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    TE LO MITTAL IN QUEL POSTO – ARCELOR HA SOSPESO I DIPENDENTI DELLO STABILIMENTO DI GENOVA “DAL LAVORO E DALLA RETRIBUZIONE”, DENUNCIANDO CHE NON PUÒ PORTARE AVANTI L'OPERATIVITÀ DELLA FABBRICA A CAUSA DELLE PROTESTE DELLA FIOM – LA POLVERIERA È ESPLOSA E I SINDACATI ATTACCANO IL GOVERNO: “DÀ SOLDI E TRATTA CON UNA SOCIETÀ CHE USA COME UNICO MEZZO DI GESTIONE DEL PERSONALE I LICENZIAMENTI” – SE ENTRO IL 30 NOVEMBRE NON CI SARA' UN ACCORDO, MITTAL PUÒ ANDARSENE DALL'ITALIA PAGANDO 500 MILIONI MA…


     
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    Gilda Ferrari per “la Stampa”

     

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    La polveriera è esplosa. ArcelorMittal Italia sospende i dipendenti dello stabilimento di Genova «dal lavoro e dalla retribuzione», denunciando che non può portare avanti l' operatività della fabbrica a causa delle proteste della Fiom contro i licenziamenti.

     

    E i metalmeccanici rispondono organizzando un corteo che questa mattina partirà dai cancelli di Cornigliano in direzione centro città, raccogliendo a Sampierdarena l' adesione di altri lavoratori in arrivo dal porto e da tutte le grandi fabbriche del territorio.

    GIUSEPPE CONTE CON LAKSHMI MITTAL GIUSEPPE CONTE CON LAKSHMI MITTAL

     

    Lo scontro tra la società guidata da Lucia Morselli e Fiom Genova è frontale. Non è in corso alcun tentativo di mediazione sul caso dei tre dei operai licenziati dopo che avrebbero allestito una sala refettorio dentro l' officina manutenzioni. Dopo le assemblee, ieri all' alba i siderurgici hanno avviato la protesta che prevede il blocco dei camion ai varchi.

     

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    Mittal ha risposto avviando la sospensione dei lavoratori, un' iniziativa che il segretario di Fiom Genova definisce «una serrata mascherata». «Il governo è complice - attacca Bruno Manganaro - dà soldi e tratta con una società che usa come unico mezzo di gestione del personale i licenziamenti».

     

    «Il blocco dei varchi di ingresso allo stabilimento di Cornigliano - comunica AmInvestCo - impedisce la prosecuzione dell' attività produttiva in condizioni di economicità e sicurezza. Riservata ogni iniziativa per i gravi danni conseguenti a tale illegittima iniziativa, per la quale è già stata interessata l' autorità giudiziaria, lo stato di fatto impone la cessazione di attività operative fino al ristabilimento della situazione di legalità e di normale funzionamento».

     

    LUCIA MORSELLI LUCIA MORSELLI

    La prima lettera è stata consegnata a mano a un lavoratore: «Lei è pertanto sospeso dal lavoro e dalla retribuzione. Procederemo a richiedere la cassa integrazione».

     

    I segretari generali di Fim, Fiom e Uilm chiedono un «incontro urgente» al ministro dello Sviluppo, Patuanelli, «per conoscere, a pochi giorni dalla scadenza del 30 novembre, qual è lo stato della trattativa».

     

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    «La situazione nei vari siti produttivi è diventata drammatica - denunciano Roberto Bengaglia, Francesca Re David e Rocco Palombella - anche per l' atteggiamento chiuso di Ami nelle relazioni sindacali. Il ricorso a provvedimenti disciplinari, con licenziamenti, ha raggiunto un livello insostenibile». Per i segretari «qualsiasi ipotesi di differimento della data del 30 novembre renderebbe la situazione non più gestibile».

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    Il 30 novembre è il termine entro cui - secondo l' accordo del 4 marzo firmato da governo e Mittal davanti al Tribunale di Milano - Invitalia e la multinazionale avrebbero dovuto incassare l' accordo sindacale sul nuovo contratto di investimento. Malgrado si tratti da marzo, le parti non hanno raggiunto un' intesa completa su come risanare e rilanciare gli stabilimenti.

     

    protesta dei lavoratori di arcelor mittal genova protesta dei lavoratori di arcelor mittal genova

    Se entro il 30 novembre non c' è accordo, Mittal può andarsene dall' Italia pagando 500 milioni, ma questa non sembra essere l' intenzione. «Invitalia e ArcelorMittal stanno lavorando sul piano industriale - dice una fonte di questo giornale - il clima è buono, ma serve più tempo. Entro novembre le parti firmeranno un accordo quadro, che dovrà poi essere completato nei contenuti nei prossimi mesi». Il dossier siderurgico, insomma, non sarà risolto entro il 2020.

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