Giuseppe Scarpa per www.repubblica.it
mohamed abdirahman sheik issa
È scontro aperto nell'ambasciata somala nel quartiere Prati. Da venti giorni va in scena una guerra tra vecchi e nuovi diplomatici. Il passaggio di consegne tra ambasciatori è finito malissimo. Nel peggiore dei modi, con scomuniche reciproche e alla fine con la conquista del villino dei primi del Novecento.
Il rappresentante appena nominato dal governo di Mogadiscio, cugino dell'attuale presidente della Somalia, si è barricato all'interno. Ahmed Adbirahman Nur ha forzato le serrature e ha sfrattato il predecessore, Mohamed Abdirahman Sheik Issa, che non aveva ancora terminato il suo mandato. Di fatto ancora in carica. Almeno questa è la versione offerta dallo stesso "sfrattato", Issa, alla polizia.
Un caso delicato, nel cuore della Capitale, che investe la turbolenta politica somala e su cui adesso indaga anche la procura per invasione arbitraria di edifici. Al momento a carico di ignoti. È possibile che a breve scatteranno le prime iscrizioni. Tuttavia forze dell'ordine e pm ci vanno con i piedi di piombo, è possibile che il conflitto romano tra diplomatici somali rifletta, in Patria, faide tra diversi gruppi di potere.
ahmed adbirahman nur
Il blitz va in scena il 7 aprile. In piena notte il nuovo diplomatico, con la carica di "incaricato d'affari" (non ufficialmente di ambasciatore, una sorta di reggente), entra in via dei Gracchi al civico 305. Non avvisa il suo successore che, in quel momento, ancora detiene le chiavi ed è a tutti gli effetti l'ambasciatore in Italia della Somalia. Il colpo di mano riesce.
Accompagnato da un fabbro e da un falegname sfonda le porte. Poi si barrica dentro. Nuove serrature, nuove chiavi, nuovo padrone di casa. Così si sarebbe impadronito della struttura. Ahmed Adbirahman Nur, parente stretto dell'attuale numero uno somalo Mohamed Abdullahi Farmajo, prende il possesso del villino, del parco macchine.
Il vecchio ambasciatore viene estromesso. La mattina, quando cerca di entrare, trova l'ingresso sbarrato. Per Mohamed Abdirahman Sheik Issa non c'è più posto in via dei Gracchi. L'uomo, che da 4 anni reggeva le redini della sede diplomatica, fa fatica a credere a quello che sta succedendo.
ambasciata della somalia a roma
Il successore, Sheik Issa, avrebbe anche acquisito documenti top secret custoditi nell'ambasciata. Un colpo di mano, almeno secondo la versione dello sfrattato. Il vecchio inquilino, che sapeva di dover andar via, rimane sorpreso dalla spregiudicatezza di Adbirahman Nur. Chiede spiegazioni ma non riceve nessun tipo di risposta. La staffetta tra i due sarebbe dovuta avvenire in altri modi. Un protocollo da rispettare tra diplomatici. Un passaggio di consegne pacifico. Niente di tutto questo.
mohamed abdirahman sheik issa
Ecco allora che Abdirahman Sheik Issa decide di percorrere un'altra strada. Denuncia lo sfratto al commissariato Prati e invoca la "protezione diplomatica. È in pericolo la mia incolumità personale quale ambasciatore in carica". Spiega agli investigatori che gli è "fisicamente impedito l'esercizio delle funzioni tuttora in corso.
ambasciata della somalia a roma.
La rappresentanza diplomatica si trova in stato di sequestro". Le accuse che lancia al suo successore sono pesanti. Tutte da verificare. Per questo motivo gli inquirenti vanno avanti con prudenza. L'interrogativo è se il blitz in via dei Gracchi è stato autorizzato direttamente da Mogadiscio, per estromettere con la forza il vecchio Sheik Issa. Oppure se si è trattato di un progetto coltivato in autonomia da Adbirahman Nur.
mohamed abdirahman sheik issa
L'avvocato Alì Abukar Hayo, che difende le ragioni dello sfrattato, conferma chei pm "stanno lavorando sul caso". Il penalista non vuole aggiungere altro. "Attualmente è in corso un'indagine da parte della procura - sottolinea Hayo - Perciò allo stato non posso rilasciare alcun commento per rispetto dell'attività che stanno svolgendo inquirenti e investigatori". Per adesso Adbirahman Nur rimane asserragliato. Il suo rivale cacciato è pronto a rientrare.
ahmed abdirahman nur con chileshe kapwepwe