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1944-2024, 80 ANNI DI \'TAMMURRIATA NERA\' UNA DELLE PIU IMMORTALI (E POLITICHE) CANZONI NAPOLETANE
Estratto dell’articolo di Francesco Palmieri per “Il Foglio”
[…] In quella seconda metà del 1944, quando a Napoli cominciarono a registrarsi le nascite di bambini “neri neri”, frutto della presenza dei soldati di colore americani. Furono rapporti occasionali, mercenari, ma anche fidanzamenti intrisi di illusorie aspettative. Sicuramente, poco ne avremmo saputo e meno ne rammenteremmo se una canzone non li avesse tramandati.
Senza Tammurriata nera, ottant’anni compiuti nel 2024 ma non dimostrati, la memoria di quei “figli della guerra” si sarebbe disseccata lungo flebili rivoli famigliari dopo l’inevitabile pubblicità del momento, quando qualche partoriente cercò davvero di spiegare il colore del neonato con la circostanza che a volte “basta sulo ’na guardata” e la “femmina” rimane “sott’’a botta ’mpressiunata”.
Demolita da uno sfottente “Seh! ’Na guardata, seh…”, la presunzione di innocenza veniva convertita nell’esortazione a individuare chi, nove mesi prima, avesse colto bene “il tiro” (che rimava con “niro” e con “Giro”, ossia Ciro, ma nessun rimedio onomastico poté camuffare le paternità esotiche).
Con altra disinvoltura se la cavavano le mamme di “creature” dall’incarnato sassone e dai prevedibili occhi azzurri, perché potevano celare la colpa con più facilità. Più che per la pelle, era a causa dei pettegolezzi che il bimbo nero imbarazzava, né un intento discriminatorio fu mai ammesso dagli autori della Tammurriata, due nomi celebri: Edoardo Nicolardi scrisse le parole, E. A. Mario (pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta) mise le note.
Eppure il musicista James Senese ha sempre accusato quel testo di razzismo: figlio della guerra, memore dell’ardua infanzia da “nero napoletano”, Senese negli anni Sessanta e Settanta fu tra i frequentatori dei night per americani vicini al porto, incubatori di rivoluzioni artistiche da cui sarebbe sbocciato anche Pino Daniele.
A chi era troppo giovane per ricordare la guerra provvedevano i racconti, la vista dei palazzi sventrati rimasti su via Marina, le navi della Sesta Flotta nella rada, gli indumenti americani comprati al mercato di Resina e la presenza del Comando Nato a Bagnoli, dove le notti erano ancora fiammeggiate dalle ciminiere degli incessanti altiforni Italsider, un pezzo di panorama descritto da Nanni Loy nel film Mi manda Picone del 1984.
[...] Frequentano la Galleria da una vita Edoardo Nicolardi e E. A. Mario, perché è lì che s’incrociano autori, attori, cantanti a caccia di scritture e impresari; è lì che Nicolardi e Mario sono omaggiati e corteggiati. Il primo annovera tra i successi la famosa Voce ’e notte dedicata al grande amore della vita, Anna detta Nina che è infine riuscito a sposare e gli ha dato otto figli; Mario invece ha scritto Santa Lucia luntana, Vipera, Balocchi e profumi ma soprattutto La leggenda del Piave, con cui nel 1921 avevano celebrato la traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria e che il nuovo governo italiano, in quel ’44, ha scelto come inno nazionale provvisorio.
Tanto solenne e patriottico “il Piave mormorava” quanto insolente e popolare è la Tammurriata cofirmata dagli autori che diventeranno a breve consuoceri: Ottavio, l’ottavo figlio di Nicolardi, sposerà l’ultima figlia di E. A. Mario, Italia (il nome intero per la verità era Italia Terza Desiderata, perché arrivando dopo altre due femmine il papà tenne a sancire, all’anagrafe, che era contento lo stesso).
nuova compagnia di canto popolare 3
La nascita della canzone è stata raccontata spesso anche con qualche imprecisione. Così ce la restituisce Guido Nicolardi, figlio di Ottavio e Italia, attingendo alle memorie di famiglia: “Mio nonno Edoardo era direttore amministrativo degli Ospedali Riuniti e aveva l’ufficio nei locali del Loreto Crispi in via Crispi.
La sua casa a Salita Piedigrotta era vicina a quella di nonno Mario, in viale Elena, dove ho vissuto anch’io nei primi anni di vita. Un giorno, in ospedale, Edoardo seppe del parto di una ragazza di Portici da cui era nato un bimbo nero e fu anche testimone dello scalpore suscitato.
Così, passando a salutare nonno Mario gli raccontò l’episodio che subito lo intenerì e gli diede lo spunto per una canzone”, dice Guido Nicolardi. “Mentre Mario invitava Edoardo a mettere i versi sulla carta, lui cercava la melodia col mandolino. Poi chiamò la figlia Bruna, un’eccellente pianista: ‘Vieni qui! Pigliame ’sta canzone!’.
Man mano che scriveva, Edoardo leggeva le strofe e Mario ne ritoccava sulla melodia la metrica e gli accenti. Nacque così, di getto, Tammurriata nera. Presi dall’entusiasmo, s’affacciarono e cominciarono a cantarla”. Pochi giorni dopo aleggiava per le strade di Mergellina.
Il racconto di Guido combacia con la versione che rese Bruna in una biografia del padre, puntualizzando che l’ispirazione non derivava dal dileggio di quella nascita né aveva lo scopo di “riderci sopra ipocritamente”, ma scaturiva dalla “commozione provata da E. A. Mario per il coraggio con il quale quella giovanissima madre aveva difeso davanti a tutti la sua scabrosa maternità”.
luciano de crescenzo il mistero di bellavista
Luciano De Crescenzo, testimone dell’epoca, osservò che “in quel periodo erano molte le ragazze che si ritrovavano nella stessa situazione. Quando gli anglo-americani arrivarono in città non ebbero un granché da fare, o meglio, qualcosa da fare c’era, per esempio socializzare con la popolazione locale. Che vi devo dire, evidentemente questi americani erano dei bravi socializzatori”.
“Perciò i miei nonni”, prosegue Guido Nicolardi, “vollero rappresentare il dramma delle tante ragazze che si davano alle truppe straniere, però con tipica ironia napoletana, con un senso di profonda comprensione e senza provincialismi. Edoardo stesso aveva la mamma austriaca, due fratelli emigrati in America e la sorella Luigina sposò Ettore Giannini, il regista della commedia musicale Carosello napoletano, che prima di diventare un film fu applaudita nei teatri di mezzo mondo”.
Tammurriata nera è stata interpretata da dozzine di artisti che l’hanno riarrangiata, elaborata, rimaneggiata. Le diede voce per prima Vera Nandi nelle audizioni per la Piedigrotta del 1944, poi Roberto Murolo, Angela Luce, Massimo Ranieri, Renato Carosone, Gabriella Ferri, Noa (ma Guido ricorda anche Sting, che in un concerto di fine anni Ottanta a New York ne accennò il fraseggio arabeggiante). Fu eseguita nel film Ladri di biciclette da un gruppo di “posteggiatori”; fu riproposta in Passione di Turturro; è stata citata in un pezzo dal rapper Liberato.
Caratteristica unica, però, è stata la sua “reincarnazione” nella versione della Nuova Compagnia di Canto Popolare incisa nel 1974, con l’enfasi sulla “tammorra” e la strumentazione popolare e con l’aggiunta di alcune strofe assemblate da Roberto De Simone, tanto che il musicologo Pasquale Scialò ha definito il brano “un’invenzione dalla doppia vita, con l’innesto di nuovi materiali, giustapposti alla stesura originale, che ne allargano l’orizzonte per creare una scena intertestuale che accoglie i gesti sonori e le voci della città nei giorni della guerra”.
Le strofe apposte in coda dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare, che inserì la tammurriata nell’album Li sarracini adorano lu sole, non piacquero agli eredi di Nicolardi e Mario, fedeli alla stesura originale, ma sono la testimonianza di un’opera che ha continuato a mutare nel tempo come un organismo vivente, o come la memoria di ciascuno che è spesso resa apocrifa o dilatata dal passare degli anni.
Quei versi in più (come “’e signurine ’e Capodichino fanno ammore cu’’e marrucchine”) furono in parte tolti a un singolare “cantastorie” ambulante, Eugenio Pragliola detto Eugenio cu’’e llente perché portava un paio di occhiali senza vetri e si esibiva con la fisarmonica sui tram e gli autobus provinciali; per altra parte vennero pescati in una canzone trascinata al successo da Bing Crosby, Pistol Packin’ Mama, che assurse ai vertici della hit parade americana nell’ottobre 1943, quando le truppe alleate entravano a Napoli e ve la diffondevano assieme alle Lucky Strike, alle Pall Mall e alle tavolette di cioccolata (ma “Lay that pistol down” diventava “E levate ’a pistuldà” e così via, in un’indecifrabile pseudolingua cui ogni ascoltatore finì e finisce per attribuire qualche astruso significato).
nuova compagnia di canto popolare 2
“Recuperammo Tammurriata nera sulla scia del nostro interesse per le tammurriate dell’entroterra campano e allo scopo di ricondurla a una dimensione popolare, come lo era la vicenda che aveva ispirato il brano”, dice Patrizio Trampetti, già componente della Nuova Compagnia, che ha riproposto centinaia di volte la canzone nei suoi concerti e la eseguirà il 28 novembre assieme ad Alfio Antico a Rosignano Marittimo, vicino a Livorno, dove è in programma un evento per festeggiare gli ottant’anni di Tammurriata e i cinquanta della versione di Roberto De Simone.
“Quando incidemmo l’album”, prosegue Trampetti, “la Emi volle stampare anche un 45 giri con il pezzo che restò in classifica per diverse settimane, come non era mai accaduto per un gruppo di musica popolare. Arrivammo a tenere fino a duecento concerti l’anno in Italia e in Europa e abbiamo suonato Tammurriata nera a Berlino, Londra, Edimburgo.
Chi non capiva il testo era immancabilmente trascinato dal ritmo e dalla melodia. L’ho anche sperimentata con improvvisazioni jazzistiche tra una strofa e l’altra e alla fine quadrava sempre tutto. E’ la rara peculiarità delle grandi canzoni: non stancano mai, persino dopo cento ascolti”.
Trampetti rievoca le prove interminabili per i concerti della Nccp finché lui esasperato, un giorno, sbottò in quel “Seh!” dubitativo rivolto alla neo mamma della Tammurriata, però strillandolo un’ottava sopra quando il brano girava nel modo maggiore. Piacque. E da allora i più la eseguono così.
FACCETTA NERAROBERTO MUROLO - 1nuova compagnia di canto popolare 4
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