Pino Corrias per il Fattoquotidiano.it
matteo salvini
Un po’ prima del cambio di copione, di costume e di scena, Matteo Salvini era un padano gagliardo, con l’orecchino al lobo, la ruspa nel cuore, la felpa verde sull’ampio petto, dove esibiva una sola idea alla volta e, esagerando, due: “Sono lombardo. Voto lombardo”.
Matteo Salvini e Arduino Paniccia - Copyright Pizzi
Nella Lega del Bossi Fondatore, c’è cascato da piccolo, all’ultimo anno del liceo Manzoni, autunno 1990, scrollandosi di dosso la polvere (e il buon fumo) del Leoncavallo, per diventare “comunista padano”, a nome di tutti gli sfruttati di Roma ladrona e di “Napoli merda, Napoli colera”.
Matteo Salvini e Guido POdesta LA PADANIA NON è ITALIA
Erano i tempi del Formentini sindaco, dei matrimoni celtici, della Guardia padana che prometteva bossoli al giudice Guido Papalia di Verona, colpevole di indagare le camicie verdi per “attentato all’integrità della Nazione”. Lui batteva i mercati rionali al grido di “Secessione, secessione!”, con la bandiera, il megafono, il cuore aperto, il pugno chiuso, l’eloquio elastico: “Mi piace parlare con tutti. Mi dà la carica”.
MATTEO SALVINI
Credeva alle divine acque del Dio Po, alla sacra ampolla, a tutte le scempiaggini che si inventavano l’illusionista di Cassano Magnago e il suo scudiero, il piccolo Bobo Maroni, i suoi due capi carismatici, che lento-lento, chiatto-chiatto, ha fatto fuori una alla volta, vatti a fidare dei discepoli.
un giovane matteo salvini
MATTEO SALVINI MENTRE CIUCCIA LA BANANA
Matteo Salvini nasce robusto nell’anno 1973 a Milano. Gioca a calcio e beve gazzosa. Studia fino al diploma. Gramellini ha scritto che non ha mai lavorato un giorno, ma non è vero, per pagarsi la vacanza in Adriatico ha cucinato hamburger e pedalato per Speedy Pizza. Poi siccome sudava, ha deciso di riposarsi a carico nostro, diventando il più giovane consigliere comunale di Milano. Dentro Palazzo Marino ci è rimasto diciannove anni. Segnalandosi al mondo per la fissazione di “spianare i campi Rom”, proporre vagoni della metropolitana separati per le signore milanesi e i baluba di colore, rifiutarsi di stringere la mano al presidente Carlo Azeglio Ciampi, in visita a Milano, anno 1999: “No, grazie, dottore, lei non mi rappresenta”. Dove la parola chiave era “dottore”.
MATTEO SALVINI COME RENATO POZZETTO FLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONI
Infischiandosene dell’Europa e delle sue burocrazie buone a nulla, si è preso la seggiola più alta di Bruxelles, europarlamentare per tre legislature. Stipendio dopo stipendio è diventato euroscettico, come il suo amico Mario Borghezio. E siccome detestava il familismo amorale della prima Repubblica, si è portato dietro, come assistenti a 12 mila euro al mese, la parte più fortunata della famiglia Bossi, Franco, il fratello del Capo e Riccardo, il figlio. Uno che riparava motori a Fagnano Olona, l’altro che li fondeva correndo come pilota di rally.
MATTEO SALVINI CONTESTATO A NAPOLI UN GIOVANE MATTEO SALVINI A DOPPIO SLALOM
Quando comincia il declino della Lega – lo scandalo delle quote latte, la malattia di Umberto, il cerchio magico che lo imprigiona, le lotte tra i colonnelli - Salvini è un veterano che sta per conto suo. Coltiva i suoi scudieri a Radio Padania Libera, guida marce a scongiurare moschee, protesta contro i troppi professori meridionali nelle scuole del Nord, accudisce i Giovani padani che lo chiamano “Il Capitano”. Intanto si sposa, fa un figlio. Disfa il matrimonio. Fa una seconda figlia con un’altra donna, ma stavolta niente altare.
UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 4 MATTEO SALVINI CONTESTATO A NAPOLI
UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 3
Guarda a ciglio asciutto il suo partito, che dal coltello della rivoluzione permanente (“E’ l’anno del Samurai, taglieremo la gola al sistema!”) passa direttamente alla forchetta, istruito dal berlusconismo rampante, piegato dalle leggi ad personam, ridicolizzato dalle avventure del Trota, l’altro promettente figlio del Capo. E’ l’ultimo arrembaggio della vecchia guardia, protagonista un personaggio come Francesco Belsito, ex buttafuori di discoteca, diventato tesoriere della Lega, ma per i giudici, anche “il bancomat di casa Bossi”.
UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 2
Un Terminator che a forza di diamanti della Tanzania, rimborsi non certificati e altri investimenti balordi, farà precipitare i conti del partito in un rosso da 48 milioni di euro. E a un incasso elettorale, alle politiche del 2013, franato al 4 per cento: anticamera dei libri contabili in tribunale e del partito ai giardinetti.
UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI
E’ in quel momento che Matteo Salvini si rimbocca la felpa e annuncia il nuovo corso: dio, patria e famiglia. Archivia Bossi con una frase: “Ha fatto tanto, però la storia va avanti”. Poi Maroni e pure Luca Zaia, plenipotenziario della “nazione Veneta” che piace alle partite Iva. Il 7 dicembre del 2013, festa di Sant’Ambrogio, conquista la segreteria con l’82 per cento dei voti. Quel giorno, in platea lo applaude anche un tale Aleksey Komev, presidente della neonata associazione Lombardia-Russia che annota e approva.
COPERTINA DI OGGI CON SALVINI
Chi è? Risulterà uno dei primi indizi di quella benevolenza – declinata in abbracci pubblici, inviti privati, ma mai in rubli, assicurano - che lo Zar Putin accorda al nascente sovranismo di Matteo. Così come, a stretto giro, la Russia ha fatto con la cugina francese Marine Le Pen, con l’ungherese Orban: tutti inciampi gettati tra gli ingranaggi dell’Europa troppo tedesca, troppo ricca, troppo forte. Per indebolirla un pezzo alla volta. Trasformarla nel paesaggio preferito dagli oligarchi foderati di materie prime e di contanti, che sognano di sorvolare una Europa in saldo.
matteo salvini
Con il tavolino delle tre carte in mano, Matteo stabilisce che il Po non è più il confine del suo mondo, ma il nuovo punto di partenza della Lega. Cancella gli insulti contro i meridionali. Cavalca a braccia aperte verso Sud, conquista la Romagna, scavalca l’Appennino. La sua parola d’ordine, contro l’invasione “degli africani e dell’Islam”, diventa: “Prima gli italiani. Padroni a casa nostra”. E per casa, stavolta intende tutto intero lo stivale, dai canali scintillanti di Venezia, agli scempi edilizi della Valle dei templi di Agrigento. Il suo economista di fiducia, Claudio Borghi, detta la linea: “Con la crisi, Nord e Sud sono sulla stessa barca. Bisogna recuperare la sovranità monetaria dell’Italia intera”. Ha un libro nella fondina: “Il tramonto dell’euro” di Alberto Bagnai.
MATTEO SALVINI CON LA MAGLIETTA DI PUTIN razzi e salvini in corea del nord 2
Con la nuova mappa, si mette in viaggio. Accarezza periferie e rancori. Maledice le tasse, inneggia alla legittima difesa. Non si scompone davanti alle bandiere di Casa Pound. E quando a Macerata Luca Traini, giustiziere con la testa vuota, prova a fucilare sette immigrati per “odio razziale”, lui deplora, ma non del tutto: “E’ anche colpa di chi ci riempie di clandestini”.
A chi gli rimprovera gli scandali della Lega, i 48 milioni di euro da restituire alla medesima collettività che si vanta di difendere, lui risponde con una alzata di spalle e un inno al futuro: “Sono la nuova Lega, non ho tempo per il passato”.
la visita al campo rom di matteo salvini 13
Accomodato dentro la sua permanente campagna elettorale, come in una vasca da bagno, perfeziona nell’ultimo anno il suo capolavoro. Liquida Matteo Renzi con una smorfia: “Vuole il potere per il potere. E’ cattivo”. Si mette spalla a spalla con l’ultimo dei suoi dante causa, Silvio Berlusconi, e lo tratta come si fa con la vecchia argenteria: “E’ finito il tempo delle cena a Arcore”. Usa la Destra come un taxi.
BERLUSCONI SALVINI salvini e putin
Indossa la cravatta e perfino una nuova fidanzata glamour, la bella Elisa Isoardi, con coda di copertine dei settimanali pop, foto con figli in spalla, baci e bagnasciuga. Tutta roba buona per certificare che anche lui ha un cuore. O almeno ce l’ha fino a un certo punto. E il punto è la stravittoria elettorale del 4 marzo che saluta avvertendo i suoi: “Da oggi la Lega ha una voce unica. Chiunque dica qualcosa fuori posto, si accomoda fuori dalla porta”. Regola che per lui non vale. Capace com’è di dire ai nuovi schiavi che raccolgono pomodori per venti euro al giorno: “La pacchia è finita”. E di insultare a freddo la Tunisia, “che ci manda solo galeotti”, rischiando il rimpatrio del nostro ambasciatore.
SALVINI CONTRO MARINO
Da tempo i giornali hanno smesso di chiamarlo Cazzaro Verde e Ragazzotto. Risulta (incredibilmente) il più autorevole del nuovo esecutivo. Di sicuro il più abile, visto come si si è cucinato, nel doppio forno, Gigi Di Maio, l’elegantone. Poi il professor Giuseppe Conte, detto il Dandy. E persino la bianca scorza di Sergio Mattarella, che stavolta non ha chiamato dottore, ma “presidente”. A noi, dalle ore 16 del 31 maggio scorso, tocca chiamarlo signor Ministro dell’Interno.
matteo salvini e marine le pen ballano in pista 21 salvini balla con marine le pen