HERBERT DIESS
Teodoro Chiarelli per “la Stampa”
A sorpresa, ma mica poi tanto, va via l'amministratore delegato di Volkswagen, Herbert Diess. Il nome del successore è già stabilito: sarà Oliver Blume, ceo della Porsche, e assumerà la carica il primo settembre. La decisione è stata comunicata dopo una riunione del Consiglio di sorveglianza. Il 63enne Diess, arrivato al vertice dopo lo scandalo Dieselgate, lascia dopo quattro anni la leadership del gruppo Volkswagen, di cui in precedenza aveva guidato il settore auto private.
OLIVER BLUME
Il suo obiettivo dichiarato era sbaragliare Elon Musk sul fronte dell'auto elettrica. Ancora lo scorso giugno Diess aveva dichiarato che Volkswagen può superare Tesla e diventare il più grande produttore di veicoli elettrici entro il 2025, approfittando di quelli che il ceo tedesco definiva «momenti di debolezza» del gruppo americano. L'annuncio che Diess veniva "amichevolmente" scaricato è arrivato inatteso nella tempistica, ma si sapeva che il suo contratto, in scadenza nella primavera del prossimo anno, non sarebbe stato rinnovato.
Troppo duri gli scontri con il potente sindacato tedesco che, come è noto, siede negli organismi di sorveglianza del gruppo. Tanto che anche lo Stato della Bassa Sassonia, secondo azionista dopo la famiglia Porsche-Piëch, avrebbe preso le distanze nei suoi confronti. Da tempo Diess era al centro di discussioni e polemiche.
HERBERT DIESS E ELON MUSK
L'ultimo litigio nella dirigenza era stato sulla guida e sulla performance della controllata Cariad, specializzata nello sviluppo di software automotive. Durissimo lo scontro con Daniela Cavallo, quarantasettenne figlia di un emigrato calabrese, presidente del consiglio di sorveglianza nonché, soprattutto, capo del comitato aziendale che rappresenta 600 mila dipendenti Vw di tutto il mondo (la metà in Germania).
Nel dicembre 2021 Diess aveva già rischiato il posto per le forti proteste dei dipendenti contro 30 mila tagli annunciati nella zona di Wolfsburg, cuore del mondo Vw. In quella occasione a salvarlo è stata, paradossalmente, la pandemia di Covid che ha imposto ben altre emergenze, tanto che la famiglia Porsche-Piëch ha finito per confermargli il proprio appoggio.
OLIVER BLUME
In realtà il rapporto di fiducia si è incrinato già alla fine del 2020 quando Diess ha sfidato il board del gruppo chiedendo un prolungamento del suo contratto in scadenza tre anni dopo come segno di fiducia nella sua opera di ristrutturazione e riposizionamento di Volkswagen. Un programma lacrime e sangue per accelerare la transizione verso l'elettrico fieramente contestato dai sindacati e in particolare dal capo del consiglio di fabbrica, Bernd Osterloh, e dal numero uno del sindacato IG Metall, Jörg Hofmann.
HERBERT DIESS
Un braccio di ferro durissimo, tanto che la riunione del consiglio di sorveglianza fu definita allora dai media tedeschi come "la notte dei lunghi coltelli". Alla fin il board confermò la fiducia a Diess, ma non gli concesse il rinnovo anticipato del contratto. Una cambiale che ieri è arrivata in scadenza, addirittura con 6-7 mesi di anticipo. «Il gruppo vuole garantire che la sicurezza del lavoro e la redditività rimangano obiettivi aziendali ugualmente importanti nei prossimi anni - ha commentato senza nemmeno concedere l'onore delle armi, Daniela Cavallo - Il nostro obiettivo come organizzazione dei dipendenti è chiaro: tutti i nostri colleghi devono essere coinvolti. Le decisioni di oggi rendono omaggio a questo». Ora a Wolfsburg inizia l'era di Oliver Blume, assistito operativamente dal Cfo di Volkswagen, Arno Antlitz. E Diess? C'è chi dice che possa finire nell'orbita proprio di Tesla.