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    THE BLAIR’S PROJECT - TONY IS BACK! - LA NOTIZIA SPOPOLA IN GRAN BRETAGNA PROPRIO MENTRE LE AMMINISTRATIVE SANCISCONO LA DEBOLEZZA DI CAMERON - È TEMPO DI ARIA NUOVA? CHISSÀ SE LA SCELTA DI MILIBRAND DI RISPOLVERARE IL VECCHIO TONY (USCITO DA DOWNING STREET NEL 2007 DOPO UNA STORICA TRIPLETTA ELETTORALE) SARÀ AZZECCATA - UN SONDAGGIO DEL “GUARDIAN” DICE IL CONTRARIO…


     
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    Gaia Cesare per "il Giornale"

    Tony BlairTony Blair

    Tremate, tremate, Blair e le sue stregonerie son tornate. Come per incantesimo, è bastata un'indiscrezione - la notizia che l'ex premier vuole tornare ad avere un ruolo nella politica britannica - per avvelenare in un colpo solo il boccone di laburisti e conservatori, ognuno alle prese coi propri guai: la forte perdita di consensi per i Tory al governo e la crisi di leadership del Labour all'opposizione.

    David CameronDavid Cameron

    In attesa dei risultati delle amministrative, che saranno resi noti oggi, nel giorno che con molta probabilità riconfermerà il Tory Boris Johnson sindaco di Londra, ma anche nel giorno in cui i laburisti dovrebbe prendersi la rivincita in centinaia di consigli comunali, il terremoto Blair spiazza tutti e ridisegna nuovi scenari.«È pronto - ha riferito a Public Affairs News, una fonte vicina all'ex premier - Vuole tornare a impegnarsi in Gran Bretagna. Ha cose da dire ed è convinto che sia arrivato il momento».

    Come per incantesimo, il mago del «New Labour» - ex primo ministro dei record, arrivato a Downing Street a soli 43 anni e uscito nel 2007 dopo una storica tripletta elettorale, il protagonista della «Cool Britannia» in cui l'economia marciava, la City dominava e Londra era la città più trendy del pianeta, il leader della «Terza Via» che ha fatto sognare la sinistra mondiale, ha fatto rizzare i capelli alla sinistra degli ortodossi e ha convinto i mercati, i liberali e pure Sua Maestà - finisce per turbare il sonno a laburisti e conservatori.

    ED MILIBAND CON IL SUNED MILIBAND CON IL SUN

    Perché il ciclone Blair ha due effetti. Primo: fa tremare David Cameron, la cui leadership da oggi rischia di essere messa pesantemente in discussione se, come dicono i pronostici, i Tory vinceranno davvero solo a Londra, dove a trionfare è però uno dei più insidiosi rivali interni del premier, quel Boris Johnson che ieri sul Sun ha attaccato governo e Tesoro, toccandoli nel vivo e mostrando ambizioni da capo di governo: «Non è stata la mia finanziaria. Non ho visto tutti i dati del Tesoro ma è altamente improbabile che avrei presentato una Finanziaria del genere».

    BORIS JOHNSONBORIS JOHNSON

    Secondo effetto: il grande ritorno di Blair fa tornare il Labour a sognare, ma gli crea anche un grosso problema interno. Terrorizza l'ala dura del partito, che non gli ha mai più perdonato la decisione di entrare in guerra con l'Irak, l'amicizia con Bush, lo stile di governo mediatico (fu padrino della figlia di Murdoch ma lo si è scoperto solo a scandalo scoperchiato) e ora, nei suoi cinque anni lontani da Westminster, non gli perdona i soldi facili fatti con le conferenze (250 mila dollari per un discorso di un'ora e mezzo) e le consulenze strapagate (un milione di dollari l'anno) per gli amici della banca d'investimento JPMorgan Chase.

    Il quotidiano progressista Guardian - nemico del Blair «guerrafondaio» - ieri ha lanciato sul sito un sondaggio il cui risultato - a click ancora aperti - era già netto: il 68% dice no al ritorno dell'ex premier. Impietosi i commenti: «Benvenuto sì, con un mandato d'arresto»; «Caz.., i Tory hanno già un leader».

    Eppure Blair, politico dal grande fiuto, è convinto che i tempi siano maturi e ha assunto una nuova responsabile per la comunicazione, Rachel Grant. Addio al ruolo e agli scarsi risultati di inviato di Onu, Usa, Russia e Ue per il Medio Oriente. Il primo passo sarebbe un seggio alla Camera dei Lord, ma l'obiettivo finale è Downing Street. A luglio farà la sua prima uscita a una cena per le Olimpiadi al fianco di Ed Miliband. Il leader del Labour si dice «deliziato» dall'idea di vederlo di nuovo in campo. Forse la prova che la leadership laburista non è mai stata così debole.

     

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