Arianna Ravelli per il “Corriere della Sera”
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La vicenda del nuovo stadio di Inter& Milan, fin qui trattata come «nuovo San Siro», potrebbe dover cambiare definizione e contorni. Smettere di essere di Inter & Milan assieme, intanto. E magari alla fine non portare più nemmeno alla demolizione di San Siro. Lo dice la logica.
Non c’è niente di deciso, nessun passo è stato compiuto, ma il termometro registra un raffreddamento sia del piano così come concepito fin qui (abbattimento del Meazza, costruzione del nuovo impianto «la Cattedrale» nell’area a fianco dentro un progetto di riqualificazione con uffici e aree verdi), sia soprattutto dell’idea che i due club continuino assieme. È la conclusione cui si arriva se si uniscono tutti i puntini. Con ordine. Perché non più assieme, intanto: l’Inter sta affrontando una fase societaria delicata, che i tifosi del Milan conoscono bene per averla vissuta nel recente passato.
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La famiglia Zhang ha una statura diversa dal misterioso Yonghong Li, ma sono ben noti la stretta agli investimenti imposta dal governo cinese, il prestito di 275 milioni che va estinto o rinegoziato nel 2024 con il fondo Oaktree (che in caso contrario diventerebbe proprietario, come Elliott col Milan), e anche i rumors provenienti dal mondo della finanza che parlano del mandato affidato a Goldman Sachs per trovare un acquirente, che potrebbe arrivare a breve a conclusione.
Comunque vada a finire, non è un’incognita di poco conto che pende sul piano. Ed ecco perché il Milan (con la spinta del nuovo proprietario Gerry Cardinale) è stato, e sarà sempre di più, costretto a prendere in considerazione piani B, C e D, per costruirsi lo stadio da solo, che sia a Sesto, a San Donato o nell’ultima area presa in considerazione, quella dell’ippodromo La Maura, sempre a San Siro, ma che ha l’enorme vantaggio di essere privata.
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