Matteo Persivale per il “Corriere della Sera”
taylor swift
A chi appartengono le canzoni di un artista? A chi le scrive e le canta, verrebbe da rispondere a rigor di logica (e di diritto d'autore). La realtà è più complicata, e nel mondo della musica leggera complicatissima. In passato dai Beatles ai Rolling Stones, da George Michael a Prince, artisti e discografici si sono scontrati spesso. Per motivi di principio, di equità e correttezza, e ovviamente, soprattutto, di soldi. Moltissimi soldi.
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Se poi parliamo di Taylor Swift, unica artista ad aver venduto più di un milione di copie del suo nuovo disco nel 2020 (le vendite-monstre degli anni 80 e 90 sono state spazzate via dalla rivoluzione digitale), i soldi in ballo sono moltissimi. Quella di Swift è l'ennesima versione della solita, vecchia storia. Cantante emergente firma un contratto che assegna ai discografici, non a lei, la proprietà dei master - le registrazioni originali - delle sue canzoni. Incide sei dischi, con successo crescente.
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Decide di cambiare etichetta discografica per mantenere la proprietà dei suoi master, avrebbe abbastanza soldi per ricomprare i master dalla vecchia casa discografica ma vengono invece rivenduti a Scooter Braun, manager di Ariana Grande e Justin Bieber ed ex manager di Kanye West, con il quale Swift è in pessimi rapporti.
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Ecco allora la decisione di Swift, comunicata ai fans via social media: ha cominciato a registrare nuovamente i suoi primi sei dischi, a cominciare da «Fearless» del 2010, e li ripubblicherà tutti con lo stesso titolo seguito da «Taylor' s Version», più o meno lo stesso sound (non si diverte, come fa Bob Dylan, a riscrivere le sue canzoni ogni volta che le interpreta) e con molti inediti in più rispetto alle vecchie versioni.
Così il pubblico avrà la possibilità in futuro di comprare le versioni di Swift e di punire la sua vecchia casa discografica. Su Twitter la trentunenne Swift si spiega così: «Ho parlato spesso del motivo per cui sto rifacendo i miei primi sei album, ma il modo in cui ho scelto di farlo, si spera, aiuterà a chiarire le cose definitivamente.
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Gli artisti dovrebbero essere i proprietari del proprio lavoro per molte ragioni: la più ovvia è che l'artista è l'unico che conosce veramente la sua opera». Il collega a sostenere Swift nel modo più deciso, e gli fa onore, è stato Pharrell Williams: «Una situazione criminale, come se a una start-up fosse vietato di avere la titolarità del proprio marchio. Un sistema tutto sbagliato. Gli artisti dovrebbero avere voce in capitolo, con questo sistema ce l'hanno le banche, e gli uomini d'affari».
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