Estratto dell’articolo di Antioco Fois per “la Repubblica”
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Per smascherare chi aveva dato in pasto alle chat di guardoni due sue foto, fatte anni prima, che la mostravano seminuda in un corpo ancora acerbo da 14enne. Chiara (nome di fantasia) è riuscita a risalire ai responsabili che gestivano le chat Telegram “Perugia scambio foto chat” e “Perugia Nuda”, dove una quarantina di ragazzi collezionava scatti osé rubati a molte altre adolescenti.
Un catalogo di ex fidanzate, amiche, compagne di scuola, fatto di immagini sfuggite ai circuiti delle conversazioni private, per essere scambiate e commentate come figurine. Con l’aiuto di un’amica, Chiara ha raccolto la prova che anche lei era finita esposta in quella piazza virtuale. E con l’avvocato Francesco Gatti ha presentato denuncia alla polizia postale.
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I due amministratori dei canali di messaggistica hanno 21 e 22 anni. Uno fa il modello tra Milano e New York, l’altro studia all’università. Sono finiti davanti al gup con una richiesta di rinvio a giudizio della procura di Perugia, che muove le accuse pesantissime di revenge porn e pedopornografia.
Chiara, quando è iniziata questa vicenda?
«Tre anni fa, quando facevo l’ultimo anno del liceo, un’amica mi ha detto che su Telegram giravano delle mie foto private. Con l’aiuto di due amici era riuscita a infiltrarsi in una chat, fingendosi un uomo e scoprendo quelle immagini che nel 2015 avevo mandato al mio fidanzato dell’epoca.
Sono rimasta sconvolta, erano in circolazione già da cinque anni».
Cosa avete fatto?
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«Abbiamo escogitato un piano per raccogliere prove da allegare a una denuncia. Abbiamo creato una chat privata Whatsapp per attirare l’amministratore del gruppo Telegram. E quando ha abboccato, ci ha subito rivelato che esisteva anche un secondo gruppo. Ci siamo finte due ragazzi, facendogli credere di avere delle foto di ragazzine da scambiare».
Cosa ha scoperto?
«Che si trattava di un mio coetaneo, che all’epoca conoscevo di vista, e quando con una scusa l’abbiamo convinto a incontrarci ci siamo presentate a casa sua, una villetta sulle colline appena fuori città. Ci siamo fatte accompagnare da due nostri amici e quando ci ha viste ha capito subito cosa stava accadendo. Ed è sbiancato».
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Lui cos’ha detto?
«Si è disperato, è caduto in ginocchio, chiedeva scusa. Piangeva e ci pregava di non denunciarlo. Diceva che sua madre stava per morire. Abbiamo registrato la sua “confessione” e ci siamo fatte consegnare il suo iPhone. […]».
Come ha vissuto questa vicenda?
«È stato un incubo che ancora non è svanito del tutto. Mi sono sentita sbagliata, non mangiavo, ho perso tanti mesi di scuola, ho dovuto cambiare molti istituti, per il dolore e la vergogna». […]
In tribunale hanno chiesto la messa alla prova, è d’accordo?
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«Non ci opponiamo, non ci interessa la condanna, ma un percorso di pentimento. Sono fiduciosa che si possano rendere conto della situazione devastante che hanno creato».
Ci sono altre ragazze che dopo di lei hanno scoperto di essere finite in quelle due chat?
«Alcune le ho riconosciute e le ho fatte contattare dalla polizia. C’è chi ha deciso di denunciare e chi no. In quella situazione la paura di essere giudicate è tanta». […]
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