Temporary Chief Constable Rob Nixon is asking the communities to stay calm.
Rob Nixon is calling for calm and encouraging people to go home.
The incident is still ongoing tonight into the early hours of Sunday, police are now dispersing the groups.#BelgraveRoad pic.twitter.com/4YkuQlgiOj
— Leicester Media - LM News (@Leicestermedia) September 17, 2022
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Antonello Guerrera per www.repubblica.it
Le commemorazioni e i funerali di Elisabetta II hanno fatto passare tutto in secondo piano. Ma a Leicester non avevano mai visto nulla del genere: centinaia di esponenti delle comunità musulmana e indù che si sono sfidati in strada sabato 17 settembre, venendo alle mani, sfoggiando coltelli, scagliando pietre e bottiglie, macchine distrutte, simboli religiosi attaccati e decine di feriti, inclusi poliziotti.
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Ciò dopo settimane di tensioni, spedizioni punitive, roghi di bandiere “avversarie”, moschee e templi induisti accerchiati da estremisti. Quarantasette gli arresti in tutto, soprattutto giovani con bastoni, spranghe, razzi. E tante polemiche su quella che è sempre stata una delle città più multiculturali delle Midlands inglesi. Ora, sotto accusa, finiscono anche le fake news che avrebbero incendiato, per molti giorni, gli animi delle comunità.
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L’esplosione di violenza di sabato arriva da più lontano. Innanzitutto, dalla partita di cricket tra India e Pakistan dello scorso 28 agosto, con i primi vincitori. Sugli spalti e alcuni esponenti della comunità indiana a Leicester festeggiano con il coro "Pakistan Murdabad”, “Morte al Pakistan”, risalente ai tempi della partizione. Un uomo sikh di Leicester, nelle ore successive, viene aggredito in strada. Diversi utenti sui social media diffondono la falsa notizia che si tratti di un musulmano attaccato intenzionalmente da indù.
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Il 31 agosto, invece, come strascichi della partita, la casa di una famiglia indù che celebrava la festività del Ganesh Chaturthi viene assaltata con uova da alcuni ignoti: viene bloccato uno di loro, ma sul web e sulle chat del telefonino si scatena la notizia falsa di un “attacco premeditato contro un musulmano”. Un paio di settimane dopo, il 13 settembre, diventa virale un’altra fake news: una ragazzina musulmana molestata da tre indù.
Le generalità di un uomo di origine indiana, innocente come puntualizza il "Times", vengono pubblicate sui social, scatenando la caccia all’uomo. Altre menzogne incontrollate trovano sempre più spettatori sui social media ma anche sui gruppi e le chat private di Whatsapp: moschee e templi induisti mai davvero attaccati, corani mai bruciati nella realtà.
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SPEDIZIONE PUNITIVA
Le tensioni salgono, ed esplodono nello “street fighting” del 17 settembre che ha scioccato Leicester e l’Inghilterra. La prima “spedizione punitiva” parte con trecento mascherati della comunità induista che si dirigono verso i quartieri a maggioranza musulmana di Green Lane Road. Poco dopo, lo stesso accade con centinaia di musulmani, molti incappucciati, che si dirigono in massa verso Belgrave Road: bandiere induiste che vengono date alle fiamme.
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Il caos è favorito anche dal fatto che quella sera, a causa degli imminenti funerali della regina Elisabetta a Londra due giorni dopo, sono potuti intervenire soltanto otto poliziotti. Disordini e violenza in buona parte aizzate dai social media, anche perché quella sera molte decine di persone arrivano appositamente da città lontane come Luton, Bradford, Birmingham e persino Londra per partecipare al caos. Inoltre, un’analisi della Bbc, ha dimostrato come il 50% dei 200mila tweet sui disordini di Leicester fossero geolocalizzati in India, e non nel Regno Unito.
MARGINAZIONE E CRISI ECONOMICA
Tuttavia, è chiaro come le fake news non siano le uniche responsabili delle tensioni degli ultimi tempi a Leicester. Nella prima settimana di settembre si sono succeduti indiscutibili atti di vandalismo e intimidazioni reciproche in entrambe le comunità, nonché attacchi veri e propri: “È qualcosa che è ribollito sottotraccia per mesi”, ha detto al Guardian, Ruma Ali, attivista della comunità musulmana.
Alcuni esponenti della comunità indù hanno detto al Times che molti responsabili “sono anche i nuovi immigrati arrivati dall’India, più radicali rispetto alla comunità induista che da decenni convive con quella musulmana e altre fedi e culture a Leicester.
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Non solo: la crisi economica e il Covid avrebbero "alienato i più giovani delle comunità”, ha detto al Guardian la deputata della circoscrizione locale, Claudia Webbe, “ci sono sempre meno incontri interconfessionali e per molti gli unici luoghi comuni sono stati negli ultimi mesi nei luoghi di culto o in congregazioni di predicatori”, talvolta radicali, “servono più fondi pubblici per i progetti sociali”, esorta la parlamentare. Di certo, il caso di Leicester ha spaventato il Paese e ha reinfocolato le narrative degli estremisti di destra e xenofobi, che sono tornati a criticare il modello multiculturale inglese.
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