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    TAMPONI ON THE ROAD - SOLO BOLOGNA SPERIMENTA GLI ESAMI LAMPO FATTI DIRETTAMENTE IN AUTO. CI VOGLIONO 6 MINUTI E SAREBBE POSSIBILE UNO SCREENING A TAPPETO – LA LOMBARDIA ESCLUDE I TEST A TUTTI PERCHÉ ORMAI I NUMERI DEL CONTAGIO SONO TROPPO ALTI. IL VENETO INVECE DA OGGI CI PROVA - IN UMBRIA UNA APP RICOSTRUISCE LA MAPPA DEI CONTAGI


     
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    MaS per “il Giornale”

     

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    A un mese dall' emergenza, non c' è ancora una linea unanime sui tamponi. Ma è chiaro a tutti che il metodo di analisi vada velocizzato: ad oggi i laboratori di microbiologia sono saturi di lavoro ed è già tanto se riescono a formulare una diagnosi entro le 24 ore. I virologi sono divisi sull' efficacia o meno del metodo coreano (finora in sperimentazione a Bologna): grazie al drive-thru, cioè un tampone fatto al paziente sospetto senza che nemmeno scenda dalla sua auto, i tempi si accorcerebbero di gran lunga, fornendo i risultati già in 6 minuti. E sarebbe possibile lo screening a tappeto, rispettando l' indicazione dell' Oms che chiede il maggior numero di test possibili, non solo su chi ha sintomi evidenti.

     

    «La strategia adeguata in questo momento è fare i test a tutti i sintomatici, anche lievi» dice chiaro Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute per l' emergenza coronavirus. La stessa richiesta arriva dall' Istituto superiore di sanità che incoraggia i tamponi soprattutto al Sud e nel Lazio, dove i numeri non sono ancora sfuggiti di mano.

     

     

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    Al momento tuttavia la situazione è molto disordinata. La Lombardia esclude i test a tappeto perché ormai i numeri del contagio sono troppo alti. Il Veneto invece da oggi ci prova per scovare e isolare i soggetti positivi e asintomatici, incubatori capaci di contagiare ognuno una decina di persone.

     

    In Umbria, dove i numeri dell' epidemia sono ben inferiori a quelli lombardi, sta per debuttare un' app, StopCovid19, ideata da una società valtellinese, che ricalca il modello della Corea del Sud: intende cioè tracciare gli spostamenti di tutti e segnalare quando si avvicinano a persone risultate positive. Il governo sta analizzando tutti i pro e i contro del modello che in Corea del Sud ha permesso di dare un ritmo più contenuto (e gestibile) ai numeri dell' epidemia.

     

    Ma significherebbe non solo più test ma anche ricostruire la mappa dei contatti tra le persone tracciando i loro spostamenti. A Seul hanno utilizzato una sorta di Google Map locale che mostra una mappa del Paese piena di pallini verdi, gialli o rossi. Quei cerchietti indicano i luoghi visitati da pazienti infetti, con tanto di data dell' avvenimento, nome e indirizzo della zona da evitare.

     

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    Al di là dei dubbi sul rispetto della privacy, non tutti sono d' accordo con il cambio di rotta sulla mappatura e le diagnosi. «La strategia di contact tracking e diagnosi avviata in Italia è la più razionale ed adatta alle nostre esigenze epidemiologiche. Non va cambiata - frena l' epidemiologo Pierluigi Lopalco - Finiamola con questa sciocchezza che dobbiamo fare più tamponi».

     

    Il virologo del San Raffaele Roberto Burioni pone un' altra questione: «In questo momento è fondamentale fare test sui guariti e chi ha sintomi lievi. Sappiamo che molti stanno a casa 15 giorni con sintomi chiarissimamente attribuibili al coronavirus, poi guariscono. Ma alcuni sono ancora positivi. Su di loro è evidente l' utilità del tampone, per evitare che diventino inconsapevolmente veicolo di contagio».

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