Alessandro Barbera per la Stampa
renzi duce
Matteo Renzi versus Ignazio Visco, atto secondo. Prima scena: Il governatore della Banca d' Italia è sul palco dell' assemblea dell' Abi, la prima volta di fronte al mondo della finanza dopo il via al salvataggio delle banche venete. Ricostruisce con dovizia di dettagli il come, il dove e il perché, aggiungendo dettagli inediti.
Racconta che i potenziali acquirenti sono stati sei, ma che al dunque solo due (Intesa e Unicredit) avrebbero presentato «offerte vincolanti» per parti degli istituti vicini al fallimento. Dice - e con lui il presidente dell' Abi Antonio Patuelli - che i rischi per il sistema bancario si vanno «dissipando» ma ammette che qualche problema c' è ancora (vedi Carige).
VISCO MATTARELLA1
Spiega l' urgenza di istituire una bad bank pubblica per gestire i crediti deteriorati, purché gli sia consentito di acquistarli ad un prezzo più vicino al loro «valore economico», non a quel 20 per cento scarso imposto oggi dal mercato.
La scena numero due avviene quasi in contemporanea: sui tavoli delle agenzie di stampa arriva la versione integrale del libro sui mille giorni di governo Renzi. Uno dei capitoli è dedicato alla vicenda banche, la questione che gli creato più guai di ogni altra. La definisce «una delle sfide perse nel modo più clamoroso» per via dell'«incessante campagna dell' opposizione» che lo presenta come amico dei banchieri.
CIAMPI DRAGHI
Rivendica la trasformazione delle popolari in società per azioni, fra queste proprio le due venete, nonostante le conseguenze politiche: l' azzeramento o quasi delle quote sopravvalutate di soci truffati, la fine del sistema di potere che aveva permesso a Zonin e Consoli di fare il bello e cattivo tempo nonostante una gestione a dir poco discutibile.
MARCO FORTIS
Renzi dice la verità quando racconta che della riforma si discuteva da anni senza arrivare al dunque: il primo progetto è datato 1999, al Tesoro c' erano Carlo Azeglio Ciampi (ministro) e Mario Draghi (direttore generale). Nonostante tutto, Renzi dice che la riforma è «una delle pietre miliari nella storia del credito italiano», e in effetti le accuse di Patuelli agli ex vertici delle popolari vicentine travolti dagli effetti di quella riforma confermano l' assunto. Quindi l' ex premier piazza una frase durissima verso gli attuali vertici di Via Nazionale, rei di aver consigliato male Palazzo Chigi.
PADOAN
Scrive Renzi: «Quando arrivammo a Palazzo Chigi ci affidammo quasi totalmente alle valutazioni e alle considerazioni della Banca d' Italia, rispettosi della solida tradizione di questa prestigiosa istituzione. È questo il nostro errore, che pagheremo assai caro dal punto di vista della reputazione più che della sostanza».
ignazio angeloni
Renzi, segretario riconfermato del principale partito della maggioranza, sa bene che una frase del genere non resta senza conseguenze. Vista da un punto di vista squisitamente politico è un atto di sfiducia verso il governatore il cui mandato scade in autunno. Le voci di palazzo raccontano con sempre più insistenza che Mattarella, Gentiloni e Padoan sarebbero in linea di principio d' accordo nel confermare Visco per altri sei anni. A questo punto è invece evidente che l' agenda del numero uno Pd preveda altro.
andrea enria large
Negli ambienti renziani c' è chi avanza candidature gradite (gira molto il nome di Marco Fortis) ma senza l' esperienza necessaria a guidare una banca centrale. Se in autunno Renzi avrà la forza di imporsi, in campo ci sono almeno due candidati interni (Salvatore Rossi e Fabio Panetta) e tre esterni (Ignazio Angeloni, Andrea Enria, Lorenzo Bini Smaghi).
lorenzo bini smaghi
La battaglia è solo all' inizio. La prudenza con cui Padoan commenta le ipotesi di riduzioni fiscali in autunno - «bisogna valutare con attenzione gli spazi a disposizione» - segnala che in questa fase fra l' azionista di maggioranza e il governo non c' è molto feeling.