the end of the f *** ing world

SERIE DA PRENDERE SUL SERIO – ALT! "THE END OF THE FUCKING WORLD" NON È LA FINE DEL MONDO. ANZI! PER BUONA PARTE DELLA SECONDA STAGIONE SI FINISCE PER CHIEDERSI “MA PERCHÉ”? È SEMPLICE. PER NETFLIX COSTAVA POCO E CONTINUARE NON PRESENTAVA NESSUN RISCHIO PRODUTTIVO – È LA TV IN STREAMING, CHE PERMETTE DI FARE PERLE COME “BOJACK HORSEMAN” MA NON RINNOVARLE E CI RIPROPINA SERIE SU LICEALI ZOZZONE FATTE CON L’ALGORITMO. TANTO TUTTI SI GUARDANO TUTTO… – VIDEO

 

Gianmaria Tammaro per Dagospia

 

BOJACK HORSEMAN

In questa bulimia seriale, in questo continuo fagocitare, vedere, rivedere, bingewatchare serie tv di qualunque tipo e forma, rischiamo di perdere la bussola, e di dimenticare quello che, in un primo luogo, ha reso questo linguaggio imprescindibile e ha riportato il piccolo schermo sull’onda del successo. Prima di arrivare al punto, però, facciamo una piccola deviazione, e citiamo un caso, uno degli ultimi che sono successi, che con questa faccenda delle serie che vengono continuamente rinnovate, perché vanno bene, perché è il pubblico che ce lo chiede, c’entra abbastanza.

the end of the f *** ing world seconda stagione 3

 

E cioè “BoJack Horseman”. Che sì, è vero, è stata chiusa, che finirà presto con la seconda parte della sesta stagione, ma che ha fatto dire al suo creatore, Raphael Bob-Waksberg – chissà se per davvero, chissà se perso nei meandri di qualche traduzione – che di materiale per continuare ce ne era ancora, e che è stata Netflix a dire basta.

 

the end of the f *** ing world seconda stagione 2

Probabilmente, Netflix l’ha fatto per le views: BoJack è un cult, una perla, ma chissà in quanti effettivamente lo vedono. Sia come sia, il caso fa scuola, ed è un peccato che la stessa Netflix non l’abbia tenuto in considerazione quando ha deciso (ma perché?) di rinnovare di “The end of the fucking world” per una seconda stagione.

 

the end of the f *** ing world seconda stagione 6

Prima domanda marzulliana (ci daremo anche una risposta, quindi): era proprio necessario? No, non lo era. La prima stagione si chiudeva bene, riuscendo a diventare nel giro di poco, grazie soprattutto alla stampa favorevole e al passaparola del pubblico, un esempio di buona serialità. Nasceva da un fumetto, un bel fumetto, e diventava qualcos’altro; abbracciava il linguaggio televisivo, e faceva dei suoi due protagonisti, due ragazzi strani e particolari, due piccoli concentrati di verità.

 

the end of the f *** ing world seconda stagione 5

Anche se la storia era assurda (lui voleva uccidere, lei voleva scappare, insieme si ritrovavano al centro di un’indagine per omicidio), si finiva, volenti o no, per empatizzare e per ritrovarsi con loro, per tifare per il loro piccolo, grande amore, e per apprezzarli veramente. Con la seconda stagione no, tutto questo non si ripete, e anzi per buona parte del tempo si finisce per chiedersi, come ce lo siamo chiesti noi, poco fa, tra due parentesi, “ma perché?”.

 

the end of the f *** ing world seconda stagione 4

Qui la risposta non c’è, l’effetto Marzullo è già esaurito, e possiamo solo fare delle ipotesi. “The end of the fucking world” costava poco, relativamente poco, e continuare non presentava nessun rischio produttivo. Nel migliore dei casi, la seconda stagione sarebbe andata bene come la prima. Nel peggiore, si perdeva qualche spicciolo. Ma la storia, che è un tristissimo tentativo di propinare nuovamente quanto già avvenuto, non va, non funziona; i nuovi personaggi non sono come quelli vecchi, e i vecchi non sono come erano prima.

BOJACK HORSEMAN

 

Fa parte della vita, per carità; ma questa è televisione, e la televisione, nello straordinario binomio di finzione-immaginazione, dovrebbe essere altro. E la prima stagione di “The end of the fucking world” era altro, era una sintesi perfetta di scrittura e regia, di bravi (e giovani) attori, e di talento. Non vi diciamo di evitare questa stagione; vi diciamo, però, d’approcciarla senza aspettarvi nulla di nuovo.

 

reed hastings

Come se si trattasse d’un amico che, peggio e biascicando un po’, prova a raccontarvi una storia che avete già sentito, e sentito tra l’altro anche meglio. È un peccato, un vero peccato; e il buon Bob-Waksberg, con “BoJack Horseman”, dovrebbe, a modo suo, essere contento. Perché può chiudere con il meglio e nel migliore dei modi, la sua serie. Senza lasciarsi schiacciare dal peso delle aspettative e del rinnovo per acclamazione popolare, dove l’amore degli spettatori è tanto, ma spesso manca la sostanza delle idee.

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