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    "TI CON ZERO", TE CON L’ ARTE – MARZIANI: ARTE E SCIENZA SI INCONTRANO AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI IN UNA MOSTRA INTITOLATA COME UN RACCONTO DI ITALO CALVINO, UNA NOTAZIONE MATEMATICA CON CUI SI INDICA IL MOMENTO INIZIALE DI OSSERVAZIONE DI UN FENOMENO – LE SEQUENZE DI NUMERI E LETTERE DI BOETTI, I CODICI DI OPALKA, IL PARALLELEPIPEDO MISTERIOSO DI CARSTEN NICOLAI, CHE EMANA SUONI COSMICI,  E L’IMPRONTE DI GIUSEPPE PENONE…


     
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    Gianluca Marziani per Dagospia

     

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    TI CON ZERO è uno di quei titoli che rischia grosso col pubblico indeciso. Al Palazzo delle Esposizioni hanno scelto la via del claim anomalo e poco deduttivo, un rompicapo di comunicazione che richiede sforzi zelanti del potenziale fruitore, una sfida urbana di affinità selettive per varcare il bianco del manifesto ed entrare nel metaverso cognitivo dell’arte che incontra la scienza. Il risultato, oltrepassata la soglia scacchistica, è un capolavoro di sintesi poetica, empatia narrativa e alchimia metaforica.

     

    Una mostra cristallina come il diamante incastonato, elettrica nel suo ritmo computazionale, così molecolare nel suo concerto di particelle estetiche e simboliche, così orchestrale nel gioco assonante tra realtà fisica e interpretazione laterale. 

     

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    TI CON ZERO (a cura di Paola Bonani, Francesca Rachele Oppedisano, Laura Perrone) è una nozione matematica con cui si indica l’istante iniziale di osservazione di un fenomeno, che non sempre coincide con il principio del fenomeno stesso. Ma è anche un titolo di Italo Calvino in cui il protagonista, bloccato nell’atto di lanciare una freccia verso un leone, articola un ragionamento per formulare ipotesi sugli eventi successivi. Come disse lo stesso Calvino “Ti con zero contiene l’affermazione del valore assoluto di un singolo segmento del vissuto staccato da tutto il resto”.

     

    Nove lettere che sono la password per aprire il portale di una mostra tangibile e sbloccante, mineralizzata nei suoi processi sensoriali, biologica nel rituale semantico che circuita l’opera oltre la sua evidenza linguistica. Una collettiva a telaio dialettico che entra negli apparati della fisica quantistica, della chimica organica e inorganica, della scienza astronomica, della biologia sperimentale, della matematica che tutto presiede e include.

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    TI CON ZERO viaggia sul filo sottile che lega due modelli di visione: da una parte quello severo, sequenziale, rigido dello scienziato che insegue la soluzione concreta di un nodo evidente; dall’altra quello slittante, poetico, curvilineo dell’artista che segue l’ispirazione di una domanda senza ordine di risposta. Due modi opposti di affrontare lo sguardo davanti al mondo, due ingaggi che generano progresso nella specie umana, ora verso l’utilizzo pratico di una veggenza risolta, ora verso l’utilizzo interiore di una veggenza aperta. Su questo filo sottile può nascere l’incontro senza sospetto, l’alchimia di un processo che regola la biologia delle opere e le loro strade opposte: alcune orientate verso un sistema hardware (pittura e scultura in particolare), fatto di materia solida e costruzione rituale, di processi analogici e intuitivi, di metodologie esteriori e durevoli; altre orientate verso un sistema software, fatto di energie liquide e circuiti cerebrali, di chiavi digitali e algoritmiche, di metodologie liquide sotto la pelle mutevole dell’oggetto.

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    Alcuni artisti hanno usato l’approccio diretto, entrando nel circuito tecnologico del processo, usando formule di misurazione matematica, interagendo con la regola da laboratorio.

     

    Molti altri, invece, non avendo apparenti vicinanze al processo scientifico, diventano interpreti poetici di una metafora calzante, gestendo l’azione semantica di una visione logica che esemplifichi l’analisi scientifica attraverso il simbolico. Alighiero Boetti e Roman Opalka sono la perfetta chiave per comprendere l’annidarsi di un processo logico dentro la radice catartica del progetto poetico. Boetti amava giocare coi numeri e le lettere, usando i fogli a quadretti come un ragazzino ingegnoso e inventivo, creando sequenze geometriche in cui i passaggi razionali frequentavano la vita ludica dentro il linguaggio neutro dei segni.

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    Opalka ha fatto dei numeri la sua ragione aerobica di vita, il suo codice temporale in una pulsazione assoluta della scrittura pittorica. Pensate a quanto rigore abbia guidato la sua esistenza, un impegno in cui riportava sulla tela la progressione ciclica della sequenza numerica, aggiungendo ad ogni quadro una percentuale stabilita di bianco, inseguendo così il fatidico quadro bianco, quello in cui i numeri sarebbero scomparsi nella nebbia del tempo metafisico, lanciando la simbologia del gesto fisico nel cosmo infinito dei processi astronomici. 

     

    CARSTEN NICOLAI CARSTEN NICOLAI

    Esoscheletri algoritmici, colonne vertebrali alfanumeriche, sistemi circolatori algebrici, respirazioni quantistiche… camminare tra le sale stimola le reazioni giocose del linguaggio inventivo, in grado di inseguire quel limbo esistente tra arte e scienza, per stilare personali equazioni tra l’invenzione dei fenomeni (arte) e la creazione di funzioni (scienza). Al Palaexpo potrete scegliere il percorso che desiderate, mostre come questa non implicano passaggi cronologici ma linee di dialogo privilegiato, flussi energetici tra l’opera e chi si connette alla sua forma di sintesi.

     

     

     Pensiamo al volume plastico di Carsten Nicolai, un parallelepipedo misterioso che emana suoni cosmici, un moloch oscuro che cita Albrecht Dürer per imprimere un segno esoterico su un presente che vuole risposte ma spesso non conosce le vere domande. Pensiamo alle schede perforate e retroilluminate di Ryoji Ikeda, echi fossili di una vecchia tecnologia che diventa chimera misteriosa, eco vibrante di una scienza esoterica e ancestrale, molto più vicina al nostro mondo emotivo di quanto spesso si pensi.

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    Ecco, l’artista che abbraccia la scienza sembra essere colui che non frequenta le risposte ma conosce la radice innata delle domande, maneggiando l’interrogativo con oggetti che varcano la soglia del conosciuto.

     

    La mostra al Palazzo delle Esposizioni ci dice proprio questo: osservare ogni cosa con la curiosità infantile della scoperta, senza dividere la logica dalla poesia, camminando su quel limbo che unisce l’apparenza e la regola, l’estetica e la funzione oltre il processo. Antony Gormley costruisce sculture quantistiche che, in apparenza, seguono le regole poetiche dell’anatomia umana; in realtà le sue particelle gestiscono l’entropia tra ordine e caos, creando campi di forze in cui la molteplicità definisce l’insieme, reale e poetico, dell’opera.

     

     

    ALIGHIERO BOETTI ALIGHIERO BOETTI

    Giuseppe Penone fa qualcosa di simile con l’impronta di un dito da cui si propagano linee concentriche irregolari, visualizzando un processo del disegno che somiglia alle onde create da un sasso nell’acqua. Il collettivo Troika formalizza il potenziale probabilistico del sistema, usando 22.695 dadi bianchi con l’uso  circoscritto dei numeri uno e sei: il risultato è un insieme di geometrie imprevedibili ma compatte, simili a ciò che fanno gli stormi di uccelli quando creano forme pulsanti nel cielo. 

    Gianluca Marziani Gianluca Marziani

     

    Gli artisti in mostra sono come questi uccelli nel cielo o come i banchi di pesci nell’acqua: ognuno con una personalità autonoma, ognuno con il proprio sguardo verso il prossimo orizzonte ma uniti da un medesimo obiettivo nei confronti dell’universo, responsabili solidali di ulteriori domande con cui generare nuovi sogni per gli umani curiosi. Parola di marziano

    GIUSEPPE PENONE GIUSEPPE PENONE

    Gianluca Marziani Gianluca Marziani

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