Valentina Errante per il Messaggero
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Come un qualunque cittadino o azienda morosi, il Pontificio istituto biblico si era trovato con un fermo amministrativo sul motorino. Motivo: 71mila euro di Tari non pagata nel 2012 che si erano trasformati, su input di Ama, l' azienda dei rifiuti del Comune di Roma, in una cartella esattoriale.
L' Agenzia delle Entrate aveva provveduto come da prassi. Ma i vertici dell' Università del Vaticano, che ha una storia ultracentenaria e una meravigliosa sede nel cuore di Roma, a piazza della Pilotta, erano certi dell' errore: la cartella esattoriale per la tassa sui rifiuti non andava saldata: l' articolo 16 del Trattato Lateranensi esenta l' immenso patrimonio immobiliare Vaticano da tasse e tributi dovuti allo Stato.
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E invece no. La Cassazione ha stabilito il contrario. Il Pontificio Istituto biblico dovrà pagare i 71mila euro. E, a conti fatti, calcolando quanto dovuto negli anni successivi, dovrà versare ad Ama circa un milione e 200mila euro. L' ultima parola su una controversia cominciata più di cinque anni fa è arrivata da pochi giorni.
E il principio vale anche per le altre istituzioni vaticane che hanno eluso il pagamento della Tari e impugnato le cartelle esattoriali davanti alle commissioni Tributarie. Ama, rappresentata dagli avvocati Fabio Litta e Stefano Scicolone, non intende mollare.
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LA CONTROVERSIA Quando l' Agenzia delle entrate ha emesso la cartella esattoriale, il Pontificio istituto biblico ha presentato un ricorso alla commissione tributaria provinciale, ma è stato respinto- Perché la Tari, hanno sostenuto i giudici, è il corrispettivo per un servizio, ossia quello della raccolta dei rifiuti, e non un tributo, per cui l' Istituto pontificio non era esente dal pagamento.
Né, si specificava «sussiste l' obbligo di notifica dell' atto impugnato per via diplomatica», come i legali dell' ente vaticano avevano sostenuto. C' era anche un precedente: l' istanza della Pontificia università gregoriana, che pure non voleva pagare la Tassa sui rifiuti, era già stata bocciata dalla Cassazione.
Ma i legali vaticani non si sono arresi e si sono rivolti alla Commissione Tributaria regionale che, nel 2018, gli ha dato ragione. Nelle motivazioni si fa riferimento ancora al Trattato lateranense e si stabilisce che «l' immobile dove ha sede l' Istituto è esente da tributi sia ordinari che straordinari, presenti e futuri, e che la Tari ha natura tributaria, con conseguente esclusione dell' obbligo di pagamento da parte dell' Istituto pontificio». Ma neppure i legali di Ama intendono arrendersi e impugnano la decisione.
IL VERDETTO La sentenza che cassa definitivamente le pretese del Vaticano è di pochi giorni fa. Scrivono i giudici della VI sezione civile della Cassazione: «L' edificio in questione non è un edificio destinato al culto», il riferimento è al regolamento comunale che, nel 2003, ha escluso dal calcolo alcune superfici perché ritenute incapaci di produrre rifiuti, per loro natura e caratteristiche e per il particolare uso cui sono adibiti.
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E aggiungono che l' esenzione, prevista dall' articolo 16 del Trattato Lateranense, «è ragionevole che concerna, esclusivamente le imposte che gravano sui redditi degli immobili in questione». Conclusione: «Non è sufficiente ai fini dell' esenzione dalla tassa dei rifiuti - scrivono nel verdetto finale - la condizione soggettiva considerata nella richiamata (e sotto questo profilo inattuata) norma del Trattato lateranense». Insomma tocca pagare.
IL TESORO DEL VATICANO
Michele Di Branco per il Messaggero
Per dare un' idea di quanto sia esteso il suo patrimonio immobiliare, si stima che la Chiesa nelle sue molte articolazioni possegga circa un milione di immobili nei cinque Continenti.
Su questa cifra convergono tutte le maggiori società del settore che, nel nostro Paese, attribuiscono agli eredi di Pietro la titolarità di 115 mila immobili. Nel mazzo figurerebbero 9 mila scuole, 26 mila tra chiese, oratori, conventi, campi sportivi e negozi e 5 mila tra cliniche, ospedali e strutture sanitarie di vario genere.
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OSTELLI E RESIDENCE Più complicato stabilire quanti siano gli hotel, i residence e le strutture ricettive in genere, perché per la maggior parte sono di proprietà di ordini di frati e suore, e non delle diocesi. Il sito Ospitalità religiosa ha censito 4.387 strutture per oltre 120 mila posti letto. Solo a Roma, dove ovviamente c' è il cuore pulsante delle attività, sono 2 mila gli enti religiosi e risultano proprietari di circa 20 mila terreni e fabbricati, suddivisi tra città e provincia. Difficile anche stabilire con precisione quanti non abbiano fini di lucro: sicuramente le chiese o gli stabili che sono adibiti ad attività caritative. Per il resto il confine è sempre stato labile.
A conti fatti, in Italia (dove Lombardia e Veneto contribuiscono più che altre Regioni), si parla comunque di un patrimonio stimabile intorno a 4 miliardi di euro. Ma in molti ipotizzano che il valore sia molto più robusto. La difficoltà dei calcoli è anche legata al fatto che il patrimonio, oltre ad essere parcellizzato, è in continua evoluzione con acquisti e vendite che, anche se non ai ritmi del mercato immobiliare complessivo, comunque si verificano.
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Secondo i calcoli dell' Agenzia delle entrate, a Roma il valore complessivo delle abitazioni è di 460 miliardi e la parte di diretta proprietà della Chiesa ammonterebbe dunque allo 0,86% del totale. In Italia, il totale del patrimonio abitativo supera i 6 mila miliardi: la Santa Sede ne possiede lo 0,06 per cento. Per gestire questo patrimonio, al quale ha dato un impulso fondamentale il Giubileo del 2000, la Chiesa si affida a tre enti. Il più importante è l' Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica), che gestisce appartamenti e terreni. Poi c' è Propaganda Fide, che opera nella Capitale amministrando residenze in sessanta palazzi in alcuni dei luoghi più prestigiosi di Roma. Infine c' è il Governatorato della Città del Vaticano.
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Dal punto di vista fiscale, la questione è chiarissima: ogni singola parrocchia o realtà ecclesiastica, se ha una attività commerciale, è tenuta a pagare l' Imu al Comune di riferimento. «Se un convento religioso lavora come un albergo, paghi l' Imu» tuonò a questo proposito Papa Francesco nel 2015 suscitando enorme clamore. Occorre ricordare, a questo proposito, che nel 2013 il governo Monti stabilì che non era sufficiente che l' attività non commerciale praticata all' interno di una proprietà ecclesiastica fosse prevalente per non pagare l' Imu. Dunque da 8 anni solo i locali nei quali si svolge in modo esclusivo attività di culto o di assistenza sono esentati.
Nel 2018 (ultimo dato disponibile) la Chiesa ha versato allo stato italiano 9,2 milioni di Imu. A questa cifra occorre aggiungere quanto versato per gli immobili di Propaganda Fide, della Cei, del Vicariato. Nel primo semestre 2019 è stato versato un acconto di 4 milioni e 434mila euro.
bergoglio con i fedeli brasiliani