Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Deep fake Zelensky
Il deep fake russo che fa dire a un'immagine digitale di Zelensky, ben riprodotto ma dai movimenti innaturali e la voce incolore, che per l'Ucraina è venuto il momento di deporre le armi, ha l'efficacia di un semplice petardo nella feroce guerra scatenata dal Cremlino: consapevole dell'abilità dei russi nel seminare il caos diffondendo notizie false, il team del presidente ucraino aveva già avvertito i cittadini che sarebbe arrivato un attacco di infowar di questo tipo e nel giro di pochi minuti ha reagito con una videosmentita del vero Zelensky. Le reti sociali, da Facebook a YouTube hanno poi eliminato il falso dalle loro piattaforme.
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Deep fake
Mentre Zelensky liquida il primo tentativo della storia di usare un deep fake come un'arma da guerra definendolo una «provocazione puerile» e mentre gli analisti si chiedono perché l'attesa e temuta offensiva russa di cyberwar non si sia fin qui materializzata salvo qualche tentativo di disinformazione con immagini false e messaggi automatici diffusi nelle reti sociali da bots , ora sono gli ucraini a cominciare a usare l'intelligenza artificiale: grazie all'assistenza di società tecnologiche americane, infatti, il governo di Kiev sta ottenendo l'accesso alla potente e controversa tecnologia del riconoscimento facciale.
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Per fare cosa? In primo luogo per dare un nome ai soldati russi morti in guerra e per controllare i passaggi ai check point, evitando, così, l'infiltrazione di spie russe dotate di documenti falsi. Ma ci sono molti altri impieghi possibili.
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Il governo ucraino non dice molto, ma fin dall'inizio del conflitto ha puntato sul digitale anche grazie alle buone conoscenze informatiche di alcuni suoi giovani ministri.
L'uomo chiave
La figura chiave è quella del vicepremier Mykhailo Fedorov: un 31enne imprenditore delle start up tecnologiche al quale è stata affidata la responsabilità della trasformazione digitale dell'Ucraina.
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Uomo decisivo anche nell'adozione del riconoscimento facciale: lui tace, ma a parlare è la Clearview AI, la società americana che ha messo a disposizione del governo ucraino il suo software più avanzato in questo campo e che ora, evidentemente, vuole farsi pubblicità.
Avendo accumulato un database di oltre 10 miliardi di foto, molte delle quali vengono dall'archivio di VKontakte, una specie di Facebook russa, Clearview ritiene di poter dare un nome a tutti i soldati russi impegnati nell'offensiva in Ucraina. Gli uomini di Zelensky stanno usando questa tecnologia per identificare i militari di Putin morti in modo da poter avvertire le famiglie.
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Mossi dalla speranza di alimentare, in Russia, un'onda di ostilità al conflitto, più che da motivi umanitari.
Database
L'uso del riconoscimento facciale ai posti di blocco è ipotizzato dalla stessa Clearview, ansiosa di vantare le potenzialità della sua tecnologia e di moltiplicare i servizi offerti. In una presentazione a porte chiuse agli investitori (la cui registrazione è stata arrivata al Washington Post che l'ha pubblicata) Clearview afferma che entro un anno arriverà a costruire un database di ben 100 miliardi di foto.
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Se sono veri i numeri del database in costruzione (la società potrebbe aver esagerato per attrarre gli investitori) presto Clearview disporrà, in media, di 14 immagini per ognuno dei 7 miliardi di abitanti del Pianeta.
La società, che ha comprato gli archivi fotografici delle reti sociali, zeppi di immagini dei loro utenti, è ora in grado di proporre un modello di sorveglianza universale che spaventa anche i governi clienti di Clearview.
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Che ora parlano, tardivamente, di regolamentazione. Aiutare l'Ucraina può essere anche un modo per evitare regole e limiti: ci si presenta come azienda patriottica e si cerca di far dimenticare il carattere enormemente invasivo della propria tecnologia.