza è stata concordata con paletti precisi, avallati da FdI e dai colonnelli di Giorgia Meloni. Il senso è questo: la battaglia politica FI la farà, ma nel perimetro del centrodestra.
Dunque con quasi zero possibilità di riuscita, vista l’ostilità aperta della Lega di Matteo Salvini e lo scetticismo di via della Scrofa, che da settimane ripete in loop: «Non è una priorità». Ieri sera da New York, Tajani già faceva sapere che «presenteremo la nostra proposta di legge innanzitutto agli alleati. E poi in Parlamento. Ma non ci prestiamo a giochini d’Aula per dividere la maggioranza».
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
Non è solo FI a ritrovarsi spiazzata dal boom di firme per il referendum. Anche il M5S non ci avrebbe scommesso, come tanti dell’opposizione. (...) Conte non ha firmato.
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I rossoverdi Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno messo il sigillo sulla sottoscrizione 48 ore fa. Stesso discorso per Matteo Renzi, mentre l’ex sodale del Terzo Polo, Carlo Calenda, non ama i referendum in generale, dunque niente da fare anche stavolta. Elly Schlein ha firmato il 14 settembre, a campagna già avviata e nelle prime dichiarazioni senza farlo passare come una posizione ufficiale del Pd a ranghi completi.
GIUSEPPE CONTE E ELLY SCHLEIN
Non per la ritrosia dell’ala riformista stavolta – anzi, Lorenzo Guerini e Graziano Delrio proponevano una riforma simile già 13 anni fa, da sindaci – ma perché nel partito qualcuno avrebbe temuto di «infastidire la Cgil», già mobilitata pancia a terra con due referendum economico-sociali, quello contro l’Autonomia differenziata e l’altro contro il Jobs act.
antonio tajani giorgia meloni matteo salvini VORTICE DI MAGGIORANZA - IL GIORNALONE - LA STAMPA
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